Dopo la fumata nera dello scorso marzo, la Commissione UE ha deciso per ora di accantonare le proposte sul divieto di retrocessioni, ovvero sulle commissioni che vengono retrocesse dai produttori di uno strumento finanziario (per esempio i fondi) ai distributori che fanno anche la consulenza (come le banche). La volontà di Bruxelles di rivoluzionare l’industria della consulenza finanziaria con l’introduzione dello stop alle retrocessioni è stata criticata dai maggiori Stati UE (in primis dalla Germania) e da banche, assicurazioni e fondi. Così la Commissione è stata obbligata a fare un passo indietro nell’ambito della cosiddetta Retail Investment Strategy, che dovrà essere discussa ora da Parlamento e Consiglio UE.
La roadmap graduale dell’UE verso una razionalizzazione delle retrocessioni
Secondo le bozze consultate da MF-Milano Finanza, Bruxelles ritiene ancora che un divieto totale di retrocessioni sia “la misura più efficace” per ridurre i possibili conflitti di interesse nella proposta al cliente finale, ma “comporterebbe impatti significativi sugli attuali sistemi di distribuzione, con conseguenze difficili da prevedere”. Perciò la Commissione ha prospettato un approccio graduale, in due fasi, per meglio definire l’efficacia della proposta in termini di costi-benefici e mediare eventualmente con una soluzione intermedia.
All’inizio lo stop alle commissioni sarà applicato soltanto alle attività execution-only nelle quali non c’è alcun tipo di consulenza. In Italia questo già avviene quindi non si attendono conseguenze particolari, mentre l’impatto sarà maggiore in Germania e Francia. Inoltre sarà rafforzato il principio del “best interest” del cliente contenuto nella MiFID, cioè la responsabilità in capo al broker di agire nel miglior interesse del cliente. Infine, la novità più attesa: sarà aumentata la trasparenza sul pagamento degli incentivi in modo che i clienti ne siano più consapevoli.
In seguito si passerà a una seconda fase, nella quale sarà valutato l’impatto sul mercato. Dopo tre anni dall’entrata in vigore della direttiva, la Commissione scriverà un rapporto al Consiglio e al Parlamento UE. Se le misure adottate non saranno state sufficienti a migliorare il quadro per i clienti, la Commissione prenderà in considerazione proposte alternative, tra cui un divieto. Si tratta però di una prospettiva incerta e lontana che, al momento, esce dall’orizzonte UE.
I motivi del dietrofront dell’UE
Il tema delle retrocessioni si era surriscaldato tra gli operatori in Italia all’inizio di quest’anno, dopo che la commissaria UE ai servizi finanziari Mairead McGuinness aveva espresso la forte volontà di introdurre un divieto. Tanto che, durante l’evento “Il valore della consulenza” organizzato da Wall Street Italia il 16 febbraio 2023, i protagonisti delle reti e delle istituzioni di settore si erano confrontati sull’argomento nei vari dibattiti previsti in agenda.
Nello scenario europeo, il primo a opporsi pubblicamente era stato il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, che aveva scritto a McGuinness per sottolineare che il divieto sarebbe stato una “grave battuta d’arresto” per il mercato dei capitali dell’Unione Europea e avrebbe limitato la scelta per i consumatori. Uno stop generalizzato, secondo quanto scritto allora dal ministro tedesco, “ostacolerebbe l’offerta di consulenza sugli investimenti proprio nei casi in cui è maggiormente necessaria”, riferendosi in particolare a quei risparmiatori che si affidano al fai-da-te invece che a un professionista degli investimenti, troppo spesso erroneamente percepito come un “lusso non necessario”. Lindner aveva poi ricordato in modo esplicito che il divieto agli incentivi avrebbe messo in difficoltà il settore assicurativo tedesco, che ha un modello basato sulle commissioni.
In seguito, a fine marzo, l’opposizione era di multipla provenienza: i direttori del Tesoro di nove Paesi, tra cui quelli di Germania, Francia e Italia (Riccardo Barbieri Hermitte), avevano inviato alla Commissione UE una lettera nella quale sottolineavano: “non sosterremmo un divieto di inducement e commissioni che rischierebbe di destabilizzare gli attuali canali di distribuzione dei prodotti di risparmio nell’UE. Poiché sono già stati compiuti progressi attraverso le proposte legislative adottate negli anni per aumentare la trasparenza e garantire che i servizi siano commisurati a costi e commissioni, siamo fiduciosi che si possano esplorare misure alternative all’opzione più radicale che è il divieto, anche per affrontare il rischio di conflitto di interessi o per garantire che gli investitori al dettaglio ricevano effettivamente un valore per i loro soldi”.
È questa la strada seguita ora dalla Commissione: non ci sarà più un divieto ma un approccio più morbido basato su una maggiore trasparenza e sul rafforzamento delle misure per limitare i conflitti di interesse.