Economia

Spid a rischio, cosa succederà ad aprile?

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Cosa accadrà allo Spid dopo il mese di aprile 2023, quando scadrà la convenzione per la sua gestione? A dire il vero, gli accordi sarebbero già scaduti alla fine del 2022, ma l’Agenzia per l’Italia Digitale ha deciso di prorogarli d’ufficio fino al mese di aprile.

Ma quali sono i problemi, che stanno dietro allo Spid? Il principale, sicuramente, è quello costituito dai costi: ad aver adottato questo sistema, attualmente, sono 33 milioni di cittadini e oltre 12 mila Pubbliche Amministrazioni. Prestare assistenza agli utilizzatori rappresenta un costo ingente per i gestori e, fino ad oggi, il Governo non è ancora riuscito a creare le condizioni perché i privati adottassero lo Spid e potessero, in un modo o nell’altro, generare dei flussi di cassa per le aziende, che stanno gestendo il servizio.

Spid, cosa accadrà da aprile

Nel caso in cui non arrivi un accordo tra le parti, il rischio è che lo Spid possa spegnersi definitivamente. Questa ipotesi, comunque, al momento è stata esclusa da Alessio Butti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, che avrebbe tentato di aprire una porta ad una soluzione condivisa.

Assocertificatori, l’associazione che rappresenta i fornitori del 95% dei servizi digitali tra i quali ci sono la Pec la firma elettronica e appunto lo Spid, si è dimostrata aperta nei confronti del Governo. Giusto per avere un’idea dell’importanza dell’associazione, basti pensare che tra i suoi soci ci sono Infocert, Aruba e Poste, che rappresentano il 76% degli Spid rilasciati. Intervistato dal “Corriere della Sera”, Carmine Auletta, il presidente di Assocertificatori, ha affermato:

“Vista la criticità che il servizio riveste, siamo disposti ad accettare un’ulteriore proroga di alcuni mesi, a patto che ci sia la volontà politica di affrontare il problema della sostenibilità economica del sistema. Siamo disponibili a collaborare per definire insieme una strategia. Abbiamo scritto al sottosegretario per presentare le nostre istanze e quello che ora ci attendiamo è una risposta nel merito. Ci auguriamo che si possa trovare un’intesa nell’interesse dei milioni di utenti che usano questo servizio”.

La presa di posizione del Governo

L’appello non è caduto nel vuoto. Alessio Butti ha fatto sapere che, nel corso delle prossime settimane, convocherà una riunione con i gestori dell’identità digitale: l’obiettivo è quello di avviare un momento di ascolto e confronto, che dovrà servire a delineare quali possano essere gli scenari futuri.

In questo momento una commissione di esperti sarebbe già al lavoro presso il Dipartimento per la Trasformazione Digitale: l’intento è quello di stilare un cronoprogramma che possa essere chiaro e condiviso con tutti gli stakeholder tecnici e politici. Butti, tra l’altro, ha ribadito la propria disponibilità e la piena volontà politica del Governo per giungere ad una soluzione che possa essere condivisa con tutte le parti in causa. Dopo otto anni, secondo Butti, questo è il primo Governo disponibile a dialogare con i privati, ma soprattutto ad avere le idee molto chiare.

Lo Spid, tra i tanti servizi di autentificazione presenti in Europa, è sicuramente quello che ha avuto il maggior successo nel vecchio continente. Secondo i dati riportati da Assocertificazioni, nel corso del 2022, le autentificazioni hanno raggiunto quota un miliardo. Grazie allo Spid, alcuni enti pubblici come l’Inps hanno risparmiato alcuni milioni di euro. A fronte di questo servizio, i gestori non stanno percependo niente.

Agid nel 2022 aveva proposto l’erogazione di un milione di euro una tantum, che avrebbe dovuto essere spalmato tra tutti i gestori. Una cifra che, secondo i gestori, sarebbe stata sufficiente unicamente a pagare i costi di aggiornamento professionale per gli operatori dei call center. I gestori, invece, chiedono 50 milioni di euro, che è una cifra di gran lunga inferiore ai risparmi che stanno ottenendo la Pubblica Amministrazione e lo Stato. Adesso rimangono due mesi di tempo per trovare un accordo.