L’Italia cresce di meno. Questo è, in estrema sintesi, quanto emerge dai dati comunicati quest’oggi dall’Istat sul Pil. Nel secondo trimestre 2023, il Prodotto Interno Lordo, è diminuito dello 0,3% rispetto al primo trimestre 2023. È aumentato, però, dello 0,6% in termini tendenziali.
Contestualmente rallenta anche l’inflazione, che a luglio, almeno secondo i dati provvisori, risulta essere passata al +6% rispetto al +6,4% del mese di giugno. Questo è, in altre parole, lo stesso livello che era stato registrato nel corso del mese di aprile 2022.
Pil in calo nel secondo trimestre
Il Pil, nel corso del secondo trimestre 2023, risulta essere in calo dello 0,3% rispetto al primo trimestre 2023. È aumentato, invece, dello 0,6% in termini tendenziali. Nel secondo trimestre 2023 sono state registrate tre giornate lavorative in meno rispetto al secondo trimestre 2022.
Cosa ha determinato, in breve, questo calo del Pil? In estrema sintesi questa variazione congiunturale è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto nei seguenti comparti:
- agricoltura;
- silvicoltura;
- pesca;
- industria.
Per quanto riguarda il valore aggiunto dei servizi, invece, è stato riscontrato un lieve aumento.
La domanda registra un contributo negativo della componente nazionale, mentre l’apporto estero è sostanzialmente nullo.
Per il 2023, la variazione acquisita risulta essere pari al +0,8%.
Italia a rischio recessione tecnica
A dare un giudizio netto e preciso su quanto sta avvenendo per l’economia italiana, ci ha pensato direttamente l’Istat, che ha sottolineato come l’economia italiana stia pagando “una flessione sia del settore primario, sia di quello industriale, a fronte di una moderata crescita del comparto dei servizi.”
In termini di variazione acquisita, aggiunge l’Istituto, “per il 2023 la crescita si attesta nel secondo trimestre allo 0,8%, in leggera discesa rispetto al valore del primo trimestre, che era stato pari allo 0,9%.”
Questi dati, secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, sono una pessima notizia.
Il Governo, invece di continuare a cantare vittoria per la crescita superiore a quella di altri Paesi europei, farebbe bene a preoccuparsi di questo calo, e mettere in campo misure urgenti per evitare che la riduzione venga confermata anche nel terzo trimestre, facendo così entrare l’Italia in recessione tecnica – afferma Massimiliano Dona -. Se non ci entreremo sarà, con tutta probabilità, per la ripresa dei servizi, grazie al turismo dei mesi estivi, non per niente anche oggi unico comparto a segnare un lieve aumento del valore aggiunto. Insomma, se ci salveremo sarà solo grazie al Bel Paese.
L’inflazione rallenta su base annua
Andando a dare uno sguardo alle stime preliminari dell’inflazione, relativa al mese di luglio 2023, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività ha registrato, su base mensile, un aumento dello 0,1%, mentre su base annua è scesa al 6,0% rispetto al +6,4% del mese precedente.
Il tasso di inflazione ha registrato una decelerazione grazie al rallentamento, su base tendenziale dei prezzi di:
- servizi relativi ai trasporti: da +4,7% a +2,4%;
- beni energetici non regolamentati: da +8,4% a +7,0%;
- alimentari lavorati: da +11,5% a +10,9%;
- altri beni: da +4,8% a +4,6%;
- servizi vari: da +2,9% a +2,7%;
- tabacchi: da +2,5% a +1,9%.
Parte di questi effetti positivi sono stati compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi di:
- alimentari non lavorati: da +9,4% a +10,4%;
- servizi relativi all’abitazione: da +3,5% a +3,6%.
Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, l’inflazione di fondo ha continuato a rallentare, passando da +5,6% a +5,2%. È stato registrato anche un decremento di quella al netto dei soli beni energetici, che risulta essere passata da +5,8%, registrato a giugno, a +5,6%.
Oltre al Pil, a preoccupare è l’inflazione
Ad allarmare Massimiliano Dona è anche l’inflazione, che sta scendendo con il contagocce.
Per una coppia con due figli, l’inflazione a +6% significa una mazzata pari a 1725 euro su base annua, di questi ben 838 servono solo per far fronte ai rialzi del 10,9% di cibo e bevande – spiega Dona -. Per una coppia con un figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 1571 euro, 757 per mangiare e bere. In media per una famiglia la sberla è di 1307 euro, 615 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con un esborso aggiuntivo pari a 1947 euro, oltre mille euro la stangata per nutrirsi e dissetarsi, 1001 euro.
La Coldiretti da parte sua, invece, si sofferma a dare uno sguardo alle conseguenze per l’intero sistema agroalimentare, dove i costi della logistica arrivano a pesare fino ad un terzo del totale dei prezzi al consumo, facendo aumentare i prezzi di frutta e verdura del 13,9% e del 20%.
In un Paese come l’Italia dove – sottolinea la Coldiretti – l’88% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’aumento di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori. Uno scenario preoccupante che alimenta l’inflazione e pesa sul carrello degli italiani che hanno speso quasi 4 miliardi in più per mangiare di meno.