Solare, forte e appassionata: per la co-fondatrice di Eco-Age e dei Green Carpet Fashion Awards la moda ha una grande responsabilità nel rendere la società più consapevole
È una donna solare, forte, con uno spiccato senso dell’umorismo e una grande passione. Quando parla di sostenibilità, infatti, gli occhi le brillano. Per Livia Firth la moda ha una grande responsabilità nel rendere la società più consapevole e responsabile. Con questo in mente ha ideato il Green Carpet Challenge e i Green Carpet Fashion Awards, ma non solo. A Wall Street Italia parla in esclusiva dei suoi progetti “green”.
Livia Firth ai Green Carpet Fashion Awards 2019
Lei è la co-fondatrice e direttrice creativa di Eco-Age – la più importante agenzia di consulenza specializzata in sostenibilità – e fondatrice del Green Carpet Challenge. Come è iniziato il suo viaggio sostenibile?
“È cominciato per caso. Mio fratello, che ha 12 anni meno di me, ha avuto l’idea nel 2007. Ai tempi producevo documentari. La sua idea era molto semplice: non esisteva un’agenzia di consulenza che aiutasse a rendere più sostenibile la propria azienda. Mi disse: questo è il futuro, apriamola noi. Così è nata Eco-Age. Due anni dopo, nel 2009, sono andata in Bangladesh come ambasciatrice sociale di Oxfam. A Dhaka ho visitato una fabbrica di vestiti: sembrava una prigione. Una guardia con un fucile era appostata fuori dalla porta e all’interno le donne lavoravano in condizioni assurde, 12 ore al giorno, producendo 150 capi l’ora. Quando sono tornata in Europa non ho potuto far finta di niente. Ho cominciato a documentarmi, a imparare e capire le dinamiche dietro la produzione dei vestiti che indossiamo”.
Come è passata all’azione?
“Sempre nel 2009, Colin [Firth, l’attore inglese, ex marito di Livia] è stato nominato ai Golden Globe per il film A Single Man di Tom Ford. Avremmo sfilato su molti tappeti rossi e ho voluto usare questa opportunità per indossare abiti ecosostenibili. La moda è un’industria a tutto spettro, attraverso di essa si possono raccontare delle storie incredibili. Da questo pensiero si è sviluppato il Green Carpet Challenge e poi i Green Carpet Fashion Awards con la Camera Nazionale della Moda Italiana”.
Con il Green Carpet Challenge è riuscita a convincere più di 250 personalità di Hollywood a indossare abiti ecosostenibili sul tappeto rosso…
“Abbiamo creato il GCC con Lucy Siegle, ai tempi giornalista di The Guardian. Mi lanciò una sfida: sfilare su tutti i tappeti rossi indossando solo abiti realizzati in modo sostenibile. Le dissi: proviamoci. Non sapevamo se ci saremmo riuscite. Sono stata fortunata, grazie a Colin ho ricevuto un’attenzione maggiore e ho conosciuto personaggi unici. Dopo un anno ho lanciato la sfida ai grandi designer. Era il 2011, l’anno del film The Kings Speech. Il primo ad accettare è stato Giorgio Armani, poi Valentino e Lanvin. Era il momento di conivolgere le attrici: alcune, come Meryl Streep e Julianne Moore, hanno accettato perché erano amiche, altre perché ne avevano sentito parlare. Sia i designer che le attrici avevano capito il potere dello storytelling dietro il GCC: le donne potevano raccontare la storia dell’abito che stavano indossando, i designer, a loro volta, potevano raccontare una storia speciale”.
Livia Firth e la top model Iman al Franca Sozzani Award 2019 a Venezia
Ha ideato i Green Carpet Fashion Awards con la Camera Nazionale della Moda Italiana, evento milanese volto alla sensibilizzazione verso la moda sostenibile. Qual è il ruolo del sistema moda oggi nel rendere la società più consapevole?
“La moda è fondamentale. Si possono davvero misurare le persone a seconda di come si comportano nei confronti di ciò che indossano. Chi è un grande consumatore di fast-fashion e compra un vestito alla settimana per poi buttarlo via rivela molto di sé stesso. Negli ultimi tre mesi c’è stata poi una proliferazione del mondo digitale, degli avatar e la creazione del metaverso. Anche noi, con Eco-Age, abbiamo lanciato una nuova divisione che si chiama Eco-Verse. La moda ha una grandissima responsabilità: oggi si sta promuovendo il metaverso come qualcosa di sostenibile, ma in realtà non è ancora così perché in questo momento le scarpe digitali non sostituiscono quelle vere. Se la moda digitale è la soluzione che i brand hanno per diversificare i loro business model, produrre e inquinare di meno, questo è positivo, ma è un fenomeno che dobbiamo ancora imparare a controllare”.
È una donna di grande ispirazione: Leader of Change delle Nazioni Unite, è stata premiata con l’UN Fashion 4 Development Award e il Rainforest Alliance Award for Outstanding Achievement in Sustainability. Qual è stato il momento più prezioso della sua carriera?
“Non ce n’è uno in particolare. Mi piace sempre guardare avanti, accettare nuove sfide. Iniziare il Green Carpet Challenge è stato incredibile, così come vincere il premio delle Nazioni Unite. Per me questo lavoro è una vera passione. È come se avessi una doppia personalità: c’è Livia in ufficio, che organizza, che fa, poi c’è Livia Firth che si espone, che va sui red carpet. Tutto quello che riusciamo a realizzare con Eco-Age è meraviglioso. L’importante è usare quello che facciamo e i premi ricevuti per continuare a imparare, innovare, cambiare… Livia Firth è un’immagine, dietro ci sono tantissime persone, abbiamo un team tecnico e un team di comunicazione fantastici”.
Oggi, i principi di Eco-Age sono basati sulla convinzione che dobbiamo attuare un piano Marshall per il futuro della nostra società. Dove e come si comincia?
“Due anni fa, quando è cominciata la pandemia, ho avuto la fortuna di intervistare Naomi Klein. Aveva appena pubblicato il libro On Fire, dove raccontava di questo Marshall Plan. Sappiamo dove cominciare, il problema è che negli ultimi anni il sistema ci ha reso più fragili come cittadini. Dobbiamo ricominciare innanzitutto ad avere la consapevolezza che siamo molto forti. Ogni persona può fare una grande differenza”.
Da sinistra, l’attrice argentina Calu Rivero, Caroline Scheufele, direttore creativo e co-presidente di Chopard e Livia Firth alla 71° Festival di Cannes, 2018
Con questo spirito lo scorso anno avete lanciato i Renaissance Awards…
“Questo evento vuole essere un premio Nobel per i giovani. Nel mondo ci sono tanti ragazzi che stanno facendo un lavoro straordinario, non parlano più di problemi, hanno già trovato le soluzioni e ci stanno lavorando. Abbiamo voluto lanciare un premio per mostrare questi nuovi talenti e questa nuova energia. Per implementare il nostro Marshall Plan basta guardare il lavoro di questi giovani e dare a loro la possibilità di creare la società in cui vivranno. È veramente un nuovo rinascimento ed è bellissimo che sia partito da Firenze”.
Lei è una grande comunicatrice, una donna eccezionale, un essere umano appassionato. Come si definirebbe?
“Sicuramente sfacciata. Aggiungerei coraggiosa, ma ci vuole anche la sfacciataggine di non avere paura di fare figuracce. Sono una grande rompiscatole, ma sono anche una persona gioiosa. Ho tanto entusiasmo per il lavoro che faccio”.
In una conversazione con il linguista Noam Chomsky ha detto: “Le cose sarebbero diverse se le donne gestissero il mondo. Sono i migliori leader”. Qual è il ruolo delle donne nella società odierna?
“Oggi vedo grandi esempi di leader donne, basta guardare il lavoro di Jacinda Ardern, il Primo Ministro della Nuova Zelanda, o di Angela Merkel, se non ci fosse stata lei l’Europa sarebbe crollata. Adesso c’è Alexandria Ocasio-Cortez, una senatrice giovane che sta facendo parlare di sé in America. Vedere quello che queste donne possono portare alla società riflette lo stereotipo che gli uomini pensano in verticale e le donne in orizzontale. Le donne hanno una visione molto più allargata, nel caso della sostenibilità è quello che ci vuole”.
Ci può dare qualche esempio?
“In Eco-Age, i clienti che hanno avuto più successo hanno tutti dei CEO donna. Lucara Diamond in Botswana, la miniera di diamanti più etica al mondo, ha un CEO donna, una managing director donna e un board composto al 90% da donne. Da un anno e mezzo il brand di abbigliamento North Sails ha una CEO donna, Marisa Selfa, che ha stravolto l’azienda nel nome della sostenibilità. Caroline Scheufele, direttore creativo e co-presidente di Chopard, ha stravolto tutta la filiera dell’oro con il suo percorso verso il lusso sostenibile. Chopard è infatti la prima Maison a utilizzare 100% oro etico nei suoi gioielli. Le donne, insomma, hanno una marcia in più. Forse, come si dice in Africa: If you empower a woman, you empower the village”.
Con la sua energia è riuscita ad arrivare a Buckingham Palace e ha convinto Kate Middleton a interessarsi alla moda sostenibile…
“Nel 2017 il segretario generale del Commonwealth, una donna, Patricia Scotland, voleva fare un progetto che coinvolgesse tutti i Paesi del Commonwealth sotto il segno della sostenibilità. Con Eco-Age abbiamo creato The Common Wealth Fashion Exchange, una specie di Olimpiade dei 54 Paesi mettendo insieme artigiani e coinvolgendo designer del calibro di Stella McCartney e Christopher Bailey, al tempo direttore creativo per Burberry. Il risultato è stata un’incredibile mostra di vestiti a Buckingham Palace. Abbiamo coinvolto Kate Middleton per l’inaugurazione, lei è sempre stata molto interessata alla tematica della sostenibilità. Basta ricordare che è stata una delle prime a indossare più volte gli stessi abiti sul tappeto rosso”.
Ultima domanda: qual è il prossimo sogno nel cassetto che vuole realizzare?
“Con Eco-Age stiamo lavorando alla nuova edizione dei Renaissance Awards, a una nuova edizione dei Green Carpet Fashion Awards e abbiamo lanciato l’Eco-Verse, la divisione di Eco-Age su NFT, una nuova sfida. Il vero sogno nel cassetto però è stato quello di aprire, con i miei fratelli, un’azienda agricola in Umbria che si chiama Quinto Sapore. Sin da piccoli, i miei fratelli collezionavano semi di ortaggi di tutti i tipi. Quando è arrivata l’opportunità di rilevare questa azienda, non ci è sembrato vero. Oggi è l’azienda più biodiversa d’Europa, tutto è ovviamente organico e biodinamico. È bellissimo: quando tutti andranno nel metaverso io comincerò a fare l’agricoltrice”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di febbraio del magazine Wall Street Italia.