Un tema che è finito spesso al centro delle discussioni politiche nelle ultime settimane è quello dei supporti pubblici ai cittadini in condizioni svantaggiate o comunque senza occupazione. I principali beneficiari delle misure di sostegno al reddito, come il reddito d’inclusione prima e il reddito di cittadinanza dopo, sarebbero per lo più donne (60%), sui 49 anni, sole o con figli. L’identikit è stato tracciato da Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), presentando i risultati di una doppia indagine che ha analizzato sia i beneficiari delle misure di contrasto alla povertà, sia gli attuatori locali di tali misure, ovvero i centri per l’impiego, i servizi sociali comunali e gli ambiti sociali.
Chi percepisce il reddito di cittadinanza
Andando nei dettagli dell’indagine, emerge che chi ha ricevuto questo tipo di sostegno è equamente distribuito nel nostro territorio, con una maggiore presenza nel sud (33,7%), mentre è bassissima la quota di chi proviene da paesi extraeuropei. Si tratta di soggetti caratterizzati da un livello di istruzione tendenzialmente basso e poco qualificati dal punto di vista della qualifica professionale (il 78% di coloro che dichiarano di essere occupati ha un basso profilo professionale).
Il punto dolente messo in evidenza dalla gran parte dei rispondenti per quanto riguarda il reddito di cittadinanza è l’offerta di lavoro e di attività formative. Quasi il 60% degli ambiti territoriali sociali e dei centri per l’impiego individua difatti come problematica tale dimensione attuativa della misura. Solo una quota minima di rispondenti, tra il 3 e l’8 % a seconda della tipologia di servizio, ritiene che la misura abbia prodotto risultati in termini di attivazione lavorativa e formativa.
Permangono alcune criticità, in particolare in merito ai tempi di lavorazione delle domande: in media trascorrono circa 4 mesi e mezzo tra l’autorizzazione ad ottenere il reddito di cittadinanza rilasciata dall’Inps e la presa in carico del beneficiario da parte dei centri per l’impiego e dei servizi sociali comunali. Solo la metà dei centri (51,6%) risulta in condizione di convocare entro i 30 giorni prescritti dalla norma i beneficiari della misura. I tempi di presa in carico da parte dei centri per l’impiego naturalmente risentono del volume di utenza che caratterizza i diversi territori sicché risultano più ridotti al Nord, dove l’attesa mediamente è di 3 mesi e mezzo, mentre al Sud si approssimano intorno ai 5 mesi e mezzo. Meno problematiche le fasi successive, ossia la stipula del patto, la definizione di un’agenda di appuntamenti e la verifica degli impegni e delle condizionalità posti a carico dei beneficiari.