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(WSI) –
La battuta più efficace arriva mentre sta
parlando Paolo Serventi Longhi, segretario
della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti.
Serventi Longhi sta rivolgendo un appello
ai leader politici amici della tessera numero
uno del futuro Partito democratico.
In
pratica un messaggio diretto a Walter Veltroni
e Francesco Rutelli: «Perché non
chiedono a Carlo De Benedetti e a suo figlio
Rodolfo se la situazione di Repubblica
e dell’intero gruppo Espresso non vìola e
mortifica il manifesto del Pd
laddove parla di democrazia
nei luoghi di lavoro,corrette relazioni
sindacali e partecipazione
attiva dei lavoratori?». A
quel punto dal fondo della saletta
si alza una voce che corregge
il segretario della Fnsi:
«Perché invece non gli chiedono
di restituire la tessera numero
uno?».
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Piano meno uno della sede di
Repubblica al civico novanta di via Cristoforo
Colombo. Il comitato di redazione
del quotidiano di Ezio Mauro ha convocato
una conferenza stampa per spiegare le
ragioni dello sciopero di sette giorni indetto
lunedì scorso. E cioè la decisione della
proprietà, il gruppo editoriale L’Espresso
spa presieduto dall’Ingegnere, di non concedere
sostituzioni per malattie lunghe
(infortuni, tumori e maternità a rischio).
Al di là però del motivo specifico, così
come già accaduto a dicembre quando dalle
tredicesime furono decurtati i giorni di
sciopero per il contratto nazionale, la protesta
del principale giornale-partito italiano
assume una forte valenza politica. Primo
perché lo sciopero cade in un grande momento
di svolta segnato dai congressi di Ds
e Margherita che sanciranno la nascita del
Pd, di cui il quotidiano di via Cristoforo
Colombo può considerarsi il padre putativo.
Poi perché lo scontro tra l’azienda della
tessera numero uno del Pd e le redazioni
del suo gruppo (in difficoltà non ci sono
solo i giornalisti di Repubblica) è ormai così
forte e visibile da essere diventato un caso
imbarazzante e delicato per i vertici di
Quercia e Margherita.
Come riassume bene un autorevole
deputato ds:«In questo
scontro noi stiamo dalla parte
dei giornalisti, ma il problema è
che non si può parlare male di
De Benedetti. Guai a farlo.Chi
di noi si è esposto in tal senso si
è preso una bella ramanzina da
Fassino». Dice, invece, a microfoni
aperti, Roberto Cuillo,
responsabile informazione dei Ds e fedelissimo
del segretario:«Noi abbiamo solidarizzato
più volte con la redazione di Repubblica,
dove da tempo è in corso una vertenza
aspra e lunga con l’editore.Ma lo sciopero
durante i due congressi rischia di fare male
più a noi che a De Benedetti».Sulla stessa linea
anche il rutelliano Renzo Lusetti,omologo
di Cuillo nella Margherita: «Questo
sciopero ci mette in seria difficoltà nel corso
di un passaggio epocale, storico.Ai giornalisti,
cui pure abbiamo manifestato la nostra
solidarietà, chiediamo di differire lo sciopero
».
Ma difficilmente la richiesta dei due
partiti fondatori della nuova creatura politica
sarà accolta dall’assemblea dei redattori
del quotidiano di Mauro. Ieri, infatti, durante
la conferenza stampa i giornalisti di Repubblica
non solo hanno confermato l’intenzione
di non mollare («Non cederemo
mai sulla dignità del nostro lavoro») ma per
la prima volta hanno anche steso sotto gli
occhi di tutti i panni sporchi di famiglia. In
questo senso, l’intervento più appassionato
e chiaro è stato quello di Mauro Piccoli,uno
dei veterani del giornale.
Piccoli ha rivolto a Carlo
De Benedetti tre domande
devastanti.La prima sulle voci
che riferiscono di un scontro
violento tra l’Ingegnere e
suo figlio Rodolfo, supportato
dall’amministratore
delegato Marco Benedetto,
intorno alle strategie
editoriali della famiglia.
In pratica
l’asse RDB-Benedetto
vorrebbe
tagliare e vendere
per concentrarsi su altri interessi (Alitalia,
energia elettrica, autostrade). Ecco
quindi Piccoli:«Questo giornale,negli ultimi
due anni,è tornato in testa alle classifiche di
vendita, superando il Corriere della Sera, e
vanta un bilancio ampiamente in attivo.Tutto
ciò è stato raggiunto da questa direzione
e da questa redazione.E allora mi chiedo se
sia giusto tenere così a stecchetto la redazione.
O forse dobbiamo ritenere vero quello
che si sussurra nei corridoi e cioè che c’è un
contrasto nella famiglia De Benedetti dove
c’è chi il giornale lo vuole vendere?».
Leggi la smentita di Carlo De Benedetti:
L’ESPRESSO: DE BENEDETTI, VENDITA REPUBBLICA E’ FANTASIA
La seconda
questione è molto scivolosa, perché
riguarda il rifiuto della proprietà di aderire
alla sottoscrizione lanciata da Mauro a favore
delle famiglie dell’autista e dell’interprete
afghani di Daniele Mastrogiacomo, uccisi
dai talebani durante e dopo il sequestro dell’inviato
di Repubblica: «Per la sottoscrizione
l’azienda non ha messo una lira.A precisa
richiesta ha detto no,ufficialmente per tutelare
i giornalisti da possibili ritorsioni. Mi
chiedo se dietro non ci sia dell’altro come la
sconfessione della linea tenuta da Ezio
Mauro nella vicenda Mastrogiacomo.
Forse l’azienda vuole abbreviargli
la proroga del
mandato di cinque anni,
visto che Mauro non è
un direttore da tagli e da multimedialità
selvaggia?». Infine
una richiesta esplicita
di dimissioni al falco Benedetto,
l’ad del gruppo:
«Quando a dicembre
facemmo due giorni
di sciopero contro i
tagli alle tredicesime, vincemmo
poi la battaglia e in quell’occasione
si vociferò di una minaccia di dimissioni da
parte dell’amministratore delegato.E, chiedo,
se viene sconfessato ancora una volta,
non riterrà opportuno doversi dimettere?».
Insomma,un clima da guerra,in cui il direttore
Mauro, dicono anonimamente alcuni
giornalisti, sarebbe schierato con la redazione
(ma dall’azienda fanno sapere in maniera
ufficiosa che il direttore è «allineato
perfettamente») e il fondatore Scalfari con
la proprietà.Come che sia,la tribù di Repubblica
non seguirà i due congressi storici di Ds
e Margherita.Meglio,una pattuglia di cronisti
sarà presente.Ma per chiedere ai vertici
del futuro Pd se il loro editore è degno della
tessera numero uno, non per scrivere.
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