La seconda metà del 2022 inizia in Europa e in America in una condizione non invidiabile. L’inflazione è sopra l’8%, mentre la crescita è in via di azzeramento. Siamo dunque in stagflazione conclamata.
I prossimi mesi vedranno l’inizio della discesa dell’inflazione, ma a prezzo di una recessione. La recessione non sarà globale, perché vedrà gran parte dell’Asia e i paesi produttori di petrolio continuare a crescere, ma coinvolgerà quasi certamente l’Europa e gli Stati Uniti.
L’impatto della recessione sui diversi settori
In America i due tradizionali settori più ciclici, la casa e l’auto, sono già in contrazione. In Europa sono in affanno i settori che consumano molta energia. Con i tassi d’interesse che continueranno a salire come minimo fino alla fine di quest’anno, la recessione si allargherà a macchia d’olio.
Un’eccezione sarà costituita da alcuni tipi di servizi che godono di una forte domanda arretrata, come il turismo e i viaggi aerei. Un’altra area di crescita rimarrà quella degli investimenti pubblici per il riarmo, i semiconduttori e la transizione energetica. Gli investimenti nei settori legati ai combustibili fossili riprenderanno invece l’anno prossimo quando il nuovo Congresso americano, quasi certamente a maggioranza repubblicana, eliminerà restrizioni e disincentivi per la produzione negli Stati Uniti.
Il ruolo delle banche centrali
Fino a dove si spingeranno le banche centrali nella loro azione di freno all’inflazione e alla crescita? La Federal Reserve ha già indicato il suo obiettivo, ovvero un aumento della disoccupazione di mezzo punto percentuale. I primi risultati di questa azione cominciano a essere visibili, ma il mercato del lavoro continua a essere molto tirato.
Le domande cui è più difficile dare una risposta riguardano la durata e la profondità della recessione. La risposta dipende infatti da quanto le banche centrali saranno determinate a riportare l’inflazione al due per cento, come dichiarano di volere fare.
Che succederà, tanto per fare un esempio, se fra sei mesi la crescita economica sarà negativa di uno o due punti percentuali e l’inflazione sarà scesa solo al 4-5%? Si continuerà con l’azione di freno o si cederà alle pressioni della politica e dei mercati per rilanciare l’economia?
L’esperienza degli anni Settanta riporta molti esempi di tentativi di abbassare l’inflazione interrotti troppo presto. Sarà così anche questa volta?
Cosa possono fare gli investitori?
Per gli investitori la sfida dei prossimi mesi sarà particolarmente impegnativa. Il profilarsi della recessione rende infatti più difficile trovare rifugio nei settori che fin qui hanno retto bene in questi mesi di ribasso azionario come minerari e petroliferi.
Il modo migliore per attraversare i prossimi sei mesi nell’azionario sarà quello di avere titoli con multipli molto bassi e di società che hanno un pricing power elevato perché hanno poca concorrenza.
Per chi è rimasto liquido i prossimi mesi offriranno una buona occasione per costruire posizioni azionarie. Chi è già investito dovrà approfittare dei rialzi per effettuare qualche alleggerimento con l’obiettivo di ricomprare più in basso e abbassare così il prezzo di carico.
La guidance delle banche centrali, che hanno preannunciato fin dove alzeranno i tassi, toglie un elemento di incertezza. Da qui in avanti l’attenzione si sposterà sugli utili, che dovranno essere il fattore decisivo nella scelta non solo delle azioni, ma anche delle obbligazioni societarie da tenere in portafoglio.
Ricordiamo infine che borse e bond cercano sempre di anticipare la tendenza dei cicli economici. Il ribasso dei mercati è iniziato ben prima del rallentamento dell’economia. Allo stesso modo i mercati non attenderanno la fine della recessione per iniziare a riprendere quota. La ripresa inizierà infatti non quando i tassi d’interesse torneranno a scendere ma molto prima, quando cioè si inizierà a scontare la fine del ciclo di rialzo dei tassi.
Le prospettive per l’Italia
L’Italia pagherà un prezzo alla recessione soprattutto per la sua esposizione alla crisi energetica. La sostenibilità del suo debito pubblico, tuttavia, non verrà messa seriamente in discussione. I titoli di stato italiani, con il loro extra-rendimento, offriranno dunque una buona possibilità di parcheggio per la liquidità, in particolare quelli indicizzati all’inflazione.