di Luca Talamonti, formatore comportamentale, professore universitario e autore
Il linguaggio è il principale strumento che usiamo per relazionarci con gli altri. Il punto è che, fin da piccoli, ci hanno insegnato a la parola scritta e orale, ma non a comunicare. E sono cose ben diverse.
L’intelligenza linguistica fa parte delle intelligenze multiple, teorizzate da Howard Gardner, psicologo e docente statunitense. Nel contesto in cui ci muoviamo, “intelligenza linguistica” significa “usare consapevolmente il potere del linguaggio”. Un potere enorme, di cui pochissimi sono a conoscenza. Di che si tratta?
Beh, tanto per cominciare, le parole creano la realtà. Proprio così: se lo nomini, esiste; se non lo nomini, non esiste.
Linguaggio e realtà
So che la cosa è piuttosto sorprendente, ma andiamo per gradi, cominciando da alcuni meccanismi tipici del cervello umano. Esiste un unico modo per far sì che qualcosa ci entri in testa e diventi per noi famigliare, vera, normale: questo modo si chiama ripetizione. Più una cosa ce la ripetiamo, o ci viene ripetuta, più si radica all’interno del nostro cervello.
Del resto, basta pensarci un attimo per rendersi conto che, fin dalla nascita, il meccanismo della ripetizione fa parte di noi: l’educazione si basa sulla ripetizione, lo studio scolastico si basa sulla ripetizione, le campagne pubblicitarie, politiche, mediatiche in generale si basano sulla ripetizione.
Allo stesso modo, più ripetiamo a noi stessi alcune cose (tutti noi abbiamo una “vocina” con cui dialoghiamo costantemente nei nostri pensieri, che tecnicamente si chiama dialogo interno), più il nostro cervello le interpreta come vere, normali, importanti, al punto da trasformare queste cose in obiettivi, convinzioni, valori… perfino tratti caratteriali.
Ebbene, nel momento in cui ci ripetono o ci ripetiamo alcune cose, per il cervello diventano verità. A questo punto, entra in gioco un meccanismo molto particolare, che si chiama principio di coerenza interna: significa che il cervello ha bisogno di essere coerente tra ciò che crede (e che, appunto, gli viene installato tramite la ripetizione) e ciò che vede nella realtà circostante.
Se così non fosse, andrebbe in tilt e questo tilt ha un altro nome molto preciso: dissonanza cognitiva. Si tratta di una forte sensazione di disagio che, in alcuni contesti, sperimentiamo quando le nostre credenze e i nostri valori si scontrano con una realtà che, con i fatti, va nella direzione opposta, rendendo falso o superfluo ciò su cui, magari, abbiamo basato la nostra vita.
Per evitare tutto ciò, il cervello mette in campo dei filtri della percezione, che si chiamano distorsioni e cancellazioni. Detta in modo semplice, significa che il cervello “modifica” e “aggiusta” la realtà, distorcendola e cancellandone intere porzioni, in modo da farcela vedere, sentire e percepire in modo coerente rispetto a ciò che già abbiamo dentro di noi, ossia le credenze e i valori. Il che, da un lato ci fa capire che la famosa frase “Eh, ma tu vedi solo ciò che vuoi vedere” è assolutamente applicabile a tutti noi, dall’altro dimostra quando detto in apertura: le parole ripetute generano letteralmente la realtà.
Una prima riflessione, a tal proposito, riguarda dunque il fatto che bisogna stare molto attenti alle parole che si pensano, pronunciano e scrivono, perché esse daranno vita, in primo luogo, alla nostra realtà: ad esempio, se parli (dentro e/o fuori di te) di “problemi”, vedrai intorno a te solo problemi. E poi, ovviamente, il tuo linguaggio determinerà la realtà che farai percepire al tuo interlocutore, mettendo in moto lo stesso, identico meccanismo.
Parole e ormoni
E c’è di più. Come credo tu sappia bene, è stato dimostrato (dalla finanza comportamentale e non solo) che l’essere umano decide emotivamente e poi giustifica razionalmente. In altre parole, non siamo esseri razionali, bensì razionalizzanti.
Di conseguenza, una comunicazione davvero efficace deve avere come obiettivo quello di andare a convincere, prima di tutto, le parti istintive ed emotive del cervello umano e, solo in un secondo momento, la parte razionale. Bene, e qual è l’impatto che le parole producono sulla parte emotiva del cervello?
Un impatto davvero potente, che è stato dimostrato da moltissimi studi scientifici (come quello del Brookhaven National Laboratory di New York o quello dell’università Claude Bernard di Lione): quando entriamo in contatto con una parola, la parte emotiva ha bisogno di rappresentarsela per capirla. Solo che la parte emotiva del cervello, non essendo razionale, ha una modalità completamente diversa di capire le cose.
E questa modalità è la seguente: viene creata un’immagine (si chiama suggestione) per rappresentarsi la parola. Se poi l’immagine è bella, positiva, piacevole, il cervello rilascia specifici ormoni, che ci fanno sentire bene (serotonina, dopamina, ossitocina, endorfine… a seconda del tipo di parola). Gli ormoni che abbiamo in corpo si traducono in ciò che comunemente definiamo emozioni, le quali, a loro volta, danno poi vita a pensieri e comportamenti.
Se invece la parola con cui entriamo in contatto genera immagini brutte, spiacevoli, tristi, il cervello rilascia comunque ormoni, ma di altro tipo: cortisolo, adrenalina, noradrenalina e via dicendo, ossia ormoni dell’ansia, della paura, dello stress. Tutto questo, a mio avviso, rappresenta qualcosa di magico: la possibilità di stare sempre bene, e di far stare sempre bene il nostro interlocutore, in base alle parole che decidiamo di pensare, scrivere, pronunciare. In più, è gratis!
Parole energetiche e parole energivore
Da tutto questo, comunque, derivano tutta una serie di parole che si possono definire “energetiche”, ossia che generano sempre sensazioni buone, e parole “energivore” che fanno esattamente l’opposto.
Partendo dal presupposto che tu voglia star bene e, nella maggior parte dei casi, far sentire bene la persona con cui ti relazioni, va da sé che le prime vanno usate e le seconde eliminate.
Dunque, da ora in poi è il caso di iniziare a fare pulizia linguistica e cancellare tutte quelle parole che, fino a oggi, ci hanno impedito di avere in corpo buone sensazioni e, dunque, che hanno poi rappresentato anche delle barriere ai nostri comportamenti. Per cominciare, toglie dal tuo vocabolario le seguenti: “problema”, “difficoltà”, “criticità”, “sacrificio”, “preoccupazione”.
Si tratta di parole assai comuni e, proprio per questo, non sarà facile cancellarle. Come per tutte le cose nuove, anche padroneggiare l’intelligenza linguistica richiede tempo, impegno e allenamento. So bene che, a questo punto, starai forse pensando “Ok, devo eliminare queste parole. Ma se devo esprimere quel concetto, come faccio? Non posso dire il contrario, vorrebbe dire prendere in giro l’interlocutore!”.
Hai perfettamente ragione e, a tal proposito, voglio premetterti che usare questi strumenti non significa in nessun modo dire bugie, far finta di essere chi non sei o indorare la pillola. Si tratta semplicemente di dire la verità, detta bene. Sì, perché ci sono molti modi di dire le stesse, che implicano però risultati diversi. Qualche esempio:
“Abbiamo un problema con la banca e sarà difficile risolverlo” con “Con la banca stiamo affrontando una situazione delicata, che richiederà un certo impegno per essere risolta”.
O ancora “Nella vita bisogna fare molti sacrifici” con “La vita richiede impegno e dedizione e a volte le cose non vanno come vorremmo”.
Oppure “Sono molto preoccupato, perché questa criticità ci mette in crisi” con “Non sono totalmente sereno, perché questa sfida non è di facile gestione”.
Sono piccoli esempi di una disciplina vastissima, di cui in questo articolo abbiamo solo sfiorato la punta dell’iceberg. Le persone si lamentano spesso del fatto che le cose non vanno come vorrebbero. Se da un lato è vero che ci sono alcune cose che non sono sotto il nostro controllo, e dunque ha poco senso lamentarsi di esse, dall’altro è vero che ce ne sono tante che possiamo gestire molto efficacemente.
Scegliere le parole giuste, per creare la realtà che vogliamo, stare bene e far star bene le persone intorno a noi è una nostra responsabilità e dipende unicamente da noi.
Ora che sai qual è la vera magia del linguaggio, non hai più scuse per continuare ad aprire le tue telefonate con “Scusi se la disturbo”, rispondere alle obiezioni con “Non si preoccupi” o terminare le tue mail con “Resto in attesa di un gentile riscontro”. Tutte cose profondamente sbagliate, che ti fanno perdere autorevolezza e ti allontanano dall’interlocutore.
E se vuoi approfondire il tema dell’intelligenza linguistica, oltre a tenere corsi sull’argomento, sappi che ho scritto un libro molto esaustivo, e molto pratico, che parla proprio di questo. Si chiama, con poca fantasia, “intelligenza linguistica”.