Il 2022 è stato l’anno del reset delle valutazioni, con molte economie che sono uscite dal periodo pandemico di “denaro quasi gratis” e i tassi di interesse che sono saliti alle stelle dai recenti minimi storici. Tuttavia, gli utili hanno resistito piuttosto bene al costo del capitale più elevato, all’inflazione dei fattori produttivi e all’incertezza della domanda, in parte grazie a un fenomenale potere di determinazione dei prezzi; la mentalità del “tutto è più costoso” è diventata la norma.
Per quanto riguarda il 2023, non ci aspettiamo che si ripeta lo shock valutativo che ha pesato sui mercati azionari nel 2022. L’anno sarà probabilmente più incentrato sugli utili: quali aziende potranno affrontare i costi più elevati, sia che si tratti di interessi che di salari dei dipendenti, e quali invece non riusciranno a farlo, soprattutto di fronte al rallentamento della domanda a livello globale.
Detto questo, i mercati sono ovviamente lungimiranti e l’imminente probabile recessione deve essere una delle previsioni più esagerate della storia. Alcune società hanno già subito forti riduzioni delle aspettative sugli utili e stanno già iniziando a guardare a una possibile ripresa economica verso la fine dell’anno.
Ci sono ragioni per essere ottimisti: la Cina sta riaprendo a ritmi molto più sostenuti, l’occupazione sta in gran parte reggendo, l’inflazione salariale sta rallentando e i costi dell’energia si stanno riducendo. La crescita globale potrebbe rivelarsi non così terribile come si temeva l’anno scorso.
Tuttavia, l’andamento del mercato rimane al vaglio dei responsabili politici e al centro di questa equazione c’è il percorso dell’inflazione, che potrebbe rivelarsi più difficile del previsto.
Dopo il reset del 2022, un numero maggiore di azioni presenta nuovamente interessanti valutazioni e la nostra attenzione si è concentrata su quelli in cui è probabile che gli utili rimangano resistenti o che abbiano già scontato il rallentamento degli utili. In quest’ultimo caso, le società di semiconduttori rimangono uno dei nostri settori preferiti, dove riteniamo che la cattiva notizia sia nel prezzo; le azioni tendono a muoversi prima nell’anticipare la ripresa economica e i fattori strutturali alla base della domanda a lungo termine non sono scomparsi.