Sanzioni alla Russia, boomerang per l’Italia tra i Paesi più penalizzati
di Giulio Visigalli
Le aziende dell’Italia sono tra le più penalizzate dalle sanzioni inflitte alla Russia a seguito dell’invasione ucraina. Se da una parte la guerra sta isolando sempre più la Russia, numeri alla mano è evidente come l’escalation militare avrà serie ripercussioni sul business degli altri Paesi che hanno rapporti commerciali con Mosca.
Da questo punto di vista, diventa sempre più pericoloso l’effetto boomerang delle sanzioni a Mosca sull’occidente. Sempre più aziende hanno infatti sospeso le attività commerciali in Russia, mentre altre hanno deciso di cedere le loro partecipazioni in società russe con forti ripercussioni sui propri bilanci.
Secondo Morningstar le aziende italiane mettono a segno il 2,35% del loro giro d’affari in Russia, ricoprendo il terzo posto della classifica stilata da Morningstar che misura la percentuale di ricavi prodotta in un determinato paese. Dall’analisi del Revenue Exposure (indicatore di Morningstar) l’Italia è alle spalle della stessa Russia (70% dei ricavi delle aziende russe è venduto in patria) e della Turchia. Seguono il nostro paese la Francia e la Germania.
Le aziende italiane più esposte alla Russia
Italia, le aziende più penalizzate dalle sanzioni in Russia
Secondo Intesa Sanpaolo i settori maggiormente esposti alle sanzioni ai danni della Russia sono quelli dell’energia e dei beni di consumo. Tra i titoli seguiti dagli esperti della banca d’affari, c’è Maire Tecnimont, società italiana quotata al Ftse Mib che fornisce servizi e prodotti di ingegneria e costruzione per le industrie dell’oil&gas e della green energy. Il gruppo, spiegano gli analisti, è esposto per il 25% del suo fatturato alla Russia per via di una controllata operativa nel paese. Inoltre, il management ha precisato che il 17% dell’attuale portafoglio ordini (pari a circa 1,5 miliardi di euro) si riferisce alla Russia. Sempre nel settore energy, Eni ha invece un’esposizione pari al 2% del suo giro d’affari complessivo.
All’interno del comparto beni di consumo, le aziende maggiormente esposte al mercato russo sono quelle del lusso e dell’abbigliamento retail. Gli esperti di Intesa Sanpaolo citano Geox, che produce nel paese l’8% del suo fatturato, e più indietro ci sono Brunello Cucinelli con il 5%, Moncler, Aeffe e Safilo con il 2% circa, mentre ancora più marginale è il peso della Russia sul giro d’affari di Tod’s e Ferragamo. Tra le altre industrie del settore consumer goods, gli esperti sottolineano l’esposizione del 6% di De’Longhi e quella del 3% di Davide Campari.
Tra i manifatturieri, il titolo più esposto per gli analisti di Intesa Sanpaolo è Buzzi Unicem, azienda attiva nella produzione di cemento e calcestruzzo, che genera il 10% dei suoi ricavi e del suo reddito operativo in Russia. Non da meno anche LU-VE, società che produce prodotti per la refrigerazione e il condizionamento, che è esposta per il 7,6% del suo fatturato. Il peso della Russa sul totale dei ricavi di Pirelli, invece, non supera il 3%. Tra i farmaceutici, infine, gli esperti citano Recordati come la più vulnerabile in caso di sanzioni economiche verso Mosca dato il peso del 4,5% che il paese rappresenta sul suo giro d’affari complessivo.
Il ruolo dell’Italia in ambito commerciale
Dal punto di vista commerciale, la Russia non è il Paese più importante per l’Italia, rappresentando la quattordicesima destinazione per le nostre merci. Tuttavia, lo scoppio del conflitto, la conseguente carenza di materie prime provenienti da Russia e Ucraina e i crescenti costi delle forniture stanno avendo ripercussioni inevitabili anche per l’Italia, soprattutto nei settori dell’industria, della moda, del turismo e dell’agricoltura che risentiranno della mancanza dei turisti russi.
Chiudere i rapporti con Mosca è quindi cosa tutt’altro che facile per le nostre aziende, basti pensare che a fine 2021 l’interscambio complessivo tra il nostro Paese e Mosca è stato di circa 20 miliardi di euro. Nel 2021 l’Italia ha esportato in Russia beni per un valore di più di 7 miliardi di euro e ne ha importati per quasi 13 miliardi, di cui quasi l’80% tra gas e materie prime.