*Richard B. Hoey e’ Chief Economist di The Bank of New York Mellon Corporation. Questo documento e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come
definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
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(WSI) – Che cosa sta succedendo e perché? A nostro giudizio, i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine si stanno normalizzando verso un nuovo margine di contrattazione in qualche modo più alto, per due ragioni principali. Primo, le aspettative sul futuro orientamento di politica monetaria della Fed sono mutate dato che è sempre più evidente che il rallentamento delle scorte industriali è giunto al termine e che i mercati del lavoro restano su livelli relativamente ristretti persino dopo quattro trimestri di crescita economica sotto la pari. In secondo luogo, si è in parte dissolto l’enigma dei bassi rendimenti delle obbligazioni high-grade.
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Sono ancora in atto speciali forze sul fronte dell’offerta e della domanda che in qualche modo limitano le pressioni cicliche al rialzo sui rendimenti obbligazionari a lungo termine in tutto il mondo, inclusi significativi incrementi nei fondi investibili a livello mondiale, la riduzione dei deficit di bilancio in molti paesi, una domanda debole di finanziamenti ipotecari, un’abbondante liquidità delle imprese e la domanda potenziale dei fondi pensione.
Tuttavia, l’equilibrio di queste forze non è così solido come prima. I mercati iniziano a scontare una tendenza verso la diversificazione da parte dei governi che investono riserve valutarie in eccesso in attività diverse dai titoli di stato. Anche se la proporzione dei saldi positivi delle partite correnti reinvestiti in titoli di stato si riduce, comunque, le dimensioni dei fondi investibili rispetto alla nuova offerta di obbligazioni high-grade continuano ad essere piuttosto consistenti.
Riteniamo che il recente incremento dei tassi di interesse sia attribuibile più a ridotte aspettative di un serio indebolimento dell’economia negli Stati Uniti che ai timori di un aumento dell’inflazione. Ciò che è avvenuto è un incremento dei rendimenti obbligazionari reali, più che dell’inflazione o delle aspettative inflazionistiche. A nostro parere, questo incremento nei rendimenti reali dovrebbe rivelarsi meno rischioso per l’economia e i mercati rispetto a un aumento dell’inflazione e delle aspettative inflazionistiche, in quanto è meno probabile che generi una politica monetaria ostile alla crescita economica. Inoltre, è più in linea con un dollaro relativamente stabile piuttosto che con un aumento dei tassi di interesse causato dall’inflazione.
Gli ultimi dati vanno sempre più a sostegno della tesi secondo cui il recente rallentamento economico porterà probabilmente ad una nuova crescita, più che ad una recessione. Ora che il settore dell’edilizia residenziale è calato notevolmente, il suo tasso di flessione sarà meno consistente. I consumi reali sensibili ai prezzi della benzina dovrebbero crescere per un po’ di tempo a un ritmo inferiore, ma è meno probabile che scatenino una debolezza economica più generalizzata, ora che il rallentamento delle scorte industriali si sta attenuando. Anche gli ordini di beni strumentali si sono rafforzati dopo la debolezza registrata nei primi mesi dell’anno.
Gli effetti negativi dell’edilizia abitativa sulla ricchezza non hanno più di tanto influito sulla spesa per consumi negli ultimi due trimestri, quando gran parte della crescita del reddito era concentrata nelle fasce più alte, e il mercato azionario era a livelli considerevolmente alti. In mancanza di ripercussioni negative di rilievo sui consumi, la debolezza dell’edilizia abitativa (un settore interno) non ha creato ostacoli significativi oltremare, dove molte economie erano ancora stimolate dal precedente allentamento monetario.
La recessione dell’edilizia abitativa non ha generato finora una grande debolezza dell’occupazione. La situazione effettiva del mercato del lavoro è in qualche modo incerta data la scarsità di dati statistici sui cambiamenti occupazionali per i lavoratori privi di documenti, la revisione al ribasso della crescita dell’occupazione nel terzo trimestre 2006 e una crescita ridotta dell’occupazione nei dati sui redditi delle famiglie (“household survey”) rispetto a quelli delle rilevazioni ufficiali dei dati salariali (“payroll survey”).
E’ probabile che negli Stati Uniti si registri una crescita economica sopra la media nel secondo trimestre 2007, dato che il tasso di flessione dell’edilizia residenziale dovrebbe rallentare, l’accumulo delle scorte e le esportazioni nette dovrebbero rimbalzare, e l’edilizia non residenziale dovrebbe espandersi.
Le prospettive per la domanda finale negli Stati Uniti nel secondo semestre sono invece più ambigue. Abbiamo previsto un rallentamento di metà ciclo della durata di circa un anno e mezzo e non siamo del tutto convinti che il rallentamento sia finito dopo solo un anno. Anzi, prevediamo uno schema più complesso con una crescita del PIL reale sopra la media nel secondo trimestre, seguita molto probabilmente da una crescita della domanda finale inferiore alla media nella seconda metà del 2007.
Sostenuta da un rimbalzo delle scorte, la crescita complessiva del PIL reale sarà prevedibilmente solo leggermente inferiore alla media nel secondo semestre del 2007. Mentre prevediamo uno schema ad L per l’edilizia abitativa, questo settore potrebbe registrare un periodo di flessione più prolungato a un ritmo più moderato, in un contesto di incremento dei tassi ipotecari che dovrebbe aumentare la difficoltà ad assorbire rapidamente l’eccesso di abitazioni e condomini disponibili.
In base alle previsioni di consensus, la politica monetaria della Fed per il resto del 2007 sarà neutrale. Riteniamo che questa visione sia ragionevole. Le argomentazioni contro un allentamento sono legate al fatto che il mercato del lavoro non ha registrato una grande flessione, le tensioni sui mutui subprime non hanno portato ripercussioni consistenti, il ciclo delle scorte sta per invertire la tendenza e l’inflazione, compresi generi alimentari ed energia, è ancora su livelli elevati. Contro una stretta monetaria l’argomentazione è che l’inflazione inerziale sta diminuendo lentamente e che è prematuro concludere che la recessione dell’edilizia abitativa sia giunta al termine.
Il nostro timore è che il rischio di una ben peggiore recessione dell’edilizia abitativa potrebbe aumentare se la Fed dovesse inasprire la politica monetaria prima di una stabilizzazione di questo settore. Ci aspettiamo che un’ulteriore stretta si verificherà all’estero piuttosto che negli Stati Uniti, dato che la politica monetaria globale è stata più incentivante rispetto a quella statunitense.
A nostro giudizio c’è stata una leggera inversione al rialzo nel margine di contrattazione a breve termine per i rendimenti obbligazionari nell’ambito di una più prolungata tendenza neutrale nel lungo termine. E con “prolungata” intendiamo che la tendenza a lungo termine durerà dieci anni o più. Nel mercato obbligazionario, si sono alternati nel corso di decenni periodi prolungati di fasi al ribasso e fasi al rialzo. A nostro parere, le variazioni nella politica monetaria delle banche centrali sono la chiave di queste tendenze.
La “prolungata fase rialzista” del mercato obbligazionario, cominciata nel 1981 con i rendimenti dei titoli di stato statunitensi a 10 anni al 16%, è iniziata dopo che la Fed, con la presidenza di Paul Volcker, prese una decisione chiara per fermare l’ascesa dell’inflazione. Si è conclusa, con un ribasso di quasi 1.300 punti base in 22 anni, a un rendimento del 3,1% per i titoli di stato a 10 anni nel giugno 2003, dopo che la Fed prese una decisione chiara al fine di prevenire la deflazione.
A nostro giudizio, la prolungata fase rialzista del mercato obbligazionario e la prolungata tendenza al ribasso dell’inflazione e dei rendimenti si è conclusa quattro anni fa. La ragione per cui per il futuro prevediamo una prolungata tendenza neutrale, anziché un prolungato incremento dell’inflazione e dei rendimenti obbligazionari, risiede nel fatto che, a nostro parere, le banche centrali non ripeteranno gli errori di politica monetaria degli anni ’70, che hanno generato un persistente rialzo dell’inflazione fino all’inizio degli anni ’80. I banchieri centrali ricordano i propri errori degli anni ’70, per cui è improbabile che li ripeteranno oggi.
Ci attendiamo una “prolungata tendenza neutrale” per il mercato obbligazionario, con rendimenti dei titoli di stato statunitensi a 10 anni che ruotano intorno a un centro di gravità all’incirca tra il 4,5% e il 5,5% per i prossimi dieci o vent’anni, sulla base della nostra previsione di una tendenza inflazionistica neutrale di lunga durata, in media tra il 2% e il 2,5%. Il centro di gravità per il mercato obbligazionario neutrale che ci aspettiamo nei prossimi anni si dimostrerà in linea con il rendimento medio dei titoli di stato statunitensi a 10 anni dell’ultimo decennio, con una media leggermente inferiore al 5%. In seguito al rimbalzo iniziale rispetto ai livelli minimi raggiunti dai rendimenti obbligazionari quattro anni fa, non prevediamo che i rendimenti a lungo termine registreranno aumenti o diminuzioni di rilievo nel tempo.
Questo articolo riflette le opinioni di Richard Hoey, Chief Economist di The Bank of New York Mellon Corporation, sullo scenario economico e non costituisce un consiglio di investimento né una previsione della futura performance del mercato.
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