(9colonne) – Milano, 25 mag- Il dibattito sul declino, e poi sulla ripresa, dell’economia italiana, pianta le sue radici nell’ideologia più che nella sistematica raccolta di dati. Coinvolge la funzionalità e il destino della struttura portante della nostra economia: la pmi a proprietà familiare, che fino a ieri (l’anno scorso…) sembrava annaspare nei gorghi della competizione globale e che oggi sembra avere recuperato dinamismo e salute. Proprio nel momento di svolta del ciclo Paolo Preti e Marina Puricelli, due studiosi che alle pmi hanno dedicato la loro vita professionale, pubblicano un’analisi del settore significativamente intitolata “L’impresa forte. Un manifesto per la piccola impresa” (con prefazione di Ilvo Diamanti, Egea, 2007, 160 pagine, 15 euro) e finalmente basata su presupposti empirici anziché ideologici. In apertura, è citata la massima di Alexis Carrel (Nobel per la medicina nel 1912) secondo cui “molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità”. E la verità, nell’opinione dei due autori, è che il modello della pmi italiana a proprietà familiare ha parecchie virtù, suscettibili di venire fuori alla distanza. Un coraggioso decalogo dell’impresa forte arriva a tracciare le caratteristiche principali di questo tipo d’impresa, corredandolo da un’infinità di riferimenti a casi aziendali, nei quali i due studiosi si sono imbattuti nel corso degli anni. Le virtù non sono sempre contemporaneamente presenti, ma la loro sistematizzazione può servire a fare in modo che gli operatori vi si focalizzino e a comprendere che “non conviene perdere tempo a pensare nuovi modelli di sviluppo, ma è meglio operare per migliorare quello esistente che non ha assolutamente perso le proprie capacità propulsive”.