di Eugenio Flajani Galli, psicologo e mental coach
Mode “finanziarie” come le criptovalute o gli NFT e fenomeni di mercato come il “Santa Claus Rally” sono la prova tangibile che una larghissima parte dei driver che determinano il destino dei 900 mila miliardi di dollari (miliardo in più, miliardo in meno) che compongono i mercati finanziari mondiali dipenda da meccanismi psicologici e psicosociali − non di rado di matrice inconscia − insiti nella società moderna e nei suoi abitanti. D’altra parte che cos’è la finanza se non, in definitiva, l’amministrazione di una ricchezza di tipo mobiliare? E come si gestisce tale patrimonio mobiliare se non con la mente, sia essa razionale sia essa irrazionale?
Lo scegliere il modo in cui investire una data somma in borsa non è altro che un tipo di scelta, al pari di tante altre importanti scelte, come quella dell’auto o della casa da acquistare o della vacanza da fare. E queste scelte sono sempre determinate da un mix di concause coscienti e inconsce. Dato che sia la finanza sia la psicologia sono delle scienze, non è difficile poterle confrontare e metterle in relazione tra loro, al fine di comprendere l’interazione tra le due: basta prendere in considerazione dei dati oggettivi − che ci può offrire la finanza − e inferirne le possibili cause − che ci può suggerire la psicologia − di modo da arrivare a delle conclusioni tanto importanti quanto interessanti.
Lo zoo delle criptovalute
Avete presente la prima criptovaluta coniata a immagine e somiglianza di un cane? Si chiama dogecoin, ed è nata per scherzo ad opera di Billy Marcus e Jackson Palmer, probabilmente ideata e chiamata proprio così per mettere le mani avanti laddove la stessa non avesse potuto riscuotere successo e quindi per esorcizzare l’ipotesi che nemmeno un cane scegliesse di metterla in portafoglio. Però, a dispetto di ogni logica e del buon senso, di cani ce ne sono stati tanti: parliamo di quanti hanno acquistato tale altcoin nel periodo in cui la stessa era ai massimi (e quindi andava molto di moda, tanti ne parlavano e “rendeva fighi” possederla) per poi vederla precipitare del 90%, a causa del crollo avvenuto a maggio in seguito a un controverso tweet di Elon Musk, forse la persona che più al mondo è in grado di manovrare i rendimenti delle criptovalute a suon di tweet, esercitando un’elevata influenza sociale sugli investitori per mezzo della sua figura e del suo carisma. Se quindi nell’ambito delle criptovalute è palese che ci sono dei cani, a ben vedere ci sono anche delle volpi − come i creatori del dogecoin o Elon Musk − e dei polli, quali tutti gli incauti investitori i quali hanno tentato di arricchirsi per mezzo di una moneta, virtuale (!) e inneggiante a un cane (!), che dopo un breve periodo di frenetico rialzo ha subìto un devastante tracollo. Lo stesso Jackson Palmer ha toccato questo argomento e ha mosso delle aspre critiche verso tutte quelle persone le quali, mosse dall’avidità e dal sogno di ricchezza ma senza competenza alcuna in materia, mirano a diventare ricche mediante l’investimento in criptovalute. Egli stesso ha commentato: “Onestamente pensavo che il settore delle criptovalute sarebbe imploso un po’ più rapidamente e che le persone avrebbero imparato la lezione ma […] vedo ancora un sacco di soldi incanalati dai promotori di criptovalute. Stanno aspettando l’arrivo di una nuova serie di sciocchi”. E quale sarebbe questa nuova serie di sciocchi se non gente attratta da un rapido e facile guadagno, a fronte dell’investimento su quella tal criptovalute che va di moda in quel tal momento?
Le bolle finanziarie
A maggior ragione, è nella volatilità tipica delle criptovalute che si può leggere un ottimo esempio di bolla finanziaria, altro fenomeno della finanza che dipende da palesi basi psicologiche. Più nello specifico, gli analisti finanziari sono concordi sul fatto che le bolle finanziarie nascono da atti speculativi sui mercati, in particolar modo quando un po’ tutti gli investitori sono indirizzati a seguire il trend, la moda del momento, dando però vita a un processo speculativo. Benché non tutte le mode d’investimento appaiano da subito come delle speculazioni, come nel caso del dogecoin, il fenomeno che si attiva nella mente degli investitori è il seguente: viene osservato un trend di mercato che appare inarrestabile e si tenta di guadagnare seguendo questo (effimero) rialzo. Secondo il private banker Fabrizio Azzaro, la causa scatenante delle bolle finanziarie è proprio questo incremento della richiesta del bene nel momento in cui si diffonde l’opinione che rappresenterà una buona occasione per trarre profitto e quindi la paura di perdere il treno della vita (fenomeno noto come FOMO, cioè Fear Of Missing Out) che consentirà di arricchirsi facilmente e velocemente. Quando però si torna con i piedi per terra e ci si capacita di aver sbagliato investimento, si va incontro alla frustrazione e ai sensi di colpa e si cerca di porvi rimedio in un qualche modo. Se prendiamo l’esempio del dogecoin, Elon Musk è stato portato in tribunale da Keith Johnson, un investitore il quale ha intentato una class action contro il patron di Tesla, reo di aver definito come investimento lecito quella che al contrario, secondo la tesi di Johnson, è una vera e propria truffa: nel fascicolo depositato in tribunale si legge infatti che “Dogecoin non è una valuta, un’azione o un titolo. Non è supportato da oro o altri metalli preziosi. Non puoi mangiarlo, coltivarlo o indossarlo, non paga né interessi né dividendi. Non ha un’utilità unica rispetto ad altre criptovalute […], non è protetto da un governo o da un ente privato. È semplicemente una frode”.
Ma casi del genere non sono esclusivamente legati ai nostri giorni; certo, nella società odierna iperconnessa le speculazioni che danno vita alle bolle finanziarie e ai conseguenti crolli di borsa tendono ad essere amplificate dalla rete e possono pertanto diffondersi prima e in maggior numero, ma se si guarda al passato non è da stupirsi che siano sempre esistite. Si narra che alla vigilia del crollo di Wall Street del 1929 il banchiere J.P. Morgan, all’atto di farsi lucidare le scarpe, si sentì chiedere conferma dal lustrascarpe se quello fosse il momento buono per investire in azioni. Morgan, sorpreso dal fatto che perfino un lustrascarpe pensasse che in quel periodo si dovesse entrare sui mercati azionari, dal momento che la borsa stava vivendo un periodo particolarmente felice, appena mise piede dentro Wall Street decise di vendere tutte le sue azioni, poiché nella domanda postagli dal lucidascarpe trovava la conferma che nella società dell’epoca c’era aria di speculazione, e dunque in quel dato arco temporale si sarebbe rivelata una scelta rischiosa lasciare della ricchezza investita sui mercati. Di fatto, qualche tempo dopo la borsa crollò.
Azioni e Rally di Santa Claus
Un altro esempio lampante di come il mondo della finanza sia così pesantemente influenzato dalla psicologia si può riscontrare negli storici di rendimento di un tipo di asset finanziario particolarmente remunerativo, cioè le azioni. I mercati azionari, secondo un’analisi longitudinale del sito web Visual Capitalist, tendono effettivamente ad andare meglio in certi momenti dell’anno e peggio in altri, se si considerano gli indici FTSE 100 (relativo alle azioni inglesi), MSCI World (relativo alle azioni globali), S&P 500 (relativo alle azioni statunitensi) ed Eurostoxx 50 (relativo alle azioni europee), ovvero 4 dei principali indici azionari al mondo.
E sapete qual è il periodo dell’anno in cui la spinta verso l’alto degli indici azionari è stata più marcata? Quello sotto Natale, che ha quindi dato vita, in ambito finanziario, al soprannome di “Santa Claus Rally”, che rende proprio bene l’idea della corsa al rialzo dei mercati finanziari nel periodo natalizio. Insomma, la magia del Natale fa sì che tutti diventino più buoni, anche i mercati finanziari! La spiegazione di questo fenomeno psicofinanziario? Se vogliamo credere a Babbo Natale potremmo ritenere che qualche bambino(ne) − nella letterina a questi indirizzata − ha chiesto di portare, oltre alle scontate pace e serenità, anche qualche più pratico profitto in borsa. Ma se invece non abbiamo voglia di credere a Babbo Natale, potremmo trovare la spiegazione di questo fenomeno nell’euforico effetto psicologico che le festività natalizie hanno su di noi (la “magia del Natale”), e che quindi ci spingono − tra le varie cose − a essere più inclini agli acquisti.
Questa spinta psicosociale a fare la corsa agli acquisti natalizi, pena il senso di colpa di non afferrare il “senso del Natale” e diventare presto dei cattivissimi Grinch, si ripercuote su ogni possibile tipo di acquisto una persona ritenga dovuto laddove capace di appagare l’impulso al possesso di qualcosa, così come ad apportare delle soddisfazioni al nostro ego. Se allora una persona è appassionata di tecnologia comprerà un nuovo smartphone o un nuovo PC, se è una che dà importanza alla moda un nuovo capo di abbigliamento, e se si tratta di una interessata agli investimenti… beh, la conclusione è scontata: acquisterà dei prodotti finanziari, quali dei fondi, degli ETF o delle singole azioni.
Ego e investimenti
D’altra parte il possedere degli investimenti − al di là della finalità meramente economica di vedere aumentato il proprio patrimonio − è anch’esso un modo per appagare il proprio ego: se ad esempio posseggo delle quote della Apple o della Microsoft o della Tesla o della Berkshire Hathaway, mi posso sentire, rispettivamente, un po’ uno Steve Jobs o un po’ un Bill Gates o un po’ un Elon Musk o un po’ un Warren Buffett o un po’ tutti quanti loro se posseggo delle quote di tutte queste aziende. Mi sento pertanto anch’io, almeno di riflesso, una persona ricca, capace, di successo, potente e famosa e, in altre parole, brillo di luce riflessa. Allo stesso modo, possedere degli investimenti dà la speranza di poter diventare ricchi, molto ricchi, nel caso in cui gli stessi vadano tanto bene prima o poi. Si tratta, facendo un semplice confronto, della stessa finalità con cui ci si reca a giocare lo stipendio al Lotto o alle slot machine (da qui il detto popolare, magari improprio ma che rende bene l’idea di fondo, di “giocare in borsa”): si impiega un capitale iniziale sperando di potercisi arricchire, ma ovviamente se si tratta di investimenti questo iter verso la ricchezza si fa molto meno immediato, più complesso e sfaccettato, ma non per questo è meno orientato al raggiungimento di una speranza e al coronamento di un sogno. E questa speranza e questo sogno valgono molto per la nostra mente, perché nella vita è sempre una bella esperienza sognare o sperare in qualcosa di bello, di meraviglioso, per noi stessi: ci aiuta a tirare avanti nei momenti di sconforto e in quelli di maggiore stress o monotonia.
In conclusione di questo articolo, ove psicologia e finanza, pensieri e mercati, menti e azioni si intrecciano così tanto tra loro, è naturale che al lettore sorga spontanea una domanda: potrebbe esistere la finanza senza psicologia?