Quale sarà il destino delle pensioni nel 2023? Quota 102, con ogni probabilità, seguirà lo stesso destino di Quota 100, che era scaduta lo scorso 31 dicembre 2021. Le due misure, sostanzialmente, erano state pensate come un’alternativa alla Legge Fornero, la quale, senza un intervento diretto del Governo Meloni, dovrebbe tornare in vigore nuovamente il 1° gennaio 2023.
Dobbiamo ricordare, comunque, che i lavoratori potranno ancora utilizzare Quota 100 e Quota 102 per andare in pensione anche nel 2023: la normativa prevede che i dipendenti che hanno maturato i requisiti prima della scadenza della misura, hanno la possibilità di accedervi in qualsiasi momento. Questo significa che la domanda potrà essere presentata anche nel corso del prossimo anno.
Novità pensioni 2023, cosa c’è di nuovo all’orizzonte
Nel programma elettorale, il centrodestra aveva inserito la cancellazione della Legge Fornero. Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, il Governo Meloni ha già pronto il nuovo piano per la previdenza, il cui scopo è proprio quello di evitare che la legge Fornero torni in versione integrale. La riforma delle pensioni prevede che dal prossimo anno l’uscita dal mondo del lavoro avvenga a 62 anni con 41 di contributi: seguendo la falsariga delle precedenti misure, potremmo battezzare questo canale d’uscita Quota 103. Buone notizie anche per altre due misure che dovrebbero essere prorogate: Ape Sociale ed Opzione Donna.
Quello che sembra essere saltata è l’ipotesi di incentivare il rinvio dall’uscita del lavoro con una decontribuzione. In un primo momento era ventilata l’ipotesi di una cancellazione della contribuzione del 33% prevista per i lavoratori dipendenti: un’agevolazione che sarebbe rimasta per tutti gli anni in cui i diretti interessati avrebbero rinviato il pensionamento. L’assegno previdenziale di questi lavoratori sarebbe comunque aumentato, mentre il 9,19% dei contributi sarebbe comunque rimasto a loro carico.
Quota 100 e Quota 102: due finestre ancora aperte
Il quadro previdenziale, a questo punto, sembra destinato a cambiare nel corso dei prossimi mesi. Quello che è certo, per il momento, è che alcuni canali di uscita anticipata rimarranno aperti. Il primo è quello che permette di andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età anagrafica e senza adeguamenti all’aspettativa di vita fino al 2026. Avranno poi la possibilità di andare in pensione con 41 anni di versamenti, indipendentemente dall’età anagrafica, i lavoratori precoci, ossia quanti abbiano maturato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni.
Rimarrà ferma, inoltre, la soglia di riferimento per la pensione di vecchiaia, che resta ferma a 67 anni con almeno 20 anni di contributi. Alcuni lavoratori, che operano in ambienti o in ambiti particolarmente rischiosi, hanno la possibilità di anticipare la pensione a 67 anni e 7 mesi, purché abbiano maturato almeno 30 anni di contributi.