Economia

La classifica delle mete migliori per lavorare (sempre) in smartworking

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Quando si parla di nomadismo digitale ci si riferisce a persone che, grazie ad un computer e ad uno smartphone, possono lavorare ovunque nel mondo. Non c’è bisogno né di una scrivania né di un ufficio. Basta uno zaino. Grazie alla tecnologia e alle possibilità offerte dallo smart-working, sempre più persone in Italia e nel mondo stanno riconvertendo la propria vita lavorativa verso soluzioni digitali.

Diventare un nomade digitale non è comunque semplice. Non si parla di un mestiere, ma di un modo di fare certi mestieri. Questo modello di lavoro deve aderire perfettamente ai luoghi e alle amministrazioni ove si va a vivere o a lavorare. Per questo motivo, ci sono mete dove è meglio andare ad abitare se si vuole cominciare la carriera di smart worker. E questo anche nel caso in cui si voglia rimanere in Italia: nemmeno nel nostro Paese mancano le possibilità di diventare un nomade digitale.

Le mete più gettonate per il nomadismo digitale nel mondo

La fortuna di questo modello di lavoro ha portato negli ultimi anni alla creazione di una vera e propria “nazione-nomade”, con oltre 35 milioni di persone che si definiscono nomadi digitali, secondo l’Associazione Nazionale Nomadi Digitali.

Ovviamente ci sono alcuni stati che sono diventati nel tempo vere e proprie mete predilette per gli smart worker. Secondo l’Indice Viaggi e Lavoro sugli Stati più accessibili e attraenti per i nomadi digitali (Kayak, 2022), sono ben 4 gli Stati prediletti per chi orienta la propria scelta di vita verso lo smart working:

  • Portogallo
  • Estonia
  • Spagna
  • Romania

Come riporta Sauro Mostarda, CEO di Lokky, in un articolo “Smart working sicuro in giro per il mondo: le migliori città dove trasferirsi per lavoro se sei un freelance”, quella riportata non va intesa come classifica: ogni Stato è preferito dagli smart worker per motivi diversi. Nel primo caso, il Portogallo è ben visto perché politicamente stabile, dal clima favorevole e dal basso inquinamento atmosferico. Oltre che per il fatto che in molti lavori il Portogallo permette la tassazione diretta, anche se i redditi provengono dall’Italia. Nessuna doppia tassazione, anzi. Il reddito guadagnato in Italia verrebbe tassato secondo le aliquote del paese di arrivo.

Una specie di fisco “amico” è presente anche in Estonia che, con il programma “e-Residency“, offre una vera e propria cittadinanza digitale: puoi stabilirvi la presenza legale in Estonia, e addirittura aprire un’azienda e beneficiare di un ambiente favorevole per gli affari online. Per quanto riguarda Spagna e Romania, altri aspetti favorevoli per un lavoratore freelance sono l’abbondanza degli spazi di co-working (Spagna) e i prezzi convenienti per i soggiorni a lungo termine, oltre che un basso costo della vita (Romania). 

Come diventare un nomade digitale

Finché si rimane all’interno dell’Area Euro, o almeno tra paesi dell’Unione Europea, diventare un nomade digitale non è difficile. Grazie agli accordi europei, non c’è bisogno di visto o permessi di soggiorno tra paesi comunitari. Si consiglia però di registrarsi presso le autorità locali del Paese, e di ottenere un codice fiscale locale. Così si eviteranno problemi di gestione di bollette, certificati e oneri vari.

Non si può però diventare un nomade digitale se il proprio lavoro prevede l’obbligo di presenza. Molte professioni regolamentare non prevedono la possibilità di trasferimenti o di totale trasformazione del proprio lavoro in digitale. A sua volta, non è ad oggi possibile diventare nomade digitale se il proprio lavoro richiede l’abilitazione presso un albo nazionale, come quello di medici, architetti, avvocati e via scorrendo. 

Consigliata è la sottoscrizione di una polizza assicurativa sanitaria internazionale, così come di una a responsabilità civile o relativa a danni causati da lavoro o in caso di interruzione del lavoro. Almeno per non rischiare di dover pagare direttamente i costi di servizio previsti in quel determinato paese.

A sua volta consigliamo di fare attenzione sul piano fiscale. Se residenti in Italia ma con redditi da lavoro provenienti dall’estero, andranno messi direttamente nella Dichiarazione dei Redditi italiana. Se residenti in un Paese straniero, i redditi saranno calcolati con le aliquote fiscali locali, anche se provengono dall’Italia. A meno che non esista un accordo di doppia imposizione.

Il profilo del nomade digitale italiano

Se ci si limita all’Italia, la nostra situazione è alquanto particolare. Stando al Secondo Rapporto sul Nomadismo Digitale, il nomade digitale medio è attorno ai 37 anni d’età, e nonostante il 46% degli intervistati italiani abbia già fatto esperienze digitali, ben il 52% di loro è dipendente (solo il 38% è autonomo, categoria più incline al nomadismo digitale). Il grosso delle lauree dei nomadi digitali, almeno per il 27% di loro, rientra in Comunicazione e Marketing, mentre solo l’8% nel settore della Finanza.

Le preferenze negli spostamenti interni sono per lo più al Sud (preferenza del 25%) mentre pochissimi si trasferirebbero al Nord (solo il 10%). Il motivo non riguarda paradossalmente il fatto che ci siano le città con la più alta inflazione, ma nel fatto che gli intervistati siano alla ricerca di località di mare (61%), di destinazioni a contatto con la natura (41%) o di città d’arte (39%). Anche se la maggior parte delle risposte punta molto anche sul fatto di volersi trasferire in città dove storia, cibo, cultura ed enogastronomia siano al top. Eppure, in merito alla durata del trasferimento, solo l’8% rimarrebbe nella nuova città per più d’un anno, mentre la maggior parte (42%) per uno, massimo 3 mesi.