Se da un lato ci avviciniamo alla conclusione della stagione degli utili, dall’altro l’inflazione ed il conflitto in Ucraina continuano ad indirizzare i movimenti del mercato. I listini vengono da una settimana al rialzo grazie ai segnali positivi provenienti dai primi colloqui di pace, anche se lo scetticismo da entrambe le parti e l’assenza di segnali di ridimensionamento delle richieste di Mosca hanno contenuto il rally dell’S&P500 di qualche giorno fa.
L’inflazione mostra ormai tassi che non si registravano da diversi decenni nell’ambito dei mercati sviluppati. La minaccia di recessione incombe sui mercati, in particolare in Europa, anche se la brusca inversione di settimana scorsa sull’obbligazionario statunitense, combinata con un’elevata volatilità sulle opzioni del Treasury, rappresenta un vero e proprio monito: il rischio di recessione statunitense non dovrebbe essere ignorato.
Se i mercati obbligazionari statunitensi stanno mostrando segnali di stress, questo movimento non si riflette sul fronte azionario, laddove il VIX rimane contenuto e gli indici statunitensi scambiano al di sopra dei loro livelli pre-conflitto. Il mercato obbligazionario sembrerebbe avere una migliore gestione dei rischi potenziali.
Tuttavia l’amministrazione Biden sta considerando una mossa audace per combattere alcuni degli effetti dell’inflazione, un allentamento massiccio dalle riserve strategiche di petrolio. I prezzi del barile sono scesi bruscamente, anche se non è chiara la reale portata di tale supporto né la sua stessa durata.
Rimane la questione più grande e più importante: come eliminare gradualmente le forniture energetiche russe, in particolare le forniture di gas all’Europa.