di Carlo Benetti (GAM)

Markowitz, settant’anni e non sentirli

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Nel marzo 1952, il Journal of Finance pubblicò l’articolo dal titolo “Portfolio Selection”, scritto da un dottorando dell’Università di Chicago, Harry Markowitz, classe 1927, il pioniere della Moderna Teoria del Portafoglio che si è spento a San Diego lo scorso 22 giugno.

Markowitz non era un esperto di finanza, i suoi interessi erano la statistica e la modellizzazione matematica. Mentre stava pensando all’argomento su cui discutere la tesi di dottorato, gli capitò di parlare con un broker azionario che gli suggerì di applicare quei modelli alla finanza, lavorando ad esempio sulla massimizzazione del rendimento a parità di rischio o, al contrario, la minimizzazione del rischio tenendo fermo il rendimento atteso.

La sua dissertazione dimostrava i vantaggi della diversificazione degli investimenti, da lì a qualche anno avrebbe rovesciato il modo in cui pensiamo ai mercati finanziari e alla selezione dei portafogli.  L’articolo ha portato Markowitz al premio Nobel nel 1990.

Il concetto di diversificazione è antichissimo, ma Markowitz fece un enorme passo avanti indicando con precisione quali e quante uova riporre in quali panieri, segnò il passaggio dall’epoca “ante Markowitz”, quando il rischio era solo un concetto (azioni più rischiose delle obbligazioni), a quella “dopo Markowitz”, quando il rischio divenne un numero, misurabile e, dunque, gestibile. Non lo si può estromettere, come in molti hanno creduto dal 2000 fino al doloroso risveglio nel 2007, ma lo si può governare.

Al cuore della moderna teoria del portafoglio c’è la relazione tra il rischio e il rendimento, Markowitz fu il primo a dimostrare che il rischio complessivo di un portafoglio non dipende dalla rischiosità dei singoli titoli ma dalla loro relazione o, meglio, dalla loro correlazione, cioè dal movimento relativo di un titolo in funzione del movimento di un altro titolo.

Il lascito intellettuale di Markowitz aiuta ad affrontare la seconda metà dell’anno che si apre su un’ampia divergenza di opinioni. Alla tradizionale diade di opposti, quella di compratori convinti che i prezzi aumenteranno e di venditori che la pensano all’opposto, si aggiungono le opinioni divergenti degli analisti e dei commentatori.

A Sintra, il mantra ripetuto dai banchieri centrali è stato “i tassi continueranno a salire” almeno fino a quando si vedrà l’inversione nei movimenti di rialzo dei prezzi. In gioco c’è la credibilità delle banche centrali, ammaccata dalla risposta tardiva all’inflazione e da errori nella comunicazione.

Il consenso diffuso è che Fed, BCE e Banca d’Inghilterra aumentino i tassi ancora un paio di volte nei prossimi mesi, la tenuta del mercato del lavoro e dei salari sembra spostare ancora in avanti il rallentamento dell’attività economica, ma c’è chi dice apertamente che è ora di dichiarare superato l’allarme recessione, se ne parlerà nel 2026, nel frattempo la festa dei listini può continuare. È una previsione ardita che non tiene conto che mercato del lavoro e inflazione sono dati “ex post”, mentre il rallentamento dell’impulso al credito negli USA è un indicatore predittivo,

Rallenta anche l’economia cinese, l’attività manifatturiera mostra segni di debolezza. Il valore del PMI di giugno è stato di 49,0, terzo mese consecutivo nell’area della contrazione, sotto la soglia di 50. Anche le esportazioni a maggio sono diminuite del 7,5% anno su anno.

In uno scenario dove gli esiti possibili sono molteplici e tra loro molto diversi, il vero “safe haven” non è in una classe di attivo ma nel portafoglio bilanciato, nella diversificazione non ingenua di Markowitz. Il passaggio della metà anno vede l’economia globale e i mercati alle prese con il superamento di un nuovo promontorio, la manovra non è ancora completa, non si vede cosa si nasconda dietro la sporgenza della costa.

Se nel lungo termine le prospettive del settore tecnologico rimangono intatte nel breve termine potremmo assistere a rotazioni settoriali causate dalle forti differenze di valutazione e le azioni potrebbero perdere valore relativo a favore delle obbligazioni che restituiscono valore ed efficacia alle strategie multi-asset e capaci di flessibilità, con approcci pragmatici e non dogmatici.

Gli investitori ricordino sempre l’insidia della diversificazione ingenua, è una delle raccomandazioni di Harry Markowitz ai risparmiatori “fai da te”: “una adeguata diversificazione tra rischi non correlati può ridurre il rischio del portafoglio ma gli esperti sanno che ciò non è vero in un portafoglio di rischi correlati”.