*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
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(WSI) – All’inizio di questo 2007, ricordiamoci di chi soffre e andiamo a trovare una famiglia di short (difficili da scovare) o almeno di sottopesati (ce ne sono legioni).
Troveremo famiglie nervose, tavole disadorne, facce lunghe. Sentiremo qualcuno che rinfaccia a qualcun altro il Suv nuovo dei vicini sovrappesati, il trasloco in centro di quelli del piano di sotto, lunghi di Dax dal Natale 2002 e che ogni anno festeggiano un sereno rialzo del 20% a tasso fisso. Qualcuno risponderà a male parole, darà la colpa al dollaro, parlerà di bolle e allungherà uno schiaffo al bambino che piange.
A queste famiglie porteremo solidarietà, conforto e, dove possibile, speranza.
Dovrà però essere un discorso onesto. Alle famiglie short andrà raccomandato con affetto, ma con fermezza, di chiudere le loro posizioni strategiche. Certo, ci saranno e come correzioni anche ruvide durante il 2007, ma resta molto probabile che il Natale prossimo, se persisteranno nell’errore, si ritroveranno ancora più povere di adesso.
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Qualche short, di fronte a questo discorso, andrà in camera a prendere fotocopie e ritagli di giornale con interventi di Stephen Roach e indicherà trepidante i paragrafi, accuratamente sottolineati, in cui si parla dell’imminente decelerazione americana e cinese e di come il mondo non sia preparato di fronte a questo scenario. Guardando negli occhi lo short, gli diremo in amicizia che affidarsi ai propagatori di illusioni non farà che peggiorare la sua situazione. L’America non intende scendere sotto una crescita del 2% e la Cina considera l’8% come obiettivo minimo. I mercati già scontano questi numeri e ne percepiscono le implicazioni positive, come un raffreddamento dell’inflazione da materie prime e una minore necessità di alzare i tassi in Asia e in America. Parole chiare, dunque, tough love.
Alle famiglie sottopesate, che hanno dovuto comprare salmone e spumante al supermercato e non da Fauchon, manderemo invece un messaggio di ragionevole speranza. Verranno sicuramente, anche se adesso sembrano impossibili, occasioni d’entrata per i ritardatari come loro.
Partiremo, nel rassicurarli, dalla questione del sentiment. C’è in questo momento un consenso nord coreano su un 2007 azionario glorioso e scintillante. Uno degli strategist più ribassisti negli anni passati, Richard Bernstein di Merrill Lynch (a modo suo sempre brillante e interessante) è diventato nei giorni scorsi il più rialzista. Ma il suo primato è durato solo due giorni, perché in uno spirito di fraterna emulazione Edward Keon di Prudential si è prontamente riportato in testa con un bellissimo 1625 per l’SP 500 per fine 2007. Un 14% di rialzo dai livelli attuali che significherebbe, aggiungiamo noi, un altro sereno 20% per la famiglia con i Dax che ha traslocato in centro.
Naturalmente non è detto che poiché tutti sono aggressivamente positivi allora vuol dire che il mercato andrà beffardamente dalla parte opposta. Sarebbe troppo semplice. Vuol dire però che la vulnerabilità aumenta.
Seconda questione, la natura del rialzo. Dal momento che tutti gli ottimisti partono da uno scenario di soft landing, la crescita degli utili non può essere stimata in accelerazione ma, per bene che vada, stabile. Per giustificare gli obiettivi di rialzo sempre più ambiziosi si fa dunque ricorso all’arma segreta, al deus ex machina, il rialzo dei multipli.
In laboratorio i multipli sono esclusivamente funzione dei tassi d’interesse con cui scontare il flusso di utili futuri. Se i tassi calano, ceteris paribus, i multipli aumentano. Se salgono accade il contrario.
Nella vita reale i multipli assomigliano all’etere aristotelico, il quinto elemento, la quintessenza degli alchimisti rinascimentali. Li si tira da tutte le parti come ingrediente finale per far quadrare i conti e giustificare qualsiasi tesi.
In questo periodo il rialzo dei multipli per il 2007 viene invocato sulla base di due teorie, alle quali aggiungeremo una variante.
La prima teoria dice molto semplicemente che i tassi scenderanno e che quindi, come da manuale, i multipli avranno il dovere di salire. L’obiezione è che non ci è così chiaro che i tassi debbano scendere. In Europa, come Trichet si affanna a ricordare ogni giorno, saliranno (anche se il meno possibile). In Asia anche e in America, se scenderanno, lo faranno di poco e solo per qualche mese. La parte lunga delle curve difficilmente si muoverà di molto.
La seconda teoria dice che i multipli sono scesi per quattro anni di fila e che è storicamente rarissimo che il quinto non risalgano (si veda Henry McVey di Morgan Stanley). Non vogliamo certo confutare questa constatazione, basata su solidi dati di fatto, ma semplicemente darne una diversa interpretazione.
Quando un ciclo economico e un ciclo di borsa prendono l’avvio, i multipli di molte società (e quindi degli indici) risultano alti, se non altissimi, semplicemente perché gli utili sono bassi o inesistenti. Se una società non fa utili e vale comunque qualcosa in borsa, allora il suo multiplo è infinito.
Nei primi anni di espansione le quotazioni di borsa salgono, ma gli utili crescono ancora di più, facendo contrarre i multipli. A un certo punto (al quinto anno) la situazione si normalizza e la crescita degli utili raggiunge la sua velocità di crociera (che in realtà, ex post, non è mai tale perché il ciclo prima o poi giunge al termine, ma qui facciamo finta di non saperlo).
A questo punto i multipli dovrebbero stabilizzarsi (e infatti in laboratorio si stabilizzano), ma nella vita reale, come nota McVey, prendono a crescere. Il motivo, a nostro parere, è che a un certo punto il mercato si rilassa, allenta i freni inibitori, comincia a pensare che la crescita degli utili si manterrà regolare fino alla battaglia di Armageddon e alla fine dei tempi e, conseguentemente, è pronto a pagare multipli più alti. Multipli in rialzo e premio al rischio in discesa diventano due modi per dire la stessa cosa.
La nostra idea è che i multipli saliranno (in misura modesta) non perché questo sia razionale, ma perché così si usa (Hegel ribatterebbe che tutto ciò che è reale è razionale e la discussione avrebbe termine).
La crescita dei multipli (l’abbassamento del premio per il rischio) fa dunque parte della fisiologia dei mercati e prosegue fino a fine espansione. Anche qui, però, si paga un prezzo in termini di vulnerabilità. Più alti sono i multipli più elevato il rischio di cadute brusche dei corsi. Se andate in automobile a 20 all’ora e inciampate in un sasso non succede niente, se andate a 200 all’ora sbandate parecchio.
Al momento, con multipli di 16, andiamo più o meno a 100 all’ora. Nel 2007 accelereremo a 130 e nel 2008 a 150. Nel 2007 ce la caveremo quindi con correzioni ancora morbide, dal 2008 in avanti sarà bene avere l’air bag in ordine.
Il terzo elemento di vulnerabilità da raccontare ai sottopesati per rincuorarli è che ci siamo completamente dimenticati delle esogene. Nell’indifferenza generale il greggio è risalito da 57 a 64 dollari, mentre le scorte in eccesso continuano velocemente a calare. Quanto all’Iran, la dichiarazione festosa di Ahmadinejad sui rilevanti progressi nel nucleare non è arrivata ai trader, impegnatissimi nei Christmas party.
Vulnerabilità non significa ribasso imminente e certo, ma disponibilità accresciuta a considerare notizie negative. I sottopesati comincino a preparare la liquidità.
La partenza delle borse nel 2007 è avvolta nel mistero. Ci sono certamente capitali ingenti che cercano impiego, ma c’è anche un rialzo ininterrotto da cinque mesi che mostra una certa stanchezza. E’ possibile che gennaio sia irregolare e che per una correzione si debba aspettare l’esaurimento degli investimenti obbligati. Nel dubbio è meglio giocare di rimessa, stare a vedere e non fare scelte forti. Se gennaio sarà irregolare e non partirà al galoppo come è stato nel 2006 allora la correzione, quando arriverà, sarà molto modesta, il 3-4%. Vedremo una correzione maggiore solo se il mercato riprenderà a correre in gennaio e febbraio.
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