(9Colonne) – Roma, 31 mag – Come procede il processo di liberalizzazione dei principali comparti dei servizi pubblici locali? Nella relazione presentata oggi dal Governatore della Banca d’Italia ci sono risposte dettagliate e non proprio incoraggianti. Nel settore del trasporto pubblico urbano, dai primi risultati dell’indagine condotta presso i comuni capoluogo di provincia emerge come le innovazioni introdotte dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (cosiddetto decreto Burlando) “non abbiano fin qui prodotto i risultati attesi”. Solo meno della metà dei comuni, in gran parte del Centro Nord, ha fatto ricorso a gare per l’aggiudicazione del servizio. Prevalgono i casi di affidamento diretto e in-house e, anche nei casi in cui sia stata utilizzata una procedura di gara, l’aggiudicatario del servizio è risultato solitamente il gestore precedente; il numero dei partecipanti è stato quasi sempre molto basso (in quasi il 70 per cento dei casi meno di tre, nel 40 per cento un solo partecipante), con una scarsa partecipazione di concorrenti esteri; i ribassi rispetto alla base d’asta sono stati generalmente di entità irrilevante (meno dell’1 per cento nel 65 per cento delle gare). I risparmi sono stati spesso perseguiti differenziando le condizioni contrattuali dei nuovi assunti e attraverso l’outsourcing, senza mutare l’organizzazione complessiva. “Più in generale, le modalità dell’intervento dello Stato centrale nel fornire parte delle risorse necessarie ai rinnovi dei contratti di lavoro e agli investimenti riducono l’incentivo per gli enti locali ad impegnarsi nel contenimento dei costi”. Anche nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti il processo di modernizzazione avviato dal cosiddetto decreto Ronchi (decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) è ancora lontano dal suo completamento. Gli affidamenti del servizio solo in pochi casi – si legge nella relazione – avvengono a livello di ATO (Ambito Territoriale Ottimale) e, soprattutto nel Mezzogiorno, sono diffuse gestioni commissariali dell’organizzazione regionale del servizio. Sebbene tra gli obiettivi della nuova legislazione vi fosse un contenimento della produzione, tra il 2000 e il 2006 i rifiuti per abitante sono aumentati a tassi superiori a quelli della crescita del PIL e a quelli della media dei paesi europei (6 per cento tra il 2000 e il 2005, contro l’1 per cento nella media dei paesi della UE-15). Anche gli obiettivi di sviluppo della raccolta differenziata (35 per cento entro il 2003, innalzato dalla legge finanziaria per il 2007 al 45 per cento entro il 2008 e al 65 per cento entro il 2012), sono stati conseguiti pienamente solo nelle regioni del Nord; sono stati ampiamente disattesi nel Mezzogiorno ove la corrispondente quota non raggiungeva il 10 per cento nel 2005 (38 per cento nel Nord). Infine, i servizi idrici: a tredici anni dalla cosiddetta legge Galli (legge 5 gennaio 1994, n. 36), gli indirizzi di legge appaiono in parte disattesi. L’andamento del servizio a livello di Ambito territoriale ottimale è avvenuto solo in 59 dei 91 ATO costituiti, che servono circa i due terzi della popolazione. Anche nel caso di affidamento integrato del servizio, all’interno di un singolo Ambito permane una pluralità di operatori (per un totale di 108 in 59 ATO). Prevalgono gli affidamenti in-house e quelli al precedente gestore, stabiliti sulla base della clausola di salvaguardia prevista dalla legge. Negli ATO in cui il servizio non è stato affidato operano ancora circa 600 gestori. Sul piano della qualità della gestione, “emergono dubbi sulla correttezza dei piani d’ambito nel commisurare le tariffe ai costi e al finanziamento dei progetti di investimento stabiliti al momento dell’affidamento del servizio. In molti casi, infatti, allo scopo di contenere le tariffe e dovendo coprire interamente i costi, sarebbero state sovrastimate le previsioni di consumo, in modo da accrescere quelle sui ricavi”.