Cosa sta succedendo realmente in Russia? Difficile dirlo. Sta di fatto che quanto accaduto nella giornata di sabato crea non pochi interrogativi sulla situazione nell’ex Unione Sovietica. Più che dare delle risposte, proviamo a farci le domande giuste.
Ci si sarebbe aspettato, innanzitutto, che dopo l’attacco interno di un gruppo di mercenari come quello della brigata Wagner, Putin se la prendesse con l’Occidente, dichiarando di aver alimentato l’azione del gruppo guidato da Yevgeny Prigozhin. Perché questo non è successo?
Non solo. Considerata la scarsa capacità bellica della brigata Wagner in rapporto alla potenza dell’esercito russo, perché non c’è stata alcuna ostruzione militare? L’avanzata verso Mosca dei mercenari di Yevgeny Prigozhin è stata una passeggiata più che un attacco al Cremlino. Un’azione tanto rapida ed indolore avrebbe potuto essere stata portata a termine soltanto con il perfetto accordo tra quelli della Wagner e l’esercito russo; ma se quest’accordo c’era, perché si sono fermati ad un passo dalla vittoria facendo tutti dietrofront?
Inoltre, perché Putin è stato così magnanimo da dichiarare di voler di fatto perdonare, senza alcuna ripercussione, i traditori della Wagner? E ancora, Prigozhin non è fuggito lontano da Mosca, si è rifugiato in Bielorussia. In pratica, il Paese più forte dal punto di vista dell’alleanza con Putin. Insomma, tutta questa serie di interrogativi, come possono essere interpretati?
Proviamo a farlo mettendoci fuori dagli schemi, partendo da un’altra domanda: chi ha guadagnato di più da quanto è successo?
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Il gruppo Wagner, fino a sabato sempre molto fedeli a Putin e altrettanto fedeli alle loro atrocità belliche, non avevano molto da guadagnare nel ribellarsi in quel modo. Senza l’appoggio dell’esercito russo sarebbe bastato l’attacco di pochi aerei di Putin per renderli inermi. Oltretutto, perché avrebbero dovuto avere una reazione così forte verso chi, fino a quel momento, aveva armato la loro mano? L’unico motivo che potevano davvero avere è che avessero certezza di restare illesi, nel corso dell’operazione militare, è di non avere ostruzione alcuna.
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L’Occidente, se fosse stato un golpe organizzato dall’esterno poteva avere avuto proprio dai servizi segreti americani ed europei il supporto necessario a raggiungere l’obiettivo finale. Ma se Putin rappresenta un interlocutore difficile, il capo della Wagner, dipinto sempre come una scheggia impazzita di un’armata di mercenari, avrebbe rischiato di essere ancor meno attendibile ed equilibrato dello stesso Putin.
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Putin. A guardarla oggi, il capo di Stato russo rischia di uscire da trionfatore da ciò che è accaduto sabato scorso. Ha sedato la rivolta senza spargimenti di sangue; si è dimostrato magnanimo nei confronti dei suoi avversari del momento lasciandoli liberi di fare dietrofront; ha dimostrato al suo popolo di essere in grado di tener testa in maniera molto efficiente anche ad eventuali attacchi dall’interno, scoraggiando, magari, altri che volessero provarci successivamente.
Insomma, per concludere, analizzando i fatti, l’unico vero vincitore sembrerebbe proprio Putin che, se avesse potuto disegnare una situazione come quella generatasi sabato scorso, lo avrebbe sicuramente fatto.
Ma resta un ultimo dubbio: perché Putin avrebbe avuto la necessità di creare una tale messinscena? Quali reali debolezze interne, soprattutto interne, aveva necessità di coprire?