(9Colonne) – Firenze, 27 ago – “Il 3-5% dei soggetti tra i 13 e i 16 anni presenta sintomi depressivi e la metà di questi ha un disagio che richiede un intervento psichiatrico”: lo ha detto Ian Goodyer membro del Wolfson College della Cambridge University e attivo ricercatore nell’ambito del disturbo depressivo in psichiatria infantile, intervenendo oggi al XIII Congresso dell’ESCAP, in programma a Firenze, fino a mercoledì prossimo. Secondo Goodyer la depressione in età infantile e adolescenziale è un disturbo di vasta portata, ma è ancora troppo poco conosciuta ed esplorata dalla ricerca. “In fatto di depressione – ha spiegato – le conoscenze sui bambini di età inferiore ai cinque anni sono ancora lacunose e frammentarie, ma sappiamo che il fenomeno esiste e che non deve essere trascurato”. E ha aggiunto, evidenziando la difficoltà di riconoscere il disagio nell’età evolutiva e le differenze di sintomatologia tra bambini e adulti: “Non dobbiamo più commettere l’errore di non riconoscere la patologia nei bambini che, a 5-6 anni, appaiono tristi ma spesso non lamentano di esserlo; ricordiamoci che la presenza di depressione in età adolescenziale è correlata con l’aumento di rischio suicidiario”. “Oltre 150 anni fa – ha proseguito Goodyer – il diabete si diagnosticava saggiando la presenza di zuccheri nelle urine: oggi le nostre conoscenze sulla depressione in età infantile sono allo stesso livello, ma la ricerca potrà portarci a contenuti più approfonditi, soprattutto per gli aspetti causali biologici”. Secondo l’esperto “è importante distinguere l’intervento in base all’età: in adolescenza le evidenze scientifiche rimarcano l’importanza di integrare interventi psicosociali con terapia farmacologica; in età infantile meglio preferire un intervento psicosociale anche prolungato (dalle 4-6 settimane fino alle 10) all’uso dei farmaci che devono essere impiegati, però, in casi specifici di soggetti con idee autolesive, familiarità positiva per sindrome depressiva, storia familiare paterna positiva per abuso d’alcool o di esito positivo a seguito di un precedente impiego di terapia”. “Rimane comunque – ha concluso Goodyer – un grosso punto interrogativo su come trattare i bambini di età inferiore ai cinque anni di età: in questo caso preferiamo sempre l’intervento di supporto sui genitori e sconsigliamo l’uso di psicofarmaci”.
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