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Inflazione, quali società ci guadagnano in borsa?

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Da almeno un anno e mezzo l’inflazione rappresenta uno dei temi dominanti nelle discussioni inerenti all’economia e ai mercati finanziari. L’aumento eccessivo dei prezzi è un problema che le banche centrali stanno contrastando con corposi rialzi dei tassi di interesse, seppur con risultati fin qui contrastanti.

Tuttavia, viene da chiedersi se l’inflazione non possa aver rappresentato anche un fattore parzialmente positivo per alcune società quotate in borsa.

Ecco un’analisi in merito.

Le banche centrali fissano il target di inflazione al 2%

Un aumento moderato dei prezzi è ritenuto necessario dalla gran parte degli esperti per sostenere l’espansione dell’economia. Tuttavia, un’accelerazione nel ritmo con cui i prezzi salgono può diventare dannoso per diversi motivi.

Ad esempio, rende più difficili le decisioni di consumo e investimento, erode il potere d’acquisto e i risparmi, aumenta i costi per chi si deve indebitare e rappresenta una tassa iniqua, che colpisce più duramente i meno abbienti.

Motivi per cui la Bce e le altre banche centrali perseguono l’obiettivo di stabilità dei prezzi, fissando un target ottimale di crescita dei prezzi, intorno al 2%.

La crescita dei prezzi può essere un’opportunità per alcune aziende

Ragionando in ottica di investimento azionario, ci sono comunque delle asset class che tendono a performare meglio delle altre in fasi di inflazione elevata.

In generale, saranno favorite quelle aziende che dispongono di una maggiore capacità di determinazione dei prezzi e che riescono a trasferire gli aumenti dei costi di produzione sui clienti finali. Discorso che vale meno, ad esempio, per le società le cui entrate sono regolamentate (come le utilities).

I settori ciclici e quelli legati alle materie prime possono rappresentare una buona copertura contro l’aumento dell’inflazione, così come le banche in quanto l’aumento dei tassi di interesse (legato anche alle politiche monetarie più restrittive delle banche centrali, in risposta all’aumento dei prezzi) ha riflessi positivi sui margini degli istituti.

Altri fattori rilevanti sono la disponibilità dei beni e l’elasticità della domanda. Per esempio, i consumi discrezionali verranno presumibilmente penalizzati in fasi di elevata inflazione, mentre quelli di prima necessità, ma anche quelli di lusso, continueranno probabilmente ad essere acquistati.

L’andamento dei prezzi in Italia

Osservando la serie storica dell’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale, si nota come l’inflazione in Italia si sia attestata sopra il 2% fin dal settembre 2021.

Da quel momento in poi, l’indicatore ha subito una crescita vertiginosa, che lo ha portato in poco più di un anno fino ad un picco dell’11,8%, registrato a ottobre e novembre del 2022.

Dopodiché l’inflazione ha cominciato a rallentare parzialmente, seppur con un ritmo incostante, fino al 6,4% comunicato oggi dall’Istat. Valori ancora ben lontani dagli obiettivi di crescita dei prezzi ritenuti sostenibili.

Le società del Ftse Mib che sono salite di più da quando l’inflazione è aumentata

Analizzando le performance delle società attualmente appartenenti al Ftse Mib, l’indice di Piazza Affari che raccoglie le 40 società più importanti in termini di capitalizzazione e liquidità, emerge che le cinque società migliori dal settembre 2021 ad oggi sono state le seguenti:

  • Unicredit (+78%);
  • Ferrari (+59%);
  • Banco Bpm (+50%);
  • Leonardo (+46%);
  • Tenaris (+42%).

Sarebbe ovviamente riduttivo legare l’andamento di queste società al rialzo dell’inflazione, poiché ognuna presenta delle specificità che hanno contribuito ai rispettivi rialzi. In ogni caso, alcuni degli aspetti accennati in precedenza hanno concorso a determinare un contesto favorevole per qualcuna di queste.

Ad esempio, i titoli del settore bancario hanno beneficiato dei rialzi dei tassi e dei miglioramenti dei margini, riportando risultati sopra le attese che hanno consentito di alzare i target economico-finanziari. Questo, pur ricordando particolarità come il maxi piano di remunerazione degli azionisti lanciato da Unicredit o le speculazioni su eventuali aggregazioni che da tempo coinvolgono Banco Bpm. Anche Bper ha guadagnato all’incirca il 39% nel periodo in esame.

Per quanto riguarda Ferrari, vale in parte il discorso relativo ai beni di lusso, la cui domanda tendenzialmente non risente in maniera particolare dell’inflazione. Per quanto riguarda Leonardo, i titoli della difesa hanno beneficiato anche del contesto di tensioni geopolitiche, aggravato dall’invasione russa in Ucraina. Anche Tenaris è stato parzialmente sostenuto dallo scenario macro, che supporta gli investimenti in Oil&Gas per soddisfare la domanda globale, attesa ancora in crescita.