Secondo quanto rileva l’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio) nel 2022, grazie alle misure messe in campo dal governo, l’impatto dell’inflazione sulle famiglie è stato “tendenzialmente progressivo” a vantaggio delle famiglie meno benestanti, mentre nel 2023 l’aumento dei prezzi dei beni non energetici e la ricomposizione del mix di politiche compensative hanno prodotto “effetti complessivi debolmente regressivi”, con un impatto maggiore dunque dell’inflazione sulle famiglie meno ricche. Inoltre, l’Upb rileva il numero complessivo di percettori di reddito di cittadinanza dopo la riforma effettuata dal governo Meloni è calato notevolmente. Vediamo i numeri.
La riforma del reddito di cittadinanza
La riforma di Meloni, abbozzata lo scorso aprile, prevede il passaggio dal reddito di cittadinanza a due misure: l’Assegno di inclusione (Adi), definito nella norma la “misura nazionale di contrasto alla povertà”, e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), ovvero una “misura di attivazione al lavoro”.
Il primo è una vera e propria misura contro la povertà: un sostegno continuativo, sino a che ne permane la necessità, i cui importi assicurano agli interessati un livello minimo di sussistenza. E’ rivolto alle persone in gravi difficoltà economiche, che vivono in famiglie con minori, persone over-60 e persone con disabilità.
Per tutti gli altri cittadini in condizioni di povertà, invece, c’è il Sfl, che non è una misura contro la povertà, come indica lo stesso decreto, bensì un aiuto temporaneo, che dura solo 12 mesi, il cui ammontare perlopiù permette un’esistenza accettabile, erogato a condizione che l’utente partecipi a corsi di formazione o progetti utili a collettività. Non si tratta di una vera risposta alla povertà, sia perché è a tempo limitato sia per l’inadeguatezza delle somme erogate.
Reddito di cittadinanza, dopo la riforma calano i percettori
Dei quasi 1,2 milioni di nuclei familiari beneficiari del reddito di cittadinanza, circa 400.000 (33,6%) sono esclusi dall’assegno di inclusione perché al loro interno non sono presenti soggetti tutelati. Dei restanti circa 790.000 nuclei in cui sono presenti soggetti tutelati, circa 97.000 (poco più del 12%) risulterebbero comunque esclusi dalla fruizione dell’Adi per effetto dei vincoli di natura economica. Nel complesso, dunque, i nuclei beneficiari dell’AdI risulterebbero circa 740.000, di cui 690.000 già beneficiari di reddito di cittadinanza e 50.000 nuovi beneficiari per via della modifica del vincolo di residenza”. Secondo quanto rileva il rapporto Upb sulla politica di Bilancio.
Chi può beneficiare dell’Adi
Nel complesso, considerando anche le maggiori risorse derivanti dalla piena compatibilità tra Adi e assegno unico, ai nuclei precedentemente titolari del reddito di cittadinanza che riceveranno l’Adi andranno complessivamente risorse pari a 6,1 miliardi, con un aumento dei benefici di circa 190 milioni, mentre i nuclei precedentemente titolari di reddito di cittadinanza esclusi dall’Adi perderebbero 2,7 miliardi.
L’Upb ha stimato la distribuzione dei nuclei, distinti per presenza di soggetti tutelati, in funzione della variazione del beneficio complessivo. Nel complesso, i nuclei precedentemente beneficiari di reddito di cittadinanza che non accedono all’Adi sono circa il 42%, con una perdita media mensile di circa 460 euro. I nuclei familiari senza tutelati, che non prendono Adi, prendono in media circa 535 euro mensili.
I nuclei con disabili principali beneficiari della riforma
I nuclei con disabili sono quelli maggiormente avvantaggiati dalla riforma, con un aumento medio del beneficio di 64 euro mensili. I nuclei con minori (non disabili), che sono quelli maggiormente interessati dalla modifica del calcolo dell’importo base dell’Adi, per poco più della metà incrementano il beneficio complessivo è di 124 euro medi mensili e i restanti ricevono assegni inferiori (il 33,7%, perdendo circa 140 euro) o non ne ricevono affatto (il 13,7% dei nuclei, perdendo circa 194 euro mensili).
Gli anziani over-60 i più penalizzati
I nuclei con anziani over 60 (senza disabili e minori) sono invece quelli per cui la riforma influisce di meno sul beneficio. Circa il 71% dei precedenti beneficiari di reddito e pensione di cittadinanza risulterebbe indifferente rispetto alla riforma. Non mancano tuttavia, sempre secondo i dati di Upb, anche in questa tipologia nuclei che vedono ridurre il proprio assegno (il 10,4%, di 173 euro mensili) o che non lo percepiscono affatto (il 14,8%, perdendo 101 euro mensili). Considerando il complesso dei nuclei con anziani, mediamente, i benefici si riducono di circa 29 euro medi mensili. Non si riscontrano cambiamenti significativi nella distribuzione territoriale dell’Adi rispetto a quella del reddito di cittadinanza, rimanendo prevalentemente a favore dei nuclei residenti nel Mezzogiorno (65,8%, contro il 64% del reddito di cittadinanza).