Turchia, primo importatore di carbone russo. Storia dei legami commerciali Ankara-Mosca
Secondo i dati doganali russi esaminati da Reuters, quest’anno almeno 14,3 milioni di dollari di carbone prodotto nelle aree dell’Ucraina annesse alla Russia sono stati esportati in Turchia. Tra febbraio e luglio 2023, sono arrivate ad Ankara circa 160.400 tonnellate di carbone dalle regioni annesse dell’Ucraina orientale di Donetsk e Luhansk. Tre produttori elencati nei dati doganali hanno confermato a Reuters di aver spedito carbone dalle due regioni alla Turchia durante quel periodo.
A differenza degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, la Turchia non ha limitato il commercio con la Russia o con le aree dell’Ucraina controllate da Mosca. Washington ha messo in guardia le aziende dall’aiutare la Russia a dichiarare guerra all’Ucraina o ad eludere le sanzioni.
L’importazione di carbone
Quando Mosca ha lanciato il suo piano di invasione nel febbraio 2022, la Turchia è stato uno dei primi paesi a condannare il gesto di Vladimir Putin e ha affermato più volte di riconoscere l’integrità territoriale dell’Ucraina. Ankara ha inoltre svolto un ruolo chiave nel trovare un accordo tra i due paesi in guerra sull’esportazione del grano, così da aiutare il paesi ucraino a continuare le sue esportazioni. Nonostante questi aiuti, Ankara intrattiene comunque rapporti commerciali con la Russia; sempre secondo i dati di Reuters, la Turchia è stata senza dubbio la più grande destinataria delle esportazioni di carbone dalle regioni annesse, rappresentando il 95% delle spedizioni durante il periodo che va da febbraio a luglio 2022.
La Turchia, uno dei principali consumatori e importatori di carbone, sta andando in controtendenza rispetto alla tendenza globale, aumentando la quota del carbone nella produzione di elettricità. Secondo i dati ufficiali, nella prima metà di quest’anno ha prodotto 31,5 milioni di megawattora (MWh) di elettricità dal carbone importato, in aumento di un quasi il 15% rispetto allo stesso periodo del 2022. L’agenzia Reuters ha provato a mettersi in contatto con il Ministero dell’Energia russo, ma non ha voluto rilasciare commenti. Il servizio doganale federale russo ha dichiarato di aver sospeso la pubblicazione delle statistiche sul commercio estero dal febbraio 2022.
Le sanzioni statunitensi imposte il 21 febbraio 2022, tre giorni prima che la Russia invadesse l’Ucraina, vietano le importazioni o le esportazioni statunitensi dalle cosiddette Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Due giorni dopo, anche l’Unione Europea ha annunciato il divieto di importazione di merci provenienti dalle due regioni. La Turchia però, non essendo nell’Unione Europea e non sottostando quindi a restrizioni economiche, ha continuato a commerciare con la Russia; per questo motivo, però, l’amministrazione Biden ha inserito il 15 settembre nella sua lista nera cinque società turche e un cittadino come parte delle nuove sanzioni volte a isolare l’economia della Russia. Non è la prima volta che gli Stati Uniti impongono sanzioni alla Turchia per aver intrattenuto affari con la Russia: nel dicembre 2020, le hanno imposte a causa dell’acquisto turco del sofisticato sistema missilistico russo S-400, incompatibile con i sistemi NATO.
Storia dei rapporti Russia-Turchia
Non è la prima volta che questi due paesi fanno affari tra loro. E dire che inizialmente fu la Russia a imporre feroci sanzioni alla Turchia, quando il 24 novembre 2015 due aerei da combattimento F-16 turchi abbatterono un jet russo nel tentativo di difendere lo spazio aereo nazionale. In risposta, Mosca adottò misure drastiche contro Ankara, includendo restrizioni commerciali, limitazioni sui contratti dei lavoratori turchi in Russia, restrizioni sul turismo e sui voli aerei. Ora sono trascorsi più di sette anni da quell’incidente che ha raffreddato i rapporti tra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdoğan.
Nel corso del 2022, Mosca ha registrato un notevole surplus nella bilancia commerciale dei beni e dei servizi, ammontando a 282,3 miliardi di dollari, con un incremento del 66% rispetto all’anno precedente.
E la Turchia, insieme a Cina e India, è stata tra i principali contribuenti nel rimpinguare le risorse finanziarie del Cremlino. Il caso turco è senza dubbio molto singolare. Questo Paese è un membro di peso all’interno della NATO, ma ha scelto di non aderire alle sanzioni imposte da G7 e Unione Europea. La sua posizione geografica gli conferisce il potenziale per diventare un importante hub per il gas russo. Inoltre, la Turchia si è distinta come l’unico intermediario diplomatico effettivo tra le due parti in conflitto, come dimostra l’Accordo sul grano, che ne è un esempio tangibile.
L’aumento delle importazioni Russia-Turchia: +103% nel 2022
Il notevole aumento dell’interscambio commerciale tra la Turchia e la Russia nel 2022 è principalmente attribuibile all’incremento significativo delle importazioni della Turchia dalla Russia. Secondo dati ufficiali dell’Istituto statistico turco, l’importazione di merci dalla Russia è passata da 29 miliardi di dollari nel 2021 a 58,8 miliardi di dollari nell’anno scorso, registrando un aumento del 103%.
Questo rappresenta la crescita più significativa nelle relazioni commerciali bilaterali della Turchia, seconda solo all’incremento avuto con la Svizzera. Questa dinamica sembra essere influenzata dalla guerra, come evidenziato quando si considera il contesto storico: nel 2013, l’importazione di merci dalla Russia ammontava a 26 miliardi di dollari, e fino all’anno scorso non aveva mai superato la soglia dei 30 miliardi.
Il 2023 ha iniziato sulla stessa linea del precedente anno. A gennaio, le importazioni hanno superato i 5 miliardi di dollari, registrando un aumento di oltre 300 milioni rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Mosca è ora diventata il principale fornitore commerciale di Ankara, superando Pechino e rappresentando il 16,2% delle importazioni turche in termini di valore.