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CAPITALIA: L’ AD MATTEO ARPE RESTA

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L’amministratore delegato Matteo Arpe resta in Capitalia, si apprende da fonti finanziarie. Una serie di contatti prima del patto di sindacato avrebbe confermato le riserve da parte di alcuni componenti sulla possibilita’ di modificare lo statuto per quanto riguarda i poteri e la figura dell’amministratore. Il titolo corre a Piazza Affari dopo la notizia: gia’ positivo a 6,6 euro, ha segnato un rialzo improvviso del 3,01% a 6,8 euro.

Pubblichiamo la lettera di Matteo Arpe a Cesare Geronzi:

Signor Presidente,

mi limito ai fatti. Nella mattinata di lunedì, 19 febbraio scorso l’avvocato Ripa di Meana, in qualità di presidente del patto di sindacato, mi ha voluto incontrare per informarmi della sua richiesta di convocare il patto stesso nella giornata di giovedì 22 febbraio, prima della riunione del consiglio di amministrazione chiamato a deliberare in merito ai risultati 2006. Scopo ed oggetto della convocazione del patto, una sua relazione in ordine alla governance di Capitalia all’esito della quale verrà richiesto al consiglio di amministrazione di revocare le mie deleghe e, quindi, i miei poteri di gestione.

L’avvocato Ripa di Meana mi ha suggerito, specificandomi che parlava a titolo personale, di voler considerare l’ipotesi di rassegnare spontaneamente le dimissioni dalla carica attualmente ricoperta, comunicandomi che avrebbe atteso fino alle h. 12.00 di martedì una mia eventuale decisione, essendo quello il termine ultimo per poter convocare la riunione del patto di sindacato prima del previsto cda. L’avvocato Ripa ha peraltro fatto cenno alla possibilità di avviare positivamente una contrattazione sulle condizioni economiche della mia uscita.

Ho anticipato al mio interlocutore, di fronte ad un testimone, se potevo conoscere le motivazioni che mi dovevano indurre a considerare tale ipotesi. A tale domanda non ho ricevuto alcuna specifica risposta, avendo lui richiamato una generica ragione di «incompatibilità» tra il presidente e l’amministratore delegato di Capitalia. Ben prima del termine indicatomi e senza che io fossi stato portato a conoscenza delle ragioni di tale revoca, molti dei soci venivano avvertiti dell’imminente convocazione del patto. Nella stessa giornata di lunedì, l’avvocato Ripa di Meana ha chiesto di incontrare il dottor Fabio Gallia, dirigente di Capitalia e amministratore delegato della controllata Banca di Roma, per offrirgli il posto di amministratore delegato di Capitalia, ottenendone successivamente il rifiuto come oggi riportato da tutti gli organi di stampa.

Non mi è chiaro in che veste il presidente del patto di sindacato abbia formulato tale offerta, visto che ai sensi di statuto la carica di amministratore delegato è deliberata dal consiglio di amministrazione su designazione del presidente. Si tratta di un atto gravemente pregiudizievole del ruolo e della carica da me ricoperti nella società: appare evidente come tale offerta anticipi sia la volontà del patto di sindacato, ancor prima di essere stato convocato in forma ufficiale, che le valutazioni e deliberazioni del consiglio di amministrazione, unico organo deputato a decidere in ordine alla revoca delle deleghe a un suo membro, sulla base di motivazioni che nessuno, tantomeno il sottoscritto, conosce.

Alcune amare constatazioni:

1 – il pormi di fronte all’alternativa secca tra dimissioni o revoca delle deleghe, di inaudito impatto mediatico, senza conoscere i motivi e senza che mi siano stati mossi addebiti o chiesti chiarimenti circa azioni e/o comportamenti miei o del management, rappresenta un palese comportamento di violenza psicologica, lesivo della mia dignità personale e reputazione professionale e volto a costringermi ad un atto che, date le oggettive premesse, sicuramente non potrebbe mai considerarsi spontaneo;

2 – La sua convinzione che i membri del patto di sindacato, che in ben due occasioni nell’ultimo anno le hanno confermato la fiducia pur in presenza di circostanze straordinarie, condividano le sue valutazioni senza addirittura conoscere il contenuto della sua relazione, sembra solo evidenziare una sua certezza circa il comportamento dei soci e, successivamente, anche dei membri del consiglio di amministrazione.

Tutto ciò premesso, desidero comunicarle che la mia indisponibilità di rassegnare le dimissioni richiestemi si fonda sulla certezza dell’assoluta correttezza dell’operato mio e di tutti i componenti del management della banca che in questi anni hanno svolto il proprio lavoro, in condizioni spesso non facili, con orgoglio, lealtà e dedizione. Questo trascende e va oltre il merito dei risultati raggiunti. Lei sa bene, signor presidente, che tale spirito di massima lealtà istituzionale non è mai venuto meno neppure quando il rispetto di tale valore ha comportato per me rilevanti costi personali. Confido che nelle prossime riunioni vengano osservate le più elementari regole di rispetto umano e professionale e mi sia quindi consentito di conoscere per tempo il contenuto della sua relazione e di poter replicare alla stessa.

Da parte mia, non potrò che mantenere un comportamento che anteporrà ad ogni altra considerazione gli interessi e la reputazione della banca. La prego di dare lettura della presente in occasione della riunione del patto di sindacato prevista per il 22 febbraio. La copia per i consiglieri viene trasmessa all’area affari legali e societari affinché possa essere messa a disposizione dei medesimi in vista del prossimo consiglio di amministrazione.