La guerra in Ucraina, ma non solo. Ci sarebbero stati anche “chiarimenti” sulla richiesta del pagamento del gas russo in rubli nella telefonata di ieri, durata circa un’ora, tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e Vladimir Putin.
Da Palazzo Chigi fanno sapere che al centro del colloquio c’è stato l’andamento del negoziato tra la Russia e l’Ucraina e i suoi ultimi sviluppi. Draghi ha fatto molte domande al capo del Cremlino, per capire fino a che punto stiano producendo risultati le trattative che si sono aperte a Istanbul. Sullo sfondo resta lo scetticismo di Stati Uniti e Ue sui reali passi avanti senza un cessate il fuoco. che Draghi chiede “al più presto” per “proteggere” i civili e “sostenere lo sforzo negoziale”.
Al suo interlocutore conferma la disponibilità del governo italiano a contribuire al processo di pace, ma, ribadisce a più riprese, in presenza di “chiari segni” di de-escalation da parte della Russia.
Dal canto suo, al premier italiano Putin, raccontano dallo staff di Palazzo Chigi, ha espresso soddisfazione sia perché l’Ucraina starebbe accettando la questione della neutralità territoriale, di cui peraltro l’Italia, insieme ad altri alleati, potrebbe fare da garante.
Telefonata Draghi-Putin, che cosa si sono detti
Sembra restare sullo sfondo, anche se vale miliardi, la questione del gas di cui l’Italia è secondo acquirente Europeo dopo la Germania, e sul sistema dei pagamenti in rubli che doveva scattare, come ritorsione, già dalla fine del mese. Putin, si limita a dire Palazzo Chigi, “ha descritto il sistema dei pagamenti del gas russo in rubli”.
A Mosca, secondo la lettura europea, il sistema delle sanzioni inizierebbe a pesare. Tanto che anche in una conversazione con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Putin avrebbe assicurato intanto che i pagamenti potranno continuare per il momento ancora in euro. E che in ogni caso che il passaggio alla moneta russa non sarebbe “peggiorativo” dei contratti sottoscritti dai clienti europei. Draghi sul punto avrebbe ascoltato senza replicare, ma la posizione italiana e degli alleati, era emersa con chiarezza già nei vertici della scorsa settimana a Bruxelles. Una richiesta di saldare in rubli sarebbe “illegale”, una “violazione” dei contratti respinta con forza da Ue e G7. Non resta che aspettare il prossimo meeting, forse già la prossima settimana, perché da entrambe le parti si è concordato sulla opportunità di mantenersi in contatto.
Mentre i governi Ue più esposti provano a fare da soli andando a caccia di gas per il mondo, anziché lavorare ad acquisti europei comuni, Mosca continua a vivere di rendita.
Come spiega una nota dell’ISPI, “Questo mese le entrate russe dal gas venduto all’Europa sfiorano gli 11 miliardi, del 30% più alte rispetto a febbraio malgrado (o forse proprio grazie a) l’invasione. Così il rublo recupera buona parte delle perdite dell’ultimo mese (da –50% a –12% sul dollaro). Pie illusioni del Cremlino? Probabilmente sì. Il mercato valutario russo è “in coma autoindotto” (parole del Wall Street Journal). E Mosca stessa ammette che quest’anno registrerà un –8% di PIL e inflazione al 20%, che non si vedevano dalla crisi del 1998. Da qui la mezza retromarcia”.