La politica di zero Covid messa in atto dal Governo di Pechino nelle grandi città della Cina influenzerà pesantemente il Pil del Paese, che rischia di chiudere l’anno con una crescita più lenta del previsto. Sulla base di queste considerazioni gli analisti i S&P Global Ratings hanno ridotto la previsione di crescita del PIL della Cina per il 2022 al 4,2% dal 4,9% della stima precedente.
Le limitazioni alla mobilità stanno avendo impatti sui settori dei trasporti, del retail e del tempo libero –spiegano gli esperti in un rapporto – aggravando inoltre i problemi del comparto immobiliare. S&P si attende che il governo metta in campo in tempi rapidi gli stimoli previsti dal bilancio senza tuttavia stanziare ulteriori sostanziali risorse. I deficit fiscali potrebbero aumentare per le amministrazioni locali e regionali, anche in presenza di meccanismi di controllo del debito.
Nel caso in cui le restrizioni alla mobilità delle persone venissero estese ad un’altra città economicamente importante, il tasso di crescita potrebbe ulteriormente scendere al 3,5%. Contestualmente, l’agenzia di rating ha alzato le previsioni per il 2023 di 0,35 punti percentuali al 5,4% e per il 2024 di 0,15 punti percentuali al 5,1%. Nella previsione base di S&P, non sono previsti ci saranno ulteriori lockdown con gravi implicazioni economiche come quello di Shanghai.
Pil Cina, i settori più colpiti
I settori aziendali con i maggiori contraccolpi sulla domanda dipendono, come previsto, dalla mobilità: trasporti, vendita al dettaglio e tempo libero. Ma non solo. Le vendite soppresse e i ritardi nella costruzione e consegna di alloggi stanno mettendo a dura prova il settore immobiliare, già in crisi.
Secondo l’analisi di S&P, molte aziende avranno difficoltà a trasferire sui clienti i costi più elevati dell’energia e delle materie prime, dato il contesto di consumi più deboli nell’economia. In particolare, viene previsto che saranno colpiti i margini di profitto del settore manifatturiero, dei servizi e dei settori della produzione industriale midstream e downstream.
Ieri la diffusione di una serie di dati macro relativi al mese di aprile ha già in messo in evidenza questa fase di debolezza. Lo scorso mese, le vendite al dettaglio hanno subito e il calo più consistente degli ultimi due anni, con una diminuzione dell’11,1% su base annua il mese scorso, dopo che a marzo aveva registrato una flessione del 3,5%.
Pesanti anche le ripercussioni sul fronte della produzione industriale (scesa del 7,08% rispetto a marzo e del 2,9% su anno), e sul mercato del lavoro (il tasso di disoccupazione è stato del 6,1% ad aprile, vicino al massimo storico del 6,2% registrato a febbraio 2020).
Gli effetti sulle banche
In tutto questo, le banche cinesi sono destinate ad affrontare un effetto disomogeneo dovuto alle pressioni sulla qualità degli asset. “La divergenza creditizia tra banche grandi e piccole si approfondirà ulteriormente, mentre il deterioramento della salute finanziaria delle piccole imprese richiederà maggiori accantonamenti per perdite su crediti”, si legge nel report. Nel frattempo, alle banche potrebbe essere chiesto di aumentare i prestiti per sostenere l’economia, nonostante tassi di prestito e commissioni più basse.