Ancora una giornata pesante per Wall Street dove gli indici, dopo l’altalena iniziale, cedono nell’ultimo quarto d’ora e chiudono in territorio negativo per le turbolenze del mercato del credito, snobbando tra l’altro il dato sul Pil del secondo trimestre migliore delle attese.
Il Dow Jones termina in calo dell’1,54% (a 13.265,47 punti, il Nasdaq perde l’1,43% (a quota 2.562,24) mentre lo Standard & Poor’s 500 si attesta a 1.458,95 punti (-1,60%). E’ stata la peggiore settimana in termini di calo percentuale in 5 anni (dal settembre 2002) per lo S&P 500, mentre con 585 punti persi in 5 sedute il DJIA non performava cosi’ male dal luglio 2002. Nel dettaglio il Dow Jones Industrial Average ha perso negli ultimi 5 giorni -4.2% (519 punti persi tra giovedi’ e venerdi’) ed e’ ora 5.2% al di sotto del massimo storico di 14,000.41 toccato il 19 luglio. Il Nasdaq Composite incassa una perdita settimanale di -4.7% con una perdita totale del 5.8% dal top. Peggio di tutti il benchmark S&P500 con -4.9% per la settimana e -6.2% dal massimo. Ad un primo calcolo lo S&P 500 ha perso $300 miliardi di capitalizzazione.
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Il mercato “allargato” da’ segni ancora piu’ preoccupanti, infatti quella appena archiviata e’ stata la peggiore settimana per l’indice Russell 2000 (small cap) addirittura dal settembre 2001, il mese dell’attacco alle Due Torri. A fine seduta il volume di scambio ha fatto segnare 2.2 miliardi di pezzi passati di mano al New York Stock Exchange e di 2.7 miliardi al Nasdaq. I titoli in ribasso hanno battuto quelli in rialzo per 2 a 1 al Nyse e per 11 a 5 al Nasdaq. Da giovedi’, dopo la forte pioggia di vendite che ha visto il Dow Jones chiudere con una perdita di 311.5 punti, i listini stanno continuando a cedere terreno pressati da un mix di elementi negativi che vanno dalla crisi dell’industria del credito alle deludenti trimestrali comunicate dalle societa’ costruttrici, dai cattivi dati macro sul comparto immobiliare, al rialzo del greggio oltre i $77 al barile.
I timori di una gelata dell’intero settore hanno scosso le borse mondiali sulle attese di una frenata delle operazioni di acquisizioni e di cessioni a causa del rischio di un ‘credit crunch’, cioé carenza di liquidità sui mercati. Infatti il fondo neo-quotato di private-equity Blackstone Group LP [[(BX)]] e’ arretrato venerdi’ in una sola seduta -5.45%, ed e’ giu’ di circa -20% dall’Ipo avvenuto poche settimane fa.
Ad accentuare il pessimismo, Cadbury Schweppes [[(CSG)]] rinvia la scadenza per la vendita di 7Up e Dr Pepper, e delle restanti attività statunitensi nel settore delle bevande, a causa della ‘estrema volatilita’ del mercato del credito.
Oltre a Cadbury, altri segnali giungono ad esempio dal private equity Kohlberg Kravis Roberts, che oltre a congelare il piano di quotazione, non riesce a trovare finanziatori disposti a sottoscrivere bond per 10 miliardi di dollari per l’acquisizione di Alliance Boots. I fondi proprietari della catena inglese di negozi di abbigliamento New Look Group, poi, rinviano un progetto di rifinanziamento del debito della società.
L’intera seduta e’ stata contrassegnata da nuovi Rumors sulla possibile crisi di parecchi hedge funds, il che ha amplificato l’effetto “fuga verso la qualita’” da parte degli investitori, verso i Treasuries e fuori dall’azionario, come e’ accaduto per tutta la settimana. “Sarebbe soprendente se non ci fossero hedge funds in crisi, visto il recento aumento della volatitilita’”, dice un broker del New York Stock Exchange. Uno dei nomi che si fanno con maggior insistenza e’ quello dell’hedge fund australiano Basis Capital.
A soffrire di più, proprio per questo motivo, sono stati i titoli finanziari e assicurativi come Citigroup [[(C)]] (-1,76%), American Express [[(AXP)]] con -2.8%, American International Group e Fannie Mae [[(FNM)]], il colosso dei mutui, che accusa le più forti perdite dal 2005.
Nella prima parte della seduta, gli indici hanno avuto oscillazioni tra modesti ribassi e cauti guadagni, alla luce dell’accelerazione del Pil Usa.
Nel secondo trimestre si è registrato un tasso di crescita del 3,4%, il ritmo più veloce da oltre un anno (dal +0,6% del primo trimestre), mentre appaiono in rallentamento i prezzi al consumo. L’indice, calcolato all’interno della statistica sul Pil, è salito del 2,7%, rallentando rispetto al +4,2% dei tre mesi precedenti, contro la stima degli analisti di un +3,4%. L’indice ‘core’ – calcolato al netto dei prodotti alimentari ed energetici e monitorato con particolare attenzione dalla Federal Reserve – ha segnato un rialzo dell’1,4%, il più basso dal 2003.
Tra i singoli titoli, vanno male soprattutto quelli di società al centro dei Rumors su possibili scalate ostili che ora, invece, potrebbero sfumare. Così vanno giù Marsh & McLennan (-4,22%), Wyndham Worldwide (-3,4% a 33,76 dollari). In controtendenza Ford Motor [[(F)]] (+1,73%) premiata dall’upgrade a ‘neutral’ da ‘sell’ espresso da Merrill Lynch dopo che la casa automobilistica ha chiuso per la prima volta un trimestre in utile dopo sette trimestri di conti in rosso.
Nonostante la peggiore performance settimanale per Wall Street in diversi anni, la maggior parte degli operatori a New York deve continuare ad esprimere opinioni ottimistiche sul futuro del mercato azionario. “Non c’e’ modo di dire cosa succedera’ nel giorno per giorno, settimana per settimana o anche mese per mese”, commenta David Katz, chief investment officer di Matrix Asset Management; “ma se un investitore ha un orizzonte di sei mesi/un anno, come dovrebbe essere, nel breve termine probabilmente noi scaleremo un po’ il volume di scambi, per poi ricominciare a comprare e incassare cosi’ i guadagni per l’anno prossimo”.
Il momento cruciale per Wall Street sara’ lunedi’, se arriveranno ulteriori segnali che la liquidita’ finora assorbita dalle mergers & aquisitions e dai private equity e’ veramente evaporata. Per mesi, ogni lunedi’ (“merger Mondays”) la borsa di New York era stata il teatro per una sfilza euforica di affari miliardari sbandierati in un crescendo senza fine. Non piu’. Dall’altra parte del piatto di questa bilancia, adesso, c’e’ quella possibile fatidica correzione del 10% degli indici di Borsa che da troppi anni non si vede sul mercato e che i broker piu’ saggi invece considerano, ogni tanto, salutare.
Sugli altri mercati, i futures del greggio si sono impennati fino a $77.02 al barile, il livello piu’ alto dalla meta’ di agosto del 2006. Il contratto e’ salito 2.8% nella sola seduta di venerdi’.
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