Economia

Fed in un angolo: mentre economia Usa è recessione tecnica, si restringe la strada dei rialzi

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Dopo il rialzo di 75 punti base del 27 luglio la Fed rischia di mettere un freno al programma di rialzo dei tassi per contenere la corsa dell’inflazione. Tra gli analisti, c’è addirittura chi, alla luce degli ultimi dati sul Pil, non esclude la fine degli aumenti del costo del denaro.

Questi ultimi dati parlano chiaro: l’economia Usa è in recessione recessione tecnica (due trimestri consecutivi con Pil in calo). Come emerso dalla prima lettura del Pil del secondo trimestre, diffusa ieri, la crescita ha segnato una flessione al tasso annualizzato dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti, contro stime per un dato in rialzo dello 0,3%. Il dato fa seguito al -1,6% della lettura finale del I trimestre. I dati arrivano dopo che due giorni fa il Fmi ha tagliato per la terza volta consecutiva le stime globali per il 2022 (3,2% da 3,6%) e 2023 (al 2,9%) a causa degli effetti collegati al rialzo dei tassi e dell’inflazione, con marcata revisione dell’economia Usa e cinese. I rischi sono visti al ribasso con la possibilità di una recessione per il 2023.

Si restringe la strada dei rialzi dei tassi della Fed

Torniamo alla Fed. Di fronte ai segnali di debolezza macro, i mercati scommettono su un rallentamento della stretta di politica monetaria per limitare gli effetti negativi sull’economia le cui prospettive sono sempre più grigie. Molti analisti si aspettano che a settembre ci sarà un rialzo più lento, di 50 punti base. Lo stesso Powell aveva già sottolineato, prima della riunione di due giorni fa, che un rialzo di 0,75 punti, pur possibile a luglio, “non è comune” e quindi non solo non potrà essere la regola, ma non potrà essere reiterato troppe volte.

Ma c’è chi si spinge oltre. Jim Baird, chief investment officer di Plante Moran Financial Advisors, sostiene:

“I recenti dati economici potrebbero non tracciare un quadro coerente, ma un secondo trimestre negativo consecutivo per il Pil fornisce ulteriori prove del fatto che, nella migliore delle ipotesi, lo slancio economico ha continuato il suo marcato rallentamento. Il percorso per la Fed di aumentare i tassi di interesse senza spingere l’economia in recessione è diventato eccezionalmente stretto. C’è una possibilità crescente che potrebbe essere già chiuso”.

“La sorpresa, apprezzata dagli operatori, è giunta durante la conferenza stampa del governatore Powell” spiegano gli analisti di Mps Capital Services. “Pur ribadendo l’impegno nel contrastare l’inflazione, anticipando che nella riunione del 21 settembre potrebbe esserci un altro rialzo significativo dei tassi, è stato indicato che la Fed rallenterà il ritmo dei rialzi a un certo punto, senza fornire una guidance a lungo termine (rimandando quindi alle prossime proiezioni economiche che saranno aggiornate a settembre). Inoltre, poiché la Fed riconosce che l’economia si è indebolita recentemente, Powell ha esplicitamente segnalato che l’entità del rialzo a settembre dipenderà dai prossimi dati macro. In sintesi, il messaggio arrivato al mercato è stato quello di un’incertezza sulla forza dell’economia che sta emergendo all’interno del Fomc, con gli operatori che hanno iniziato a ridimensionare le aspettative per i prossimi rialzi. Il mercato del lavoro diventa, quindi, oltre all’inflazione, la variabile da monitorare nel breve termine”.

Secondo Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, “negli Usa la recessione è probabile nel corso del 2023, come anticipato dalla curva dei tassi, invertitasi ad inizio aprile e poi di nuovo e più marcatamente a luglio (2/10 anni). Escludo la recessione Usa nel 2022 se non tecnica. Mi spiego: la vera recessione comporta da manuale caduta del reddito e dell’occupazione, fenomeni che dovremmo vedere più realisticamente nel 2023. La recessione tecnica che potremmo vedere nel 2022 potrebbe invece essere una recessione solo simbolica, ossia rallentamento della crescita ma mercato del lavoro ancora forte”. Tale scenario, “poco alla volta ammorbidirà la Fed fino a comportare un’inversione di politica monetaria e quindi il sole potrebbe tornare a splendere tra fine anno e più realisticamente in ottica 2023, grazie al ritorno di un regime di tassi bassi”.