di Dominic Rizzo e Paul Greene (T. Rowe Price)

Intelligenza artificiale generativa: la scommessa delle big tech

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L’intelligenza artificiale ha raggiunto un punto di svolta ed è pronta a trasformare il mercato.

Il tempo lo dirà, ma il 30 novembre 2022, il giorno in cui OpenAI ha lanciato Chat GPT, potrebbe essere considerato uno dei giorni più significativi nella storia dell’innovazione tecnologica, forse alla pari con la presentazione dell’iPhone da parte di Steve Jobs il 29 giugno 2007.

Ciò che ha reso Chat GPT particolarmente interessante è l’uso dell’elaborazione del linguaggio naturale e dei cosiddetti algoritmi generativi. Queste due branche dell’intelligenza artificiale consentono a Chat GPT di sintetizzare le informazioni che trova sul web, inserirle nel contesto della discussione in corso con l’utente e, quindi, riorganizzare le informazioni per fornire una risposta. Come indica il suo nome, l’IA generativa crea nuovi contenuti, anziché limitarsi ad aiutare la percezione e la comprensione umana, come accadeva con le forme precedenti di intelligenza artificiale.

Le principali società tecnologiche a grande capitalizzazione sono state colte di sorpresa dalla portata della risposta dei consumatori a Chat GPT. Il risultato è stato una sorta di “corsa agli armamenti” per acquisire nuove capacità legate all’intelligenza artificiale e perfezionare quelle esistenti.

L’intelligenza artificiale generativa non è economica

Di certo, i giganti della tecnologia hanno compiuto grandi passi avanti nello sviluppo dei modelli fondamentali dell’Intelligenza artificiale. Gli ingenti costi necessari per sviluppare e far funzionare le applicazioni di intelligenza artificiale sono cresciuti esponenzialmente a causa della loro complessità.

Secondo una stima attendibile, OpenAI costa un centesimo per ogni risposta di 30 parole a una domanda: una somma apparentemente piccola, ma che si accumula rapidamente quando il sistema ha milioni di utenti. Un ex esperto di IA di Google ha stimato in 100 milioni di dollari il costo per addestrare un modello omogeneo di soli test con 530 parametri. Non sono molte le aziende in grado di staccare assegni di questa entità, tra le poche c’è OpenAI, che viene sovvenzionata in modo massiccio dal suo partner Microsoft.

Inoltre, si prevede che l’inferenza, ovvero l’esecuzione del modello per rispondere alle domande degli utenti, sarà la parte più costosa in futuro. Ciò distingue l’intelligenza artificiale dalla maggior parte degli altri software, che possono aggiungere utenti a costi trascurabili. Questa non è non è necessariamente una buona notizia per i giganti tech.

È quindi preoccupante il peso che la corsa all’IA avrà sui bilanci delle mega-cap come Alphabet, Microsoft, Meta, Amazon.com e altri per rimanere competitive nel settore.

Alphabet sembra in prima linea

Tra i vantaggi nello sviluppo di questa nuova tecnologia indichiamo quelle aziende che dispongono di enormi set di dati proprietari, che possono utilizzare per i nuovi modelli. Per esempio, la società madre di Google, Alphabet, gode di particolari vantaggi in questo senso. Se si considerano tutti i dati di mappatura, degli app store e di rete, nonché quelli raccolti attraverso YouTube e con tutti gli altri prodotti scapiamo che si tratta di enormi serbatoi di dati estremamente preziosi da soli, ma ancora di più quando vengono combinati. L’integrazione tra i prodotti e gli utenti registrati crea insiemi di dati più puliti, e l’uso dei prodotti da parte dei clienti può a sua volta contribuire all’etichettatura automatica e al feedback umano.

Il dominio di Google è assicurato?

Le azioni di Alphabet hanno sofferto sulla scia del rilascio di Chat GPT, apparentemente in parte perché gli investitori hanno ipotizzato che la redditizia posizione dominante di Google nel mercato della ricerca su Internet avrebbe risentito della concorrenza di Chat GPT e di altri chatbot. In realtà, la ricerca di Google si evolverà fino a incorporare funzionalità di Artificial Intelligence più avanzate nel corso del tempo.

Tuttavia, rimangono ancora degli interrogativi sui potenziali ostacoli alla monetizzazione e ai costi per le query di ricerca che richiedono Large Language Models ad alta intensità di calcolo per le risposte generate dall’intelligenza artificiale.

L’esecuzione sarà importante, soprattutto perché la battaglia per la ricerca sarà combattuta sul terreno di casa di Google.
Potrebbe quindi rivelarsi come uno di quei casi noti come il “dilemma dell’innovatore“, un termine coniato da Clayton Christensen di Harvard per indicare la tendenza delle aziende che crescono in un nuovo mercato a perderlo o a essere disturbate da aziende più piccole. Questo perché le grandi aziende tendono a concentrarsi sul servizio ai clienti esistenti, mentre quelle più piccole e agili cercano di trovare nuovi clienti con nuove esigenze.

Gli altri operatori sul mercato

Sebbene abbia tenuto in gran parte nascosti i suoi sforzi nel campo dell’intelligenza artificiale, un altro player come Amazon può trarre vantaggio dal dominio del suo settore. Il più grande rivenditore online al di fuori della Cina dispone di un serbatoio ineguagliato di dati su come i consumatori si comportano e pensano, attraverso testi (recensioni di prodotti), indicazioni verbali (risposte all’assistente verbale Alexa), movimenti (dati sulla posizione) e acquisti di qualsiasi cosa, dai libri ai farmaci.

I progressi di Meta e Amazon nello sviluppo dell’informatica generativa non sono ancora chiari, anche se Meta ha svolto un ruolo importante nella creazione di una comunità open-source per l’intelligenza artificiale. Meta ha tutti gli strumenti per diventare un leader nell’intelligenza artificiale e riteniamo altresì che le enormi risorse di cloud computing e le capacità interne di Amazon nel campo dei semiconduttori le offrano un’opportunità unica per creare l’IA generativa e per metterla a disposizione del grande pubblico.