Economia

Petrolio e dollaro salgono, motivi e conseguenze per l’inflazione

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Negli ultimi giorni si è assistito ad un contemporaneo apprezzamento del dollaro e del petrolio, che hanno toccato rispettivamente i massimi da marzo e da novembre. Cerchiamo di capirne i motivi e le potenziali conseguenze, anche in ottica di inflazione.

Gli elementi che spingono il dollaro

Il Dollar Index, che traccia l’andamento del biglietto verde rispetto ad un paniere comprensivo delle altre principali valute, è salito negli ultimi giorni sui livelli di marzo, in area 104,7 punti. Un movimento figlio di diversi fattori.

Innanzitutto, i messaggi restrittivi di alcuni esponenti della Federal Reserve in materia di politica monetaria. Non è chiaro se nella riunione del 19-20 settembre l’istituto di Washington alzerà ancora i tassi di interesse oppure opterà per una pausa nel ciclo di inasprimento. Tuttavia, i membri della banca centrale sono concordi sul fatto che il costo del denaro dovrà rimanere su livelli elevati per un orizzonte temporale sufficientemente lungo per assicurare il ritorno dell’inflazione verso il target del 2%.

Inoltre, gli ultimi dati macro evidenziano un’economia Usa resiliente, con un mercato del lavoro in lieve rallentamento ma solido e un’inflazione ancora elevata, con un indice Pce core al 4,2% annuo. Pertanto, verranno monitorati con attenzione i dati del 13 settembre sui prezzi al consumo statunitensi di agosto, dai quali si prevede un’accelerazione al 3,6% (dal 3,2% di luglio) con un indice core in rallentamento dal 4,7% al 4,3%.

Ulteriori segnali di inflazione ostinata giustificherebbero il mantenimento di una politica monetaria rigida, mentre le probabilità di una recessione negli Usa rimangono contenute, come confermato dalle stime di Goldman Sachs.

Il rapporto tra il dollaro e le altre valute

Sul rialzo del dollaro non influiscono soltanto i dati americani, ma anche le incertezze economiche relative ad altre regioni. La debolezza di alcuni indicatori come gli indici Pmi cinesi ed europei dei giorni scorsi penalizza infatti le altre valute, determinando di conseguenza un apprezzamento del biglietto verde. Un movimento che difficilmente vedrà una correzione in questi giorni, in cui l’agenda macroeconomica è scarna di appuntamenti rilevanti, eccetto il Pil dell’eurozona in uscita domani.

Inoltre, molti operatori stanno prezzando una pausa nel ciclo restrittivo da parte della Bce, frenando l’euro, anche se un mancato rialzo è tutt’altro che scontato.

Infine, il dollaro, in quanto valuta della prima potenza mondiale, rappresenta una sorta di bene rifugio in una fase – come questa – di scarsa propensione al rischio, che frena gli asset rischiosi come l’azionario.

I fattori che sostengono la corsa del petrolio

Forte apprezzamento anche per le quotazioni del petrolio, con il Wti e il Brent che hanno toccato i massimi da novembre, rispettivamente in area 87 e 90 dollari al barile.

A spingere le quotazioni dell’oro nero ha contribuito soprattutto la decisione dei maggiori produttori dell’Opec+ di estendere i tagli alle forniture fino a fine anno. In particolare, l’Arabia Saudita ha confermato fino a fine dicembre la riduzione della produzione di un milione di barili al giorno, mentre la Russia manterrà per tutto il 2023 la restrizione delle esportazioni pari 300 mila barili al giorno.

L’estensione dei tagli potrebbe sottintendere la previsione di un ulteriore rallentamento dell’economia cinese, che determina una minore domanda di energia da parte di uno dei principali consumatori mondiali.

La relazione fra dollaro e petrolio

Tendenzialmente, sussiste una correlazione inversa tra petrolio e dollaro. Questo perché i prezzi del barile sono espressi nella valuta americana, per cui in caso di rafforzamento del biglietto verde sono necessari meno dollari per acquistare la stessa quantità di oro nero.

Tuttavia, si tratta di una correlazione imperfetta, come si può notare negli ultimi giorni in cui entrambe le asset class stanno registrando movimenti al rialzo. Questo perché ambedue sono influenzati da una molteplicità di fattori, come quelli descritti sopra. Quindi l’andamento del dollaro risentirà di politiche monetarie, tassi di interesse e dati macroeconomici, così come quello del petrolio è condizionato dalle oscillazioni della domanda e dell’offerta da parte dei consumatori e dei produttori.

Le conseguenze immediate dei recenti rialzi

I movimenti di questi giorni stanno creando preoccupazioni per diversi motivi. L’ascesa del petrolio ha riacceso i timori di persistenti pressioni inflazionistiche, che rischiano di alimentare una risalita dei prezzi e di allontanare il raggiungimento degli obiettivi di stabilità delle banche centrali. Una nuova impennata dei prezzi energetici avrebbe conseguenze negative soprattutto sui consumatori, aumentando il prezzo della benzina sui livelli osservati dopo l’invasione russa in Ucraina.

Inoltre, la decisione di Arabia Saudita e Russia ha parzialmente sorpreso i mercati, che si aspettavano un’estensione di un solo mese. Se la previsione di una nuova frenata dell’economia cinese venisse confermata, potrebbero verificarsi potenziali effetti negativi diffusi anche per le aziende attive nel mercato locale.

Dall’altro lato, il rafforzamento del dollaro ha sollevato timori soprattutto in Asia, spingendo il principale funzionario valutario giapponese, Masato Kanda, a non escludere alcuna opzione per sostenere lo yen se tali movimenti proseguiranno. Inoltre, le principali banche cinesi starebbero tentando di frenare il deprezzamento dello yuan, acquistando valuta locale e vendendo dollari.