La guerra in Ucraina ha comportato un aumento dei prezzi di alcune materie prime, in particolare di quelle energetiche, come il petrolio e il gas, che la Russia fino ad un anno fa esportava in larghe quantità verso il Vecchio Continente. Le sanzioni contro la Russia da parte dell’Occidente hanno portato a un rialzo dell’inflazione. Nonostante le mosse della Bce per calmierare i prezzi, i numeri rimangono abbondantemente sopra il target del 2% nel medio termine. L’inflazione nell’Eurozona rimane al 7% su base annuale e in crescita dello 0,7% nel mese di aprile. In Italia l’inflazione annuale rimane tra le più elevate in Europa all’8,2% su base annuale e in crescita dello 0,4% su base mensile.
Inoltre, proprio ieri la Commissione Ue ha rivisto al rialzo le stime su Pil e inflazione della zona euro sia per il 2023 che il 2024. Cosa possono fare i risparmiatori per affrontarla?
Il ruolo della diversificazione
Il primo suggerimento è diversificare, cioè investire in più prodotti diversi tra loro (depositi, titoli di Stato, azioni e obbligazioni delle imprese, materie prime, immobili, ecc.).
Secondo Banca d’Italia, la diversificazione è infatti utile anche a contrastare gli effetti negativi di aumenti non previsti dell’inflazione. Quando l’inflazione aumenta, di solito aumentano anche i tassi di interesse e i rendimenti delle attività finanziarie. È importante quindi investire una parte dei propri risparmi in strumenti con scadenza a breve termine o a tasso variabile (ad esempio, conti correnti e depositi a breve termine, BOT, titoli di Stato e altre obbligazioni a tasso variabile) e, soprattutto, in titoli di Stato indicizzati all’inflazione. Avere una parte dei risparmi investita in strumenti a breve scadenza consente di reinvestirei fondi scaduti o che scadranno a breve a tassi che intanto sono aumentati con l’inflazione. Nel caso dei titoli a tasso variabile o indicizzati all’inflazione, l’aumento del rendimento è automatico appena tassi e inflazione iniziano a crescere.
Attenzione ai rendimenti reali per contrastare l’inflazione
Il secondo suggerimento di Banca d’Italia è di stare sempre attenti ai rendimenti reali, quelli “veri”, che davvero permettono di far crescere nel tempo il potere di acquisto dei miei risparmi.
Normalmente quando parliamo dei rendimenti (ad esempio, il tasso di interesse di un conto corrente o il rendimento di un titolo di Stato) ci riferiamo a rendimenti nominali, cioè al tasso di crescita del nostro capitale investito. Per conoscere il tasso di crescita del potere di acquisto del nostro capitale dobbiamo sottrare ai rendimenti nominali il tasso atteso d’inflazione, spiega nel report Banca d’Italia.
Per esempio il capitale investito in uno strumento che rende il 3%, con un’inflazione del 2%, crescerà solo dell’1% in termini di beni e servizi che si potranno acquistare. Purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, per avere rendimenti reali attesi positivi è necessario investire in strumenti relativamente rischiosi, dai rendimenti più alti, tali da più che compensare l’inflazione. Se non vogliamo o possiamo sopportare i rischi più alti connessi a rendimenti più elevati, l’alternativa per raggiungere gli obiettivi per i quali si risparmia è risparmiare di più, ovviamente quando possibile.