Wall Street vacilla e, scontando i timori legati alla debolezza del mercato immobiliare e del peggioramento delle condizioni del mercato del credito, chiude gli scambi in territorio negativo registrando la seconda peggior seduta dell’anno dopo il tonfo del 27 febbraio dovuto al panico innescato dallo scivolone del 10% della Borsa di Shanghai. L’indice Dow Jones, che ha toccato una flessione massima del -3,26% (pari a 450 punti), recupera parte delle perdite (150 punti) e si attesta a quota 13.473,57 (-2,26%). Il Nasdaq cede l’1,84% (a quota 2.599,34), ritornando per la prima volta da fine giugno sotto i quota 2.700, mentre lo Standard & Poor’s 500 si attesta a 1.482,66 punti (-2,33%).
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SI SCHIANTA TUTTO (apocalypse now)
A una settimana esatta dall’ultimo record del Dow Jones, il clima sembra decisamente cambiato a Wall Street, con gli indici che pagano il timore che l’economia americana si trovi di fronte a un ‘credit crunch’, la crisi del mercato del credito dal quale le società traggono gran parte dei propri finanziamenti. Insufficiente liquidità che a sua volta rischia di far lievitare i crac aziendali e dare una sforbiciata agli utili delle imprese.
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Soprattutto, si teme la gelata delle operazioni di fusione e acquisizione, che spesso si basano sulla leva finanziaria: sono state il principale motore del rally di Wall Street degli ultimi mesi, e secondo gli analisti sono a rischio operazioni per 200 miliardi di dollari. I segnali ci sono tutti: innanzitutto, osservano diversi analisti, c’é la scintilla che rischia di accendere il temuto credit crunch, ossia quella crisi del settore subprime (i mutui ad alta remunerazione ed elevato rischio di insolvenza) nata sull’onda della frenata immobiliare, oggi confermata dallo scivolone del 6,6% delle vendite di abitazioni negli Usa (era atteso un ben più contenuto -2,7%).
Per diversi operatori, la frenata dei subprime sta toccando anche altri finanziamenti immobiliari meno rischiosi, con conseguenze preoccupanti per l’intero comparto del credito, perché i mutui sono stati a suo tempo cartolarizzati ripartendo il rischio fra una miriade di investitori che hanno sottoscritto obbligazioni che utilizzano proprio quei mutui come collaterale, cioé a garanzia. L’altro segnale preoccupante è il balzo ai massimi di due anni dei tassi dei credit default swap, con cui si ‘assicurano’ le obbligazioni societarie. Basta il solo dubbio che questo scenario possa confermarsi per innescare una corsa a vendere a New York, ma anche nelle altre principali borse mondiali a partire dall’Europa.
Ad affossare il Dow Jones, dove solo Procter & Gamble sui 30 titoli del paniere chiude in rialzo, +0,43% a 63,25 dollari, contribuisce Exxon Mobil, il primo gruppo al mondo per valore di Borsa, che perde il 4,91% (a 88,23 dollari) dopo aver registrato un calo dell’1% degli utili a causa della minore produzione e dei prezzi del greggio. La maglia nera del Dj va al colosso dell’alluminio Alcoa (-7,11% a 38 dollari), ma vanno male anche Gm (-4,54% a 32,2 dollari) e Citigroup (-2,92% a 47,81 dollari). A cedere terreno sono banche e società finanziarie, con il sotto-indice S&P 500 Financials ai minimi degli ultimi 10 mesi appesantito da Bank of America (-1,46% a 47,23 dollari), Jp Morgan (-2,63% a 44,08 dollari).
Continuano a essere punite dagli investitori le società del comparto immobiliare: il numero dell’edilizia residenziale, D.R. Horton (-1,83% a 17,16 dollari) scivola per la prima trimestrale in rosso degli ultimi dieci anni; Beazer, altro operatore del settore, perde l’8,37% (a 146 dollari) a causa delle perdite del trimestre. Soffrono pure le aziende i cui utili sono collegati all’immobiliare, come i due produttori di articoli per l’ufficio Office Depot (-6,18% a 27,16 dollari) e Staples (-2,49% a 23,49 dollari).
In totale controtendenza con il resto del mercato, brillano invece a Wall Street Apple e Ford. La prima vola di oltre il 6% (+6,37% a 146 dollari, nuovo record assoluto di chiusura) dopo aver annunciato vendite trimestrali in rialzo del 24% a 5,41 miliardi, ben al di sopra delle previsioni degli analisti, e aver venduto 270.000 iPhone nel primi due giorni del lancio. La seconda casa automobilistica statunitense, guadagna l’1,51% (a 8,09 dollari) dopo aver stupito gli analisti mettendo a segno la prima trimestrale in utile degli ultimi due anni.
A titolo di cronaca ripresentiamo l’articolo di WSI pubblicato circa 2 ore prima della chiusura:
Continuano a spingersi al ribasso i listini azionari americani, pressati dalle rinnovate tensioni sull’industria del credito, dalla difficile situazione del comparto immobiliare e dal forte avanzamento del greggio. A meno di due ore dalla chiusura l’S&P500 arretra del 2.44% a 1481, il Nasdaq cede il 2.38% a 2585.
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SI SCHIANTA TUTTO (apocalypse now)
Il forte ribasso intraday ha causato una violazione di importanti supporti tecnici per i tre listini principali; al Nyse e’ addirittura scattato il blocco automatico delle vendite. Si tratta di una situazione simile a quella verificatasi lo scorso marzo quando i timori sulle conseguenze della crisi dei mutui subprime (i prestiti a individui a rischio di insolvenza) con possibile effetto domino sull’intera economia degli Stati Uniti avevano messo in allerta gli operatori.
Il posticipo dell’operazione di Leveraged BuyOut condotta dal gruppo di private equity Cerberus Capital su Chrysler ([[DCX]]), a causa dell’incapacita’ delle banche d’affari a finanziare il progetto (non si reisce a vendere 12 miliardi di bond con un mercato come l’attuale) ha risollevato gli stessi timori, e cioe’ che il comparto del credito possa costituire una minaccia per gli altri settori, il che ridurebbe il volume di M&A che ha fatto da catalizzatore ai rialzi in borsa fino a questo momento.
Il fallimento dei due fondi gestiti da Bear Stearns ([[BSC]]) particolarmente esposti al business dei mutui subprime, associato alla difficile situazione del comparto immobiliare, evidenziata dagli ultimi dati sulle vendite di case, aggravano la situazione.
A completare il quadro negativo di oggi e’ il forte avanzamento delle quotazioni di materie prime energetiche, con il petrolio arrivato a “flirtare” con la soglia dei $77 al barile dopo che i dati settimanali di ieri hanno mostrato una nuova flessione delle scorte. I futures con consegna settembre al momento segnano un progresso di 94 centesimi a $76.92.
Ulteriori preoccupazioni giungono dalla trimestrale del colosso petrolifero Exxon Mobil ([[XOM]]) che ha riportato sorprendentemente un deludente bilancio fiscale, il primo da oltre un anno. Il titolo arretra di oltre tre punti percentuali. Tra gli altri titoli del Dow Jones, a riportare forti perdite sono anche Alcoa ([[AA]]) (-5%) e Citigroup ([[C]]) (-4%).
Soffre anche il comparto tecnologico, nonostante i buoni bilanci fiscali comunicati dal colosso informatico Apple ([[AAPL]]) e dalla societa’ di infrastrutture network Qualcomm ([[QCOM]]). Il titolo del produttore di iPod e dell’iPhone e’ in controtendenza e in progresso di oltre il 7%. In buon rialzo anche le azioni della societa’ di software per la protezione dei computer Symantec ([[SYMC]]).
A livello settoriale le migliori performance sono segnate dai comparti: Trucking +1.8%, Computer Hardware +1.6%, Industrial Gases +0.9%, Household Products +0.8%, e Education Services +0.6%. In maggiore ribasso: Tires & Rubber -10.1%, Real Estate Management & Development -6.7%, Aluminum -5.9%, Diversified Metals & Mining -5.0%, e Homebuilding -4.8%.
Alle 12.30 E.T. il volume di scambio e’ di 848 milioni di pezzi al NYSE e 1279 milioni al Nasdaq. I titoli in rialzo contro quelli in ribasso sono 289 a 2962 al Nyse e 493 a 2417 al Nasdaq. I nuovi massimi contro i nuovi minimi delle ultime 52 settimane sono: 10 a 468 al NYSE e 10 a 181 al Nasdaq.
I trader monitorano anche il mercato dei Treasury, dove i prezzi sono in pieno rally a causa del selloff a Wall Street, mentre i rendimenti sono scivolati sotto alla quota psicologica del 5%. Il 10 anni e’ su di 24/32esimi, con uno yield di 4.80%, il T-Bond a 30 anni e’ in rialzo di 30/32esimi, con il tasso al 4.96%.
“In effetti tutte le merger e i buyout in corso sono a questo punto rinviati”, dice un broker di New York, “per cui la liquidita’ sul mercato secondario degli spread si sta prosciugando”. In sostanza i trader lasciano in queste ore la borsa e si rifugiano sui bond del governo americano. Almeno fin quando il mercato del credito non risolvera’ gli attuali squilibri dovuti alla crisi del settore immobiliare.
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