Starbucks: per Morgan Stanley problemi da consumi in Cina
La spesa dei consumatori cinesi non tornerà presto ai livelli pre-Covid e questo rappresenterà un problema per marchi internazionali come Starbucks. Lo afferma Morgan Stanley in un rapporto, indicando tre fattori negativi.
Innanzitutto, la Cina non ha distribuito assegni per stimolare i consumi, come invece hanno fatto gli Stati Uniti e altre parti del mondo. In secondo luogo, le restrizioni dovute alla pandemia e le modifiche normative hanno eliminato 30 milioni di posti di lavoro nel settore dei servizi, di cui solo 20 milioni torneranno entro l’anno prossimo, mentre per gli altri 10 servirà più tempo. Infine, il mercato immobiliare è rimasto persistentemente debole.
Dopo un previsto rimbalzo del 9% della spesa dei consumatori cinesi quest’anno, gli analisti prevedono un aumento del 4,8% l’anno prossimo, 0,5 punti percentuali in meno rispetto a prima della pandemia.
Per Starbucks, gli analisti prevedono che la metrica del settore delle vendite nello stesso negozio in Cina crescerà di circa il 7% quest’anno, meno dei livelli del 2019.
Inoltre, a rendere le cose più difficili per i marchi internazionali sta aumentando la concorrenza locale. Il numero di negozi di caffè è cresciuto del 16% su base annua ad aprile, ma per lo più marchi locali secondo Morgan Stanley, che ritiene Starbucks “il meno favorito per fare leva sulla ripresa della Cina”, tra i colossi statunitensi seguiti dal broker.
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