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Carne vegetale, il mercato è già in crisi?

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La compagnia Beyond Meat, nota per la produzione di carne vegetale, ha riscontrato una diminuzione del 30% delle entrate durante il secondo trimestre a causa di una ridotta richiesta per i propri prodotti, come dichiarato dalla stessa società.

Ethan Brown, Presidente e CEO di Beyond Meat, ha comunicato che la società sta adeguando le prospettive di guadagno per il 2023 a un intervallo compreso tra 360 e 380 milioni di dollari, rappresentando una riduzione percentuale del 9% al 14% rispetto al 2022. Nonostante ciò, Brown è ottimista riguardo al ruolo significativo che l’azienda continuerà a svolgere nel contesto della crescente crisi climatica, prevedendo inoltre benefici per la salute.

Beyond Meat: le cause del tracollo

In passato ben considerata da Wall Street, Beyond Meat ha affrontato svariate problematiche e controversie nel corso del 2022. L’inflazione ha spinto i consumatori a optare per prodotti più basilari e a fare acquisti nei supermercati a prezzi più contenuti, favorendo il consumo domestico rispetto a quello nei ristoranti. La compagnia si trova inoltre a competere con una crescente concorrenza. Le entrate di questo trimestre ammontano a 102,1 milioni di dollari, contrapponendosi ai 147 milioni dell’anno precedente. Le vendite nazionali negli Stati Uniti hanno subito un declino di quasi il 40%, mentre le entrate internazionali sono scese dell’8,7%. Beyond Meat ha inoltre reso noto un calo del 24% nel volume delle vendite dei propri prodotti. Nelle sessioni di trading post-mercato, le azioni della società californiana hanno segnato un decremento di quasi il 10%. Nel corso dell’ultimo anno, il valore delle azioni è diminuito di oltre il 60%.

Anche nel 2012 e 2022 la situazione non era delle migliori: nel terzo trimestre dell’anno scorso, le vendite avevano registrato una flessione del 22,5% rispetto all’anno precedente, determinando il licenziamento di oltre il 20% del personale globale dell’azienda a partire da agosto. Dopo un impatto iniziale positivo sul mercato nel 2019, l’interesse degli investitori verso Beyond Meat è notevolmente diminuito, con un crollo del valore delle azioni di circa il 77% nel corso dell’anno corrente.

La società ha identificato l’alta inflazione, l’incremento dei tassi di interesse e le persistenti preoccupazioni relative a una possibile recessione come fattori che hanno influenzato negativamente la domanda nell’ambito della carne di origine vegetale. Parallelamente, l’affluenza nei ristoranti è in declino. I clienti con risorse finanziarie limitate stanno evitando di cenare fuori, creando una vulnerabilità per l’attività ristorativa di Beyond Meat. Va sottolineato che questa azienda non è l’unico attore a fronteggiare il problema dei licenziamenti in vista di un possibile periodo di recessione imminente.

Le carni vegetali ritirate dal mercato

Un esempio è McDonald’s, che dopo aver lanciato nel 2020 il suo hamburger McPlant prodotto a base vegetale che imita la carne nell’aspetto e nel sapore, ha deciso di non continuare a venderlo. Nonostante l’entusiasmo iniziale, il risultato del test americano è stato deludente, con vendite al di sotto delle aspettative: già a marzo in alcuni ristoranti i McPlant ordinati ogni giorno si contavano sulle dita di una mano, riporta il sito specializzato The Takeout.

Inoltre, l’azienda brasiliana JBS sta chiudendo Planterra Foods, la sua divisione statunitense nel settore delle carni vegetali, mentre Maple Leaf Foods in Canada ha ridimensionato la sua sezione di carne vegetale. Anche l’azienda di carni vegetali Impossible Foods, pur segnalando una crescita nelle vendite, ha licenziato il 6% dei propri dipendenti.

Tuttavia, nonostante una diminuzione del 10,5% nelle vendite annuali delle carni alternative refrigerate, i produttori stanno adottando una prospettiva a lungo termine e si stanno concentrando sull’obiettivo di raggiungere prezzi competitivi rispetto alle carni tradizionali, che è considerato il principale ostacolo del settore.

Il mercato della carne vegetale in Italia e in Europa

Nonostante la chiusura di aziende e il calo di Beyond Meat, in Italia e in Europa la situazione è più rosea: il nostro paese continua ad abbracciare con entusiasmo questa tendenza, offrendo una vasta gamma di prodotti mirati a sostituire la carne tradizionale. La Germania è il mercato più grande in Europa per le vendite al dettaglio di prodotti a base vegetale in Europa con 1,911 miliardo di euro, seguita dall’Inghilterra con 1,077 miliardo e l’Italia con 681 milioni e una crescita del 9%. In generale, per l’Europa invece si è registrato un incremento nelle vendite del 6% nel solo 2022 e del 22% tra il 2020 e il 2022, per raggiungere un fatturato di 5,7 miliardi.

I dati relativi a 13 Paesi europei, tra cui Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Regno Unito, sono stati forniti da Good Food Institute Europe, un’organizzazione non governativa impegnata nella costruzione di un sistema alimentare etico e sostenibile. La domanda per questi prodotti è notevolmente forte e l’Italia emerge come il terzo mercato più grande in Europa per le vendite al dettaglio di prodotti a base vegetale, con una crescita costante dei numeri.

Tra le specialità più popolari, spicca il latte vegetale (con vendite per 310,4 milioni di euro), un settore in continua espansione che ha guadagnato sempre più spazio sugli scaffali dei supermercati e anche dietro i banconi dei bar. Un argomento che potrebbe richiedere un’analisi più approfondita e su cui ci concentreremo ulteriormente. Anche i pasti pronti, la carne, il latte, lo yogurt e i dessert vegani hanno ottenuto risultati eccellenti, tutti con tassi di crescita a doppia cifra nell’anno precedente. Tuttavia, in termini di spesa media pro capite, l’Italia si posiziona al settimo posto nella classifica europea degli acquisti plant-based.

Tutto questo nonostante la stretta del governo di marzo 2023 che vieta la produzione sul territorio italiano di alimenti derivati a partire da colture cellulari o tessuti di animali vertebrati. Il divieto però riguarda solo la produzione; è infatti ancora possibile commercializzare dall’estero questi alimenti.