“Una riduzione progressiva delle aliquote IRPEF per abbassare la pressione fiscale, ampliando sensibilmente lo scaglione più basso per ricomprendervi molti più lavoratori”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi i segretari generali dei sindacati Cgil, Maurizio Landini, Cisl, Luigi Sbarra, Uil, Pierpaolo Bombardieri, Ugl, Paolo Capone, e Confsal, Angelo Raffaele Margiotta per discutere della riforma fiscale e ha fornito nuovi elementi sul piano di Governo che muove verso la flat tax per tutti, forse già nella Legge di Bilancio per il 2024, magari riducendo da quattro a tre le aliquote Irpef.
Il ddl delega di Riforma è attualmente all’esame del Parlamento, con l’obiettivo del Governo di arrivare all’approvazione prima della pausa estiva in modo da riuscire a programmare per tempo i decreti attuativi, ma queste dichiarazioni sono un indizio che alcuni punti diventeranno realtà.
Riforma aliquote Irpef: allargamento 1° scaglione
Il ddl, in tema di riforma IRPEF si limita a fissare principi generali, in base ai quali si va verso un sistema ad aliquota unica, la cosiddetta flat tax, con equità e progressività che vengono recuperate attraverso detrazioni e crediti d’imposta. Non ci sono nella delega indicazioni specifiche su come arrivare a questo sistema ad aliquota unica. È su questo punto che Meloni ha sostanzialmente introdotto nuovi elementi:
- ci sarà una progressiva riduzione delle aliquote IRPEF;
- avverrà partendo da un ampliamento dell’aliquota più bassa.
Quindi, si ridurrà il carico fiscale per almeno una parte di coloro i quali si ritrovano oggi nel secondo scaglione di reddito, che attualmente segue il primo al 23% fino a 15mila euro ed è pari al 25% fra 15mila e 28mila euro; seguono poi il terzo 35% fra 28mila e 50mila euro e il quarto 43% sopra i 50mila euro.
La dichiarazione di Giorgia Meloni indica un ampliamento dell’aliquota al 23%, che verrebbe quindi applicata a una platea più ampia di contribuenti. La premier non ha però fornito ulteriori indicazioni sull’impostazione di questa riduzione IRPEF.
Gli scogli all’applicazione della flat tax unica
Ma una riduzione dell’Irpef affidata sostanzialmente al riordino di deduzioni e detrazioni è una missione tutt’altro che semplice, considerando tra l’altro che le modifiche incideranno sulla vita di milioni di contribuenti.
Questo perché, in primo luogo, il Governo dovrà fare i conti con i costi di ogni operazione che coinvolge l’Irpef. I problemi di copertura, che sono presenti da tempo a operatori e studiosi, sono stati delineati anche nei giorni scorsi da più di un osservatore di peso, a partire dalla Banca d’Italia. Soprattutto guardando all’obiettivo finale: la flat tax per tutti, considerata di difficile realizzazione.
Il tema coperture si affianca anche a quello di come conciliare con la riforma scelte politiche recenti, come il taglio del cuneo fiscale e contributivo che è stato rafforzato, ma solo fino a fine anno, con il decreto legge sul lavoro. A fine 2023 bisognerà, dunque, valutare se confermare lo sgravio. Tornare indietro avrebbe costi politici molto alti. Ma confermare la disciplina attuale getterà un’ombra rilevante sul complesso delle risorse che potranno essere messe a disposizione della fase iniziale della riforma fiscale. Insomma, la partita sarà costi politici contro costi finanziari.
Le scelte recenti con cui fare i conti si aggiungono a quelle del passato: il peso delle cedolari già presenti nel nostro ordinamento è rilevante. E la loro conferma ha un costo per il Governo in termini di riduzione del gettito. Lo stesso vale per le ipotesi di nuove cedolari: per esempio quella sugli immobili non abitativi espressamente prevista dalla legge delega o le altre misure di prelievo secco che potrebbero essere introdotte. Come gli sconti contributivi, anche le cedolari sono facili da introdurre ma difficili da superare. Anche quando le opzioni sono guidate dalla prospettiva di introdurre una flat tax per tutti.
La delega prevede, poi, che la revisione dell’Irpef si accompagni alla riduzione delle tax expenditures, che confina con il problema del mantenimento o meno delle cedolari. Un passaggio delicatissimo, se si pensa a tutte le volte in cui questo tema è stato prima prefigurato, poi accostato e, infine, abbandonato. Troppo complesso separare le agevolazioni “utili” dagli sconti “inutili”. Troppo difficile gestire il conflitto con i beneficiari delle agevolazioni e con i gruppi di interesse che sostengono le varie soluzioni. Oggi la determinazione appare più forte che in passato, ma la resistenza non sarà minore che in altre occasioni.
Il peso fiscale sui contribuenti non necessariamente si ridurrà
Come uscirne? Il sentiero, si sarebbe detto in passato, è assai stretto. Quel che è certo è che l’Irpef sarà la prova del nove per la determinazione riformatrice del Governo. Anche perché l’obiettivo della flat tax attrae i contribuenti che ritengono di poterne avere vantaggi rilevanti. Anche se, di per sé, un restyling dell’Irpef che vada verso una graduale riduzione delle aliquote non garantisce che saranno riportati sotto l’Irpef i redditi oggi tassati con le varie sostitutive. Lo segnala anche l’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui “per quanto riguarda il disegno a regime, non è chiaro se nella base imponibile dell’Irpef verranno ricomprese le fonti di reddito che nel tempo ne sono state escluse dall’applicazione e assoggettate a regimi sostitutivi (con aliquote proporzionali differenziate) generando problemi di equità orizzontale”.
Anzi, il trend pare quello di andare verso una maggiore “cedolarizzazione” del fisco. Proprio per evitare che gli stessi 100 euro di reddito siano tassati al 5, 10, 26 o 43% a seconda di come vengono ottenuti (solo per citare alcune delle aliquote), la Corte dei Conti si chiede “se forme più organiche e coerenti del sistema di tassazione dei redditi possano essere raggiunte a fronte di una progressività formale più moderata ma estesa a tutte le categorie di reddito”.