articolo di Silvana Fornaciari, consulente finanziario e patrimoniale
Garantirsi una vecchiaia serena, con un tenore di vita paragonabile, se non analogo, a quello di cui si è goduto durante la vita lavorativa, è uno degli obiettivi primari di ognuno di noi, al pari dell’istruzione dei figli, dell’acquisto della casa e della gestione degli imprevisti.
GLI ITALIANI TRASCURANO L’ASPETTO PREVIDENZIALE Spesso però gli italiani, pur essendo noti come un popolo di risparmiatori, non si preoccupano dell’aspetto previdenziale, cioè di accantonare abbastanza per il proprio benessere futuro, in modo da mantenere lo stesso tenore di vita dopo la fine dell’attività lavorativa e trascorrere la vecchiaia in maniera confortevole. Il problema della sostenibilità del sistema pensionistico non è certo recente, ma le nuove generazioni ne sono interessate in maniera particolare.
PENSIONI INSUFFICIENTI PER I PIÙ GIOVANI Le riforme del sistema pensionistico, sia quelle varate in passato sia quelle che presumibilmente verranno adottate in futuro, faranno sì che le pensioni dei lavoratori più giovani saranno sicuramente insufficienti.
È quindi evidente che bisogna fare qualcosa, e che la popolazione più giovane, anche se vede la pensione come una necessità lontanissima, deve costituirsi un accantonamento per il futuro, per potersi garantire un minimo di sostenibilità economica anche dopo l’uscita dal mondo del lavoro.
NEL 2022 POCHE ALTERNATIVE PER LA PENSIONE ANTICIPATA Dopo la fine di quota 100 e in attesa di una riforma della previdenza strutturale e duratura, che dovrebbe vedere la luce nel corso del 2022, per il prossimo anno le alternative per chi vuole andare in pensione anticipata non sono molte. In via ordinaria si può uscire con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Per 12 mesi sarà possibile usufruire di Quota 102, una misura che permette di andare in pensione a 64 anni con 38 di contributi e che però, secondo le stime, sarà destinata solo a una ristretta platea di beneficiari, pari a circa 16.800 lavoratori.
APE SOCIALE, PRECOCI, OPZIONE DONNA C’è poi l’Ape sociale, una forma di accompagnamento alla pensione a 63 anni di età destinata ai lavoratori in possesso di particolari requisiti contributivi o in situazioni di disagio sociale: dal 2022 questa opzione è stata allargata anche a chi compie una serie di attività usuranti e che potrà accedervi con 36 anni di contributi, purché il lavoro sia stato svolto negli ultimi anni di carriera. I lavoratori precoci – cioè coloro che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni di età – potranno andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Le lavoratrici potranno infine accedere alla pensione anticipata prevista da Opzione Donna: per usufruire dell’agevolazione bisogna aver compiuto almeno 58 anni di età (59 per le autonome) e aver versato almeno 35 anni di contributi. La pensione sarà calcolata esclusivamente col sistema contributivo.
COSA PREVEDE IL REGIME CONTRIBUTIVO Cos’è il contributivo? Questo regime prevede che la pensione venga parametrata solo sui contributi effettivamente versati, e si applica a tutti coloro che hanno un’anzianità assicurativa successiva al 1° gennaio 1996. Chi può vantare contributi anche nel periodo precedente rientra invece nel sistema misto, suddiviso in: regime retributivo per la parte antecedente al 1° gennaio 1996 e regime contributivo per la parte successiva al 1° gennaio 1996. Fa eccezione chi al 31 dicembre 1995 aveva maturato 18 anni di contributi: per queste persone il contributivo subentra dal 1° gennaio 2012.
I GIOVANI DEVONO PENSARE A CREARSI UNA PENSIONE INTEGRATIVA I lavoratori che nel 1996 non avevano 18 anni di contributi versati, così come tutti coloro che sono entrati nel mondo lavorativo in periodi successivi – quindi la grande maggioranza dei lavoratori, in particolare i più giovani – potrebbero così percepire una pensione pubblica insufficiente a mantenere un tenore di vita accettabile. Per questo motivo è fondamentale iniziare sin da subito a crearsi una pensione integrativa, sfruttando inoltre i benefici fiscali: i contributi versati a un fondo pensionistico privato sono infatti interamente deducibili dal reddito fino alla cifra di 5.164 euro all’anno.
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