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Usa: Petrolio, i trader credono nel rimbalzo

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Dopo la veloce rottura avvenuta due giorni fa del supporto psicologico dei 50 dollari al barile, i trader americani scommettono su un rally correttivo dei prezzi del petrolio. Ad alimentare le attese di una prossima fase rialzista dei prezzi è la considerazione che i prezzi dell’oro nero, sebbene abbiano violato la linea dei 50 dollari giovedì scorso in serata, siano riusciti a chiudere la giornata sui 50,48 dollari al barile.
“Se riusciamo a superare un’altra rottura al di sotto dei 50 dollari, allora potremmo assistere a una correzione verso i 52 dollari al barile”, spiegano gli operatori, precisando come la prossima settimana arriveranno maggiori indicazioni sulla direzione dei prezzi nel medio termine. Mentre andiamo in stampa, il contratto di febbraio scambiato al Nymex segna un rialzo di 2 cents a 50,5 dollari al barile. A Londra il Brent guadagna 31 cents a 52,06 dollari al barile.
A scommettere sul rimbalzo è anche la banca d’affari Barclays che, in una nota di ieri inviata alla clientela, avverte come vi possa essere un potenziale rimbalzo dei prezzi nel breve termine.
Secondo la società finanziaria Fimat, la performance di due giorni fa dei prezzi dell’oro nero alla luce delle inaspettate stime sulle scorte negli Usa evidenzia la “disconnessione” tra i fondamentali del mercato e il recente sell-off. Secondo gli esperti di Fimat, il calo dei prezzi è causato proncipalmente da “fattori esogeni”, ma potrebbe anche riflettere anche il fatto che il dato sulle scorte potrebbe non essere così negativo per i prezzi come sembrerebbe a una prima analisi.
Proprio a proposito delle stime sulle giacenze di greggio di giovedì scorso cresciute la scorta settimana di 6,8 milioni di barili rispetto alle attese di appena 325 mila barili, gli analisti evidenziano come cercare di prevedere l’andamento delle scorte sia molto difficilmente una “scienza esatta”. La stima delle scorte infatti viene stilata dai dati che arrivano da otto compagnie. Nel caso del dato di due giorni fa la stima del consensus derivava da una media di chi aveva previsto un aumento di 3,75 milioni e un’altra, all’esatto opposto, di chi prevedeva un calo di 2 milioni.
Come si spiega tale divergenza di vedute? Stando agli analisti di Ag Edwards, l’elemento che causa confusione è la forte foschia che caratterizza il Golfo del Messico e che costringe molte società petrolifere a ridurre le importazioni. Tuttavia, a contribuire al rialzo delle scorte potrebbe aver giocato l’inaspettato calo della capacità di raffinazione scesa più delle attese all’87,5 per cento dal 91,5 per cento.
Intanto l’Opec abbassa le sue previsioni sulla domanda mondiale di petrolio nel 2007. Nel rapporto mensile di gennaio, riferisce Bloomberg News, l’Organizzazione dei Paesi produttori indica di attendersi per quest’anno una crescita della domanda dell’1,5 per cento, contro l’1,6 per cento stimato in precedenza, con una flessione di 210mila barili al giorno.
Nel frattempo il consumo di petrolio dai trenta Paesi appartenenti all’Ocse scende nel 2006 dello 0,6 per cento. Lo evidenzia l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie), precisando che i 30 Paesi suddetti consumano attualmente il 60 per cento dell’offerta mondiale di oro nero. Stando a quanto scrive ieri il Wall Street Journal, il calo dei consumi si spiega nella minore domanda di veicoli a forte consumo di carburante, come i Suv, e nell’accresciuto interesse nelle energie alternative. Su quest’ultimo fronte in particolare l’Aie stima che la produzione di biocarburtanti crescerà entro il 2011 l’equivalente di 5 milioni di barili di petrolio al giorno.