Occhi puntati sulle banche centrali. Dopo le riunioni di politica monetaria della Fed e della Bce della scorsa settimana, oggi l’attenzione si è spostata sulla riunione della Banca centrale cinese che stamane ha tagliato, come da attese, i due tassi di interessi principali di 10 punti base, il primo taglio dall’agosto del 2022. Vediamo cosa c’è dietro le mosse della Cina e perchè le mosse della sua banca centrale sono opposte a quelle di Bce e Fed.
La Cina taglia il costo del denaro
In particolare, oggi la Banca popolare cinese (PBOC) ha tagliato il costo del denaro, portando così il Loan Prime Rate (LPR) a un anno al 3,55%, dal precedente 3,65%; mentre il Loan Prime Rate a cinque anni al 4,2%, dal precedente 4,3%.
Ricordiamo che questi rappresentano i tassi privilegiati sui prestiti, con quello a 1 anno che viene preso come riferimento per i tassi che le banche possono offrire alle imprese/famiglie, mentre quello a 5 anni è il riferimento per i mutui.
Anche se la riduzione dei tassi di 10 punti base era ampiamente prevista dal mercato, dato che era il linea con la riduzione tassi ufficiali messa a punto dalla PBOC la scorsa settimana, diversi analisti ed economisti prevedevano una riduzione maggiore di 15 punti base del tasso quinquennale, ovvero il tasso di riferimento per i mutui, in modo da sostenere il fragile mercato immobiliare del Paese.
Ricordiamo che l’andamento dei Loan Prime Rate (LPR) è deciso dalla Banca centrale cinese, ma si basa sui tassi di interesse che 18 banche commerciali di grosse dimensioni offrono i loro migliori clienti, banche che all’inizio di giugno avevano già iniziato a tagliare i tassi sui depositi in valuta locale, lo yuan. “Il taglio di 10 punti base nell’LPR quinquennale è stato un po’ deludente per i rialzisti cinesi che cercano ancora più forte stimolo per sostenere il mercato immobiliare in difficoltà”, commenta Ken Cheung, chief Asian FX strategist presso Mizuho Bank Ltd.
La reazione del mercato
Il taglio dei tassi odierno è stato attuato nel tentativo di rinvigorire la ripresa economica cinese che ora è vista in stallo, anche se da questo punto di vista gli investitori speravano in qualcosa di più, e quindi in un taglio dei tassi più consistente.
Dopo la mossa della Banca centrale cinese le azioni asiatiche sono scese, con l’indice Hang Seng China Enterprises che è sceso quasi il 2% alla pausa di metà giornata, con i titoli immobiliari tra i peggiori di tutto il listino.
In calo anche lo Yuan cinese che ha perso lo 0,25% nei confronti dell’euro, il quale porta il suo bilancio ad un rialzo di oltre il 3,2% da inizio giugno nei confronti della valuta cinese. In calo anche il rendimento del decennale cinese, con i titoli di Stato che sono scesi di due punti base al 2,68%.
“L’obiettivo è rafforzare i prestiti, ma gli investitori sembrano un po’ delusi dalla mossa della Banca centrale cinese e stanno aspettando ulteriori mosse per sostenere effettivamente l’economia”, ha commentato Susannah Streeter, analista di Hargreaves Lansdown.
Preoccupa la crescita cinese
Il quadro globale non è infatti tra i più incoraggianti e in particolar modo per la Cina. Molti analisti avevano stimato, già dallo scorso anno, che in concomitanza con le riaperture post lockdown, l’economia cinese si sarebbe ripresa velocemente, ma così non è stato, anzi sembra proprio che l’era post Covid cinese sia uno dei più grossi flop da inizio anno, soprattutto se paragoniamo l’economia e il mercato azionario cinese con quello occidentali.
In tal senso, sembra proprio che il rimbalzo tanto auspicato dagli analisti della riapertura cinese abbia deluso le aspettative ancora prima che iniziasse e questo si ripercuote sul commercio globale che mostra ancora notevoli difficoltà. In ogni caso, l’inflazione complessiva diminuirà grazie al calo dei prezzi dell’energia.
Anche gli ultimi dati macroeconomici relativi alla Cina mostrano che la ripresa post-riapertura dell’economia cinese sta rapidamente perdendo vigore, soprattutto se prendiamo come riferimento il mercato immobiliare la cui debolezza sta inesorabilmente frenando l’intera crescita economica cinese. In tal senso, nell’ultima rilevazione del mese di maggio, i prezzi alla produzione cinesi sono scesi del 4,6%, il calo più importante dal 2016, con un livello di inflazione che nel Paese si attesta allo 0,2% su base annuale.
Ecco che per tutti questi fattori i banchieri cinesi stanno valutando un maggiore supporto per l’economia cinese in rallentamento, motivo per cui sarà con tutta probabilità necessario un ulteriore e più consistente allentamento monetario e quindi un’ulteriore riduzione dei tassi di interesse.
Economia cinese declassata
Citigroup, come le altre banche d’affari americane, ha tagliato le stime per la crescita dell’economia della Cina quest’anno. In tal senso, ora gli economisti di Citi si aspettano un prodotto interno lordo (Pil) in espansione del 5,5% nel 2023, in calo rispetto al precedente stima del 6,1%. Gli analisti della banca d’affari hanno citato la scarsa fiducia tra le famiglie, aziende e investitori, fattori che rischiano di pesare ulteriormente sul rallentamento della ripresa economica.
“Il livello dei tassi di interesse dell’economia cinese è l’ostacolo principale alla domanda di prestiti, con il mercato lo è sperando in qualche sostegno e stimolo fiscale che potrebbe aiutare a migliorare le prospettive economiche”, ha commentato Frances Cheung, strategist dei tassi di Oversea-Chinese Banking Corp a Singapore.
Stessa linea seguita dagli economisti di Goldman Sachs, che hanno abbassato anch’essi le loro previsioni per l’economia cinese, a causa della lenta ripresa post-Covid del Paese nel secondo trimestre. Ecco che anche Goldman ha ridotto le sue stime sul Pil del 2023 ad una crescita del 5,4% dal 6%; mentre le loro previsioni per il 2024 sono state ridotte al 4,5% dal 4,6%.
In ogni caso, il modesto taglio dei tassi di interesse praticato oggi dalla PBOC suggerirebbe che la Cina sia abbastanza riluttante a stimolare l’economia come richiesto dagli economisti, che pensano che il Paese avrà bisogno di un pacchetto di stimoli di maggiori dimensioni per avviare la sua lenta ripresa.
Cosa succede in Europa e Usa
Da qualche mese ormai i mercati scommettono su un cambio di direzione da parte della Federal Reserve, che nell’ultima riunione ha lasciato i tassi d’interesse invariati, dopo averli alzati per dieci riunioni consecutive. Negli Usa i tassi di interesse hanno superato in soli 14 mesi la quota del 5%, mettendo così a segno il ciclo di rialzi dei tassi più veloce degli ultimi 40 anni. Questi rialzi dei tassi hanno già parzialmente prodotto i loro effetti e probabilmente si ripercuoteranno sull’andamento economico del Paese: ci sono già stati segnali di instabilità tra le banche americane, mentre l’andamento del mercato del lavoro indica un leggero aumento della disoccupazione a maggio, anche se i nuovi posti di lavoro restano comunque al di sopra della media storica.
Anche in Europa siamo con tutta probabilità vicini al picco dei tassi. Nell’ultima riunione di giugno la Banca centrale europea ha alzato i tassi di altri 25 punti base e, probabilmente, farà altrettanto a luglio. In ogni caso anche qui i rialzi dei tassi hanno prodotto degli effetti: dati deludenti del prodotto interno lordo, oltre che numerosi segnali di riduzione dell’inflazione, motivi per cui ci si può aspettare di essere quasi al picco. Tuttavia, con tutta probabilità in Europa servirà aspettare più tempo rispetto agli Stati Uniti per assistere ad un taglio dei tassi.