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(WSI) –
“Draghi non ha fatto niente di particolare, ha semplicemente lasciato correre il mercato. Esattamente il contrario di quanto ha fatto Fazio per dieci anni”. Il commento del banchiere è sarcastico ma fotografa bene ciò che è successo dalla metà degli anni ’90 a oggi nel sistema bancario italiano.
Con l’annuncio della fusione tra Unicredit e Capitalia, previsto per domenica, il governatore Mario Draghi potrà leggere il 31 maggio prossimo le proprie Considerazioni finali con il petto gonfio di orgoglio. In un solo anno e mezzo al vertice della banca centrale il “sistema Italia” si è riassestato per il meglio, portando a compimento due grandi operazioni: Intesa Sanpaolo e, appunto, Unicredit Capitalia.
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Esattamente otto anni fa, nella primavera del 1999, nel bel mezzo dell’Opa su Telecom lanciata da Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti, si consumava un primo week end storico per le banche italiane. Protagonista, sempre lui, Alessandro Profumo: con Unicredit annunciava di voler acquisire la Comit mentre da Torino il Sanpaolo cercava l’affondo sulla Banca di Roma. Una manovra a tenaglia, con la Lazard di Gerardo Braggiotti a far da consulente ai due attaccanti, respinta da Cuccia e Geronzi su indicazione del governatore Antonio Fazio.
Il suo “aggrottar di ciglia” è rimasto famoso ma oggi sono tutti concordi nel dire che le banche italiane hanno perso almeno dieci anni di tempo. È stato lo stesso Romano Prodi a ricordarlo nei giorni scorsi: “Questo dinamismo è positivo ma se lo avessimo avuto vent’anni fa, come è successo in Spagna, il sistema ne sarebbe uscito rafforzato”.
E in effetti oggi, con questa seconda grande operazione, si può dire che il sistema bancario italiano si rimette al passo con la Spagna. Due grandi colossi, alla stregua del Santander e del Banco Bilbao Vizcaya, sono lì a contendersi il mercato nazionale: Intesa Sanpaolo e Unicredit, insieme, controlleranno quasi la metà del credito in Italia ma è sicuro che si faranno sempre più concorrenza. In più la banca di Piazza Cordusio vanta una proiezione internazionale, soprattutto in Germania e nei paesi dell’est, che ancora manca all’istituto guidato da Giovanni Bazoli e Corrado Passera.
Ma per arrivare a questo risultato – sicuramente importante anche per i correntisti che dovrebbero beneficiare di prezzi più bassi -, c’è voluto lo choc dell’Antonveneta e della Bnl. Due banche che per la miopia di Fazio sono state fagocitate dall’olandese Abn Amro e dalla francese Bnp Paribas come corollario alla famosa estate calda (2005) dominata dai “furbetti del quartierino”. Il 19 dicembre 2005 segna dunque lo spartiacque tra questi due mondi: con l’uscita di scena di Fazio, sotto la pressione della magistratura e di un’inchiesta della Banca Centrale Europea per aver accettato dei regali da Fiorani, e l’ingresso di Mario Draghi accompagnato dal varo di una nuova legge sul risparmio.
Ma una volta chiuso il cerchio tra le banche in prima fila qual è il panorama nelle retrovie? “Dietro ai due colossi c’è la torre d’avorio dei senesi – spiega un fine giurista che ha seguito molte operazioni bancarie – e poi il mondo delle popolari che non ha ancora sufficiente massa critica”. Non bisogna dimenticare che domenica i consigli di amministrazione della Popolare di Milano e della Popolare dell’Emilia Romagna saranno chiamati a suggellare un nuovo matrimonio, coronando la tenacia di Roberto Mazzotta nel cercare una via che prima o poi porti alla Superpopolare del nord Italia.
Su questa via si sono già posizionati Verona e Novara che l’inverno scorso hanno aggiunto Lodi alla loro filiera. E poi Bergamo e i bresciani della Lombarda che hanno evitato in extremis l’attacco degli spagnoli del Bbva e del Santander. Su questa via c’è ovviamente ancora molta strada da percorrere, magari togliendo quelle barriere all’ingresso che suonano antistoriche come il voto capitario.
E che ne sarà di Siena? Il campanilismo politico che avvolge il Monte Paschi ha finito per limitarne gli spazi di crescita. Ora si sta esplorando un feeling con il mondo Intesa ma difficilmente si arriverà a una vera integrazione, se non altro per motivi di antitrust. Il cerchio si chiude con l’Antonveneta che potrebbe diventare inglese o scozzese a seconda di chi vincerà la battaglia sulla Abn Amro mentre la Bnl è ormai un feudo francese. Con 100 miliardi di capitalizzazione di Borsa Unicredit e Intesa sembrano ormai al riparo dalle incursioni di altri colossi mondiali e dunque il risiko che ci ha appassionato negli ultimi due anni potrebbe subire un rallentamento. Sempre che Profumo non voglia superare sé stesso e fra qualche mese muovere in direzione della Société Générale.
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