Gli investitori sanno che l’integrazione dei fattori ESG (acronimo di Environmental, Social e Governance) in ambito finanziario riveste un ruolo prioritario oggi più che mai.
I motivi sono diversi. Primo su tutti, le società che investono in sostenibilità sono più resilienti nel lungo periodo, perché sono meglio attrezzate a mitigare i rischi di natura extra-finanziaria: sono meno esposte a possibili sanzioni dei regolatori, problemi reputazionali e conflitti con i vari portatori di interesse (azionisti, lavoratori, comunità locali), che potrebbero compromettere le performance del business.
Di conseguenza, sono sempre più gli investitori che danno importanza a tematiche ambientali, sociali e di corporate governance: basti pensare che l’89% degli investitori europei oggi inserisce la valutazione dei rischi legati ai fattori ESG nel processo di investimento, rispetto al 55% nel 2019 (secondo i dati Mercer). Ma cosa significa investimento sostenibile?
Investimenti sostenibili: cosa sono
Il perimetro degli investimenti ESG è molto ampio. Non si limita a focalizzarsi sulle aziende attive in settori della “green economy”, ma riguarda ogni investimento in grado di coniugare valore per gli investitori e ricadute positive sull’ambiente e sulla società nel suo complesso. Per la scelta delle società da inserire nel portafoglio sono presi in esame parametri molto diversi: l’impatto sull’ambiente in termini di emissioni di anidride carbonica, l’uso sostenibile delle risorse naturali, la gestione del capitale umano, il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, le ricadute dell’attività aziendale sulla comunità locale o il territorio in cui l’impresa opera, la qualità e la trasparenza della governance e dei processi di audit.
6 approcci per integrare i criteri ESG nell’analisi finanziaria
Per implementare strategie ESG incentrate sulla sostenibilità, gli approcci più diffusi sono sei:
- Esclusione: prevede l’esclusione esplicita di determinati elementi dagli investimenti, sulla base di alcuni principi etici e valori o individuando una mancanza di potenziale. Tipicamente: l’industria delle armi, della pornografia, del tabacco e il gioco d’azzardo.
- Convenzioni internazionali: questo approccio seleziona gli investimenti basandosi sul rispetto di norme e standard definiti dalle grandi organizzazioni internazionali, come l’UN Global Compact, le Linee Guida dell’OCSE per le imprese multinazionali, le Convenzioni promosse dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
- Best in class: la strategia seleziona le aziende che, all’interno dello stesso settore o ambito di riferimento, mostrano il miglior sforzo per supportare le pratiche di responsabilità sociale e ambientale. A questo proposito, parleremo in seguito dei vantaggi e svantaggi dell’utilizzo di indicatori sintetici, i rating ESG.
- Investimenti tematici: le società vengono selezionate secondo criteri ambientali, sociali e di governance, focalizzandosi su uno o più temi, come i cambiamenti climatici, l’efficienza energetica o la tutela della diversity.
- Engagement: questa strategia si sviluppa costruendo un dialogo con l’impresa su cui si investe su questioni legate alla sostenibilità, incoraggiando l’impresa sia alla trasparenza riguardo i rischi ESG sia all’adozione di buone pratiche operative e di governance. Si tratta di un processo di lungo periodo, teso a influenzare positivamente i comportamenti dell’impresa.
- Impact investing: investe in imprese, organizzazioni e fondi realizzati con l’intenzione di generare un impatto socio-ambientale positivo e misurabile, assieme a un ritorno finanziario. Alcuni esempi sono gli investimenti in iniziative di microfinanza, il social housing, i green bond e i social bond.
Rating ESG: vantaggi e svantaggi
Per selezionare le società più virtuose sotto il profilo della sostenibilità si utilizzano i rating ESG, giudizi sintetici che certificano la solidità di un emittente, un titolo, un fondo per gli aspetti ambientali, sociali e di governance. Essi sono elaborati da agenzie specializzate nella raccolta e nell’analisi di dati correlati a indicatori ESG (attualmente solo in Unione Europea sono 59).
Se da un lato i rating ESG, in quanto dati alfanumerici, permettono di ordinare le entità valutate e di stilare classifiche basate su giudizi indipendenti, dall’altro impediscono di analizzare in maniera granulare le informazioni contenute in essi, proprio perché sono sintetici. Inoltre, non esiste una standardizzazione delle metodologie e delle metriche analizzate e, di conseguenza, i risultati dei diversi fornitori sono difficilmente confrontabili.
A queste criticità si aggiungono sia il fatto che i rating ESG sono assegnati principalmente solo alle aziende più grandi, sia il fatto che essi guardano al passato e non riflettono il potenziale di miglioramento di un’impresa, né la sua vulnerabilità a possibili rischi futuri.
Gli approcci correnti consentono di fare analisi che siano il più possibile affidabili, individuando le aziende e gli investimenti più coerenti. Anche i rating ESG, seppur non perfettamente ottimizzati e sbilanciati verso le organizzazioni di maggiore dimensione, permettono di individuare le aziende che stanno lavorando per migliorare i propri indicatori di Environmental, Social e Governance.
A prescindere infatti da questi rating redatti da agenzie specializzate, l’implementazione di strategie ESG sarà sempre più fondamentale per garantire alle aziende un futuro stabile, rendendole più capaci di affrontare e reagire agli imprevisti legati a crolli di reputazione, sanzioni e conflitti aziendali.