Non ci sono solo i 400 mila clienti di Eurovita a seguire con apprensione i lavori per la definizione del piano di salvataggio della compagnia finita in amministrazione straordinaria. Se da una parte ci sono i risparmiatori, con quelli rappresentati dal Codacons che starebbero valutando gli estremi di una class action, dall’altra ci sono anche i dipendenti della compagnia assicurativa vita preoccupati di sapere in quali delle cinque compagnie che hanno promesso di partecipare al piano saranno trasferiti. Si tratta di circa 230 persone (scese rispetto ai 240 di inizio crisi per 10 uscite volontarie) che aspettano di sapere dove saranno trasferite e la questione non è di poco conto considerato che, mentre tre delle cinque assicurazioni (Intesa Sanpaolo Vita, Allianz e Generali) hanno sede a Milano proprio come Eurovita, le altre due, Poste Vita e Unipol, hanno invece sede rispettivamente a Roma e a Bologna.
Nuovo tavolo di trattative tra i soggetti coinvolti nel salvataggio di Eurovita
Nel frattempo ieri i soggetti interessati al piano di salvataggio di sistema, ovvero le 5 compagnie e le banche coinvolte nella distribuzione delle polizze Eurovita (Fineco Bank, Fideuram, Credem, Sparkasse e Banca popolare di Puglia e Basilicata), si sono nuovamente riuniti per discutere dei tanti nodi ancora da sciogliere. A far ben sperare per una risoluzione accelerata del caso, MF-Milano Finanza ha dato notizia a inizio settimana della nomina di super consulenti da parte delle banche collocatrici e del commissario Santoliquido con l’obiettivo di accelerare la definizione di un piano entro fine giugno, quando scadrà la proroga dei riscatti delle polizze decisa da Ivass per evitare la corsa ai rimborsi prima del tempo. Manca però ancora un rappresentante delle compagnie che possa sedere al tavolo delle trattative con una voce unica. Ma intanto la discussione procede. Ieri, racconta chi ha partecipato all’incontro, si sono fatti passi avanti anche se ancora non risolutivi e l’impegno resta quello di rivedersi presto. Con aspetti tecnici da definire che sono però tutt’altro che secondari.
Primo su tutti come cedere alle cinque compagnie altrettanti rami d’azienda di Eurovita nel caso venisse scelta questa strada. La definizione di ramo d’azienda, che consente ex lege il passaggio dei rapporti di lavoro da cedere, prevede infatti l’esistenza di un’unità organizzativa autonoma già prima della cessione del ramo. Nel caso di Eurovita, non solo il ramo d’azienda non esiste, ma ne andrebbero creati addirittura cinque che difficilmente potranno essere considerati autonomi. Il rischio di contenziosi potrebbe di conseguenza essere elevato nel caso in cui i lavoratori non accettino la destinazione. Questione che potrebbe essere risolta con accordi con i dipendenti ma i tempi rischiano di allungarsi.
L’alternativa potrebbe essere invece quella del passaggio alle cinque compagnie chiamate in campo dei soli portafogli Vita, senza quindi la cessione del ramo. Un’opzione, quest’ultima, che avrebbe il vantaggio di rispettare in pieno la normativa ma anche di invogliare i dipendenti ad aderire alle proposte di ricollocazione nelle compagnie subentranti, visto che l’alternativa sarebbe il licenziamento, a questo punto pienamente legittimo, con Eurovita che, attivando una sola procedura, potrebbe considerare tutti i dipendenti come esuberi.
Il settore assicurativo vita sta già soffrendo a prescindere da Eurovita
Insieme a questi rischi per i dipendenti si rafforzano quelli per i clienti e per il sistema. Infatti, il rischio principale di una mancata soluzione della crisi nei tempi, oltre ai possibili riscatti anticipati una volta che il congelamento delle polizze arriverà a scadenza o di cause intentate da risparmiatori (e dipendenti), è l’esplosione di una crisi di fiducia che aggraverebbe lo scenario del settore vita, in questi mesi già messo a dura prova dalla concorrenza di Btp e conti deposito tornati improvvisamente più appetibili con il rialzo dei tassi d’interesse.