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One to one. Gianvito Rossi

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Il designer-imprenditore parla della sua nuova “Academy”, progetto volto alla trasmissione delle competenze artigianali alle nuove generazioni

Restando fedele alla tradizione familiare, improntata su artigianalità e qualità eccezionale, Gianvito Rossi ha voluto trasmettere la propria conoscenza, le tecniche minuziose e la sua ossessione per i materiali in un nuovo progetto: la Gianvito Rossi Academy. Una scuola di formazione, che riunisce il savoir-faire più eccezionale, volta tramandare un’autentica eredità italiana con grande passione. 

Gianvito Rossi (foto Gianluca Fontana)

L’Academy di Gianvito Rossi è volta alla trasmissione delle competenze artigianali alle nuove generazioni. Come è nato questo progetto?
“Il progetto Academy è focalizzato su tradizione, qualità e artigianalità. Ho voluto creare un percorso all’interno dell’azienda per far si che la nostra esperienza e il nostro savoir-faire fossero tramandati, elaborati e perfezionati nel tempo. Il settore dell’artigianato italiano sta subendo una lenta perdita di expertise nei prodotti di altissima qualità e per questo ho voluto coinvolgere le persone più competenti che abbiamo in un’attività di formazione. Mi piace immaginarlo come un vero e proprio Master, rivolto a figure professionali interne che hanno già un alto livello di competenza. Il cuore pulsante del progetto sono i Maestri Calzolai, persone che hanno lavorato con il nostro metodo per almeno 30 anni. Ci stiamo inoltre muovendo per poter dare un vero e proprio riconoscimento formale a chi terminerà l’Academy: chi fa l’avvocato o il commercialista ha già un riconoscimento sociale, mentre le qualità di queste persone non vengono evidenziate davanti agli altri. Questa è una lacuna nel nostro sistema poiché le loro qualità sono la dimostrazione di tanto lavoro, un impegno costante e una forte passione”. 

Nel 2023 c’è ancora qualcuno che aspira a diventare un artigiano o questo è un mestiere che nell’era del digitale sta pian piano svanendo?
“Devo ammettere che non è semplice: la digitalizzazione ci ha allontanato dall’apprezzare tutto quello che è realizzato a mano, questo è un vero peccato perché è proprio la manualità che dà concretezza al lavoro delle persone. Oggi tutto sta diventando estremamente evanescente ed il semplice riunirsi e collaborare con gli altri ad un progetto dà alle persone stabilità, concretezza e una dimensione più reale delle cose. Sarebbe bello riuscire ad avvicinare di più i giovani al nostro mondo. Il progetto Academy vuole essere un’iniziativa volta a dare maggior appeal al mondo dell’artigianato, il mondo delle cose fatte bene”.

Lei si sente di più un artigiano o un imprenditore? O è un ibrido speciale?
“Io sono un imprenditore, essere artigiano richiede competenze tecniche specifiche e la necessità di avere un know-how preciso per ogni fase di lavorazione del prodotto. È difficile avere una conoscenza e una visione a 360 gradi che vada da quella artigianale a quella creativa, fino a quella che riguarda la presenza sui mercati. Come imprenditore ho sempre cercato di fondere questi tre aspetti nel miglior modo possibile”.

In alto, il savoir-faire dell’iconica décolleté Gianvito Rossi, stile signature e fondamenta dell’intera collezione, durante il monitoraggio (foto Paola Pansini)

Durante la sua infanzia, tra la casa e l’azienda di famiglia, ha potuto osservare gli artigiani all’opera acquisendo l’esperienza preziosa per il lancio del suo omonimo marchio nel 2006. Qual è il ricordo più vivido che ha di questi artigiani?
“I ricordi sono molti, ma quelli più belli sono legati a quelle che chiamavamo “Le Veglie”. Una volta, all’interno della fabbrica, la realizzazione della collezione avveniva in una nottata. Spesso ci si ritrovava a fare le ore piccole insieme, stavamo in azienda fino alle due, tre di notte per completare la collezione. In quel momento il clima cambiava, eravamo tutti coinvolti allo stesso modo, sentivamo la stanchezza, ma allo stesso tempo l’atmosfera era piena di elettricità e di emozione del vedere nascere, uno dopo l’altro, i nuovi modelli. Questo è sempre stato un momento molto speciale per tutti”.

Il connubio di artigianato e tecnologia contribuisce alla creazione di un prodotto migliore. In futuro crede che il potere della tecnologia possa prendere il sopravvento sull’artigianato?
“Nella realizzazione di una scarpa di lusso più casual, come può essere la sneaker, la tecnologia può subentrare in modo preponderante con grandi vantaggi. Per quello che riguarda invece la costruzione più classica della calzatura, dal sandalo ad una décolleté in cui la leggerezza e la forma sono caratteristiche fondamentali, il percorso è ancora lungo. Nel nostro ciclo produttivo abbiamo delle macchine molto sofisticate che sono però di ausilio al lavoro dell’uomo. Ci sono macchine che saranno sempre più performanti, ma saranno sempre guidate dall’uomo: la vera e propria robotica nel nostro settore non può sostituire il lavoro umano a livello di qualità. Il lavoro e la passione di ogni persona sono ancora degli aspetti fondamentale nella realizzazione del nostro prodotto”.

Il suo buon umore e il suo spirito positivo, dati dal suo animo romagnolo, lo hanno sempre aiutato ad affrontare le sfide con un sorriso. Ci rivela qual è il segreto per affrontare le avversità più grandi di questo mestiere? 
“Non ci sono segreti: i problemi vanno affrontati di petto quando arrivano. La cosa più importante è stata avere la mia famiglia sempre vicino, questa è stata una forza unica che mi ha permesso e mi permette tutt’ora di far fronte ai momenti più complicati con un sorriso. Oggi l’azienda comprende mia moglie, Monica, e i miei figli, Sofia e Nicola, che svolgono ruoli fondamentali e mi permettono di avere una visuale più giovane e fresca. A pensarci bene forse un segreto c’è: il cercare di fare sempre le cose al meglio mi ha dato la forza di affrontare le sfide, poiché con la consapevolezza di aver dato il massimo si può andare lontano nonostante le avversità che si possono presentare di fronte a noi”.

Gianvito Rossi con la figlia Sofia (foto Cosimo Buccolieri)

I suoi figli raccoglieranno la sua eredità: quali sono le lezioni fondamentali che trasmetterà a loro? E quali sono le lezioni fondamentali che suo padre ha trasmesso a lei?
“Da mio padre, un calzolaio che intraprese la propria attività durante la Seconda Guerra Mondiale creando sandali che avrebbe poi venduto sulle spiagge di Rimini, ho imparato non solo gli strumenti del mestiere, ma anche il savoir-faire di un vero artigiano. Era un uomo di grande disciplina, dotato di una forza e determinazione uniche e di una totale dedizione al suo lavoro. I suoi insegnamenti fondamentali sono stati due: guardare sempre avanti e, come dicevo prima, cercare di fare sempre le cose al meglio. È stato mio padre ad insegnarmi a non guardare i risultati, poiché questi sono la conseguenza della qualità del proprio lavoro: quando si fanno le cose fatte bene il resto arriva da solo. Ho visto la sua grandissima forza di volontà nel non cedere mai. Vorrei essere un esempio positivo per i miei figli e credo che l’insegnamento più importante che io possa trasmettere loro viene da tutto quello che facciamo e realizziamo ogni giorno nella nostra azienda”.

Qual è stato uno dei momenti più significativi della sua carriera ad oggi?
“Ho lavorato per tantissimi anni con mio padre, è stato un grande periodo di formazione. Negli anni ‘90 abbiamo cambiato la nostra struttura organizzativa, abbiamo aperto un ufficio in centro a Milano e abbiamo cominciato a presentare le collezioni durante la Fashion Week. Abbiamo cambiato il ritmo e la modalità con cui il marchio si presentava sul mercato, siamo stati il primo brand di calzature di lusso a farlo. Quello è stato un momento molto importante. Nel 2006, dopo esattamente venticinque anni al fianco di mio padre, ho lanciato il mio omonimo marchio prendendo una direzione artistica precisa che ho poi sviluppato negli anni. Questi sono sicuramente i due momenti più importanti della mia carriera ad oggi”.

Ci tolga una curiosità: quante scarpe ha disegnato nella sua vita?
“Ho realizzato più di 10.000 modelli e ne ho disegnati 10 volte tanti, se non di più…”.   

I tacchi fanno muovere il corpo con un ritmo diverso. Se potesse scegliere una melodia per definire le sue creazioni più iconiche quale sarebbe?
“Per la décolleté Gianvito 105 non posso che pensare a Ain’t No Mountain High Enough di Marvin Gaye, una leggera e giocosa canzone d’amore, come l’amore di una donna per le sue décolleté; per Elle, mule minimalista a punta, penso al ritmo del Blues e a Let’s Dance di David Bowie; per il Portofino sandal, nostro best-seller, La Mer di Julio Iglesias, una melodia intrisa di grazia ed eleganza. Infine per il Jaipur – modello con un tacco stiletto e una maxi gemma tono su tono – penso a Virtual Insanity di Jamiroquai, un brano funky le cui note magnetiche attraggono a sé, proprio come la maxi pietra di questa calzatura”.

Ogni donna ha un rapporto speciale con le calzature: perché le donne amano quelle di Gianvito Rossi rispetto a quelle degli altri?
“Il rapporto che una donna ha con le calzature è legata alla qualità del prodotto, al modo in cui questo viene concepito, al fatto che venga realizzato per regalare un’emozione speciale ad una persona. Ho sempre realizzato delle calzature che esaltassero la silhouette femminile in tutta la sua bellezza, che valorizzassero le donne dando loro sicurezza e un’allure speciale. Le donne sono sempre state il mio punto di partenza ed il mio punto d’arrivo, il prodotto non deve mai prevalere sulla loro personalità. La nostra azienda è fatta di persone che cercano di realizzare ogni calzatura nel miglior modo possibile: il pensiero è sempre rivolto alle nostre clienti”.