La festa della donna porta puntualmente alla ribalta l’8 marzo di ogni anno la questione irrisolta del gender gap,: secondo il World Economic Forum (Wef), l’Italia è 76ma su 153 paesi per global gender gap. Un divario che ha ripercussioni a carattere sociale, salariale, culturale e finanziario, giusto per citarne alcune.
Il gender gap finanziario
Il gender gap finanziario ha due dimensioni: quello salariale (gender pay gap) e quello dell’educazione finanziaria. In termini retributivi, secondo l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica, il differenziale stipendio netto mensile a cinque anni dal conseguimento della Laurea Magistrale è di oltre 500 euro tra uomini e donne: 1.969 contro 1.403 euro. Rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale siamo quartultimi, con una performance superiore solo a quelle di Grecia, Malta e Cipro (stesso dato del report 2018) e ultimi se si considerano i big del mondo industrializzato. Uno stipendio inferiore significa minori possibilità di risparmiare e quindi di investire.
Secondo un’indagine di Banca d’Italia del 2020, condotta prima dello scoppio della pandemia da coronavirus, il reddito personale da gestire influisce sulle conoscenze finanziarie: le casalinghe e le pensionate sono i sottogruppi più impreparati sul tema, mentre le lavoratrici autonome risultano più preparate degli omologhi uomini.
In generale, l’alfabetizzazione finanziaria degli uomini è superiore a quella delle donne, penalizzate in particolare sul fronte delle conoscenze, se residenti al sud e nelle isole e se meno istruite. Un’analisi di regressione ha dimostrato la significatività del genere per le conoscenze e il punteggio complessivo di alfabetizzazione.
Gli investimenti delle donne italiane
Secondo una ricerca della challenger bank tedesca N26, condotta lo scorso febbraio, le donne investitrici di età compresa tra 35 e 44 anni stanno pianificando di raddoppiare la cifra da investire rispetto al passato (+111%).
Le principali motivazioni a investire sono: il desiderio di massimizzare la propria capacità finanziaria con una prospettiva a lungo termine (49%, che è anche al primo posto tra gli uomini, con il 44%); la costruzione di una sicurezza finanziaria per la famiglia e i figli (40%) e l’accumulo di risparmio per la pensione (30%). La sostenibilità non gioca un ruolo molto importante nella scelta d’investimento per le donne italiane: solo il 22% la cita tra i primi 3 aspetti della loro strategia di investimento.
Il principale limite agli investimenti, sia per le donne che già investono che quelle che stanno pensando di farlo (il 56% delle investitrici mancate), è la mancanza di reddito disponibile (rispettivamente il 42% e il 52%). Un terzo delle donne investitrici (33%) cita anche una certa incertezza sulla propria stabilità finanziaria futura (29%).
A livello di prodotti, dalla ricerca di N26 emerge ancora che i prodotti bancari sono lo strumento finanziario più apprezzato dalle donne: quasi 2 donne su 5 (38%) che investono considerano infatti i prodotti bancari, come ad esempio i conti di risparmio, quale strumento finanziario preferito, seguiti dai prodotti assicurativi, come le assicurazioni sulla vita e le pensione, preferiti dal 34% delle intervistate e dalla compravendita di criptovalute (30%).
Per quanto concerne il rischio, le donne sono più prudenti degli uomini, rileva uno studio della fintech inglese dal cuore italiano Moneyfarm: il 40,1% delle donne ha un profilo di rischio prudente (tra 1 e 3) contro il 24,2% degli uomini. Soltanto il 10,1% delle donne ha un profilo di rischio alto, contro il 17,1% degli uomini. Tuttavia, una volta che hanno deciso di investire, le donne sono più determinate: investono un ammontare superiore del 35% a quello degli uomini, nonostante abbiano un reddito inferiore.
Secondo lo studio di N26, le donne che non investono invece non lo fanno per la scarsa conoscenza (32%) e per la mancanza di fiducia nei prodotti di investimento (15%). Alla domanda su cosa le incoraggerebbe a iniziare a investire, oltre un quarto del campione femminile (28%) ha messo al primo posto un’adeguata formazione sul tema, mentre il 23% desidera conversazioni più aperte e semplici sui vantaggi e sui rischi legati all’investimento. Infatti, due donne su cinque (40%) dichiarano di non avere occasione di affrontare l’argomento con nessuno. Un altro aspetto utile, secondo le donne che non investono, sarebbe il supporto di consulenti professionisti, che potrebbero aiutare le donne che intendono investire (22%).