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Stampante per cibo 3D e l’impatto che può avere sul pianeta. Siamo pronti?

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Stando a un nuovo studio pubblicato nella rivista Nature Food, i sistemi alimentari di tutto il mondo sono responsabili del 35% delle emissioni mondiali di gas a effetto serra di origine antropica, nonché di distruzione degli ecosistemi, deforestazione, estinzione della fauna selvatica, sfruttamento e degrado del suolo e consumo eccessivo di acqua dolce. Questi disastri ambientali a loro volta minacciano la produzione alimentare. Per affrontare questa sfida, negli ultimi anni si sono cercate soluzioni per ridurre l’impatto ambientale dell’industria alimentare, che hanno incluso lo sviluppo di alternative alla carne e ad altri alimenti ad elevato consumo di risorse e energia, nonché l’adozione di processi di produzione alimentare più sostenibili. Tra le innovazioni più significative, spicca la tecnologia della stampa 3D per uso alimentare, una tecnologia che consente di depositare strati di materiale viscoso uno sopra l’altro fino a ottenere il prodotto finito pronto per essere servito.

Un mercato, che da semplice idea di pochi sta diventando sempre più grosso: secondo il centro di statistica Markets and Markets, da valere quasi 201 milioni di dollari nel 2022, si prevede che raggiungerà un valore di quasi 1.941 milioni di dollari entro il 2027. E con la crescente consapevolezza tra i consumatori riguardo allo spreco alimentare e alle questioni ambientali, si prevede che un numero maggiore di consumatori e fornitori di alimenti adotteranno stampanti 3D alimentari.

Come funziona la stampa 3D alimentare

Inizialmente sviluppata per l’uso con la plastica, la stampa 3D ha gradualmente ampliato la sua applicazione per includere metalli, ceramica, vetro, materiali da costruzione e molto altro. Ora si sta esplorando come applicare questa tecnologia nel settore alimentare. Nel marzo 2023 gli ingegneri della Columbia University hanno creato una stampante alimentare, trasformando cartucce di pasta e polvere alimentare in pasti commestibili. Jonathan Blutinger, un ingegnere del Creative Machines Lab della Columbia a New York, sull’utilizzo della stampante 3D alimentare nel futuro affermò:

Penso che sia inevitabile. Una volta che una macchina si avvicina ad un settore, non si guarda più indietro ma ci si spinge avanti in modi che non avremmo mai pensato possibili. Ciò non è ancora successo per il cibo, ma la visione è quella di avere una stampante alimentare combinata con un fornello laser che possa essere una sorta di elettrodomestico da cucina a sportello unico. Come un chef digitale personale.

Il processo di stampa 3D per il cibo segue lo stesso principio di base della stampa di qualsiasi altro oggetto. Si parte da un modello digitale creato su un computer, e il prodotto viene quindi stampato utilizzando una tecnica chiamata FDM, che sta per “Fused Deposition Modeling”. Questo processo coinvolge il deposito di strati successivi di materiale uno sopra l’altro, dando all’oggetto (o al cibo) una caratteristica struttura a strati. Nel processo di stampa 3D per il cibo, il materiale semisolido viene ottenuto tramite lavorazioni come taglio, triturazione o frullatura della materia prima. Spesso, vengono aggiunti additivi, noti come idrocolloidi, per gelificare la sostanza e renderla più coesa. Questo è essenziale per garantire che il materiale mantenga la forma progettata digitalmente durante il processo di stampa, assicurando la stabilità del prodotto finito.

A cosa può servire il cibo 3D

La stampa 3D è intrinsecamente una tecnologia “antispreco” poiché aggiunge materiale solo dove è necessario, limitando gli sprechi e avendo un impatto positivo sull’ambiente. Questo vale anche nel settore alimentare, dove viene utilizzata solo la materia prima necessaria, evitando confezioni e riducendo al minimo i rifiuti. La riproducibilità e la precisione della stampa consentono di evitare sprechi alimentari, utilizzando solo le quantità necessarie e riducendo gli sprechi a zero.  La stampa 3D è in prima linea anche nel supportare l’innovazione del cosiddetto “non-conventional food”. Visto l’arrivo sul mercato europeo di alimenti come gli insetti, la stampante permette di trasformare gli insetti in forme più accattivanti e appetitose, così da superare la barriera mentale che impedisce a molti di mangiare un insetto. L’uso di una stampante alimentare 3D potrebbe accelerare questo cambiamento, come dimostra il progetto “Insects au Gratin” della designer Susana Soares, che afferma:

L’aspetto del cibo influisce sull’accettazione e sull’esperienza del gusto. Migliorando l’aspetto estetico, possiamo sfruttare risorse che altrimenti rimarrebbero inutilizzate

Ci sono però anche preoccupazioni riguardo al mangiare cibo in 3D. Su questo ha spiegato Blutinger:

Di solito con la stampa si pensa a un processo industriale. Ma è importante rendersi conto che questo non è diverso dal cucinare normalmente tranne che, invece di tritare gli ingredienti e tutto il resto, la macchina in pratica li sta solo assemblando

Gli esempi di successo

Una tecnologia che è evoluta così tanto che in un supermercato austriaco è stato messo in vendita per la prima volta un prodotto stampato in 3D, per la precisone un filetto di “salmone” della startup alimentare Revo Foods. In realtà non è vero salmone ma un prodotto vegano, realizzato con micoproteine ottenute da funghi filamentosi e ricco di vitamine e acidi grassi omega-3, proprio come il suo equivalente animale. Ma c’è di più: la produzione di questo filetto emette dal 77% all’86% in meno di anidride carbonica e richiede il 95% in meno di acqua dolce rispetto alla pesca e alla lavorazione tradizionale del salmone. Considerando che quasi un terzo delle scorte globali di pesce è a rischio di sovrapesca e che la produzione alimentare è una delle principali fonti di emissioni globali di gas serra, l’accoglienza di questa innovazione potrebbe essere cruciale per il futuro sostenibile della nostra alimentazione.

In Italia la vendita di un alimento con il nome di salmone che però è fatto con proteine vegetali non potrebbe essere più possibile: nel luglio di quest’anno, la Lega ha proposto il divieto di utilizzo dei nomi che fanno riferimento alla carne e ai suoi derivati sulle etichette dei prodotti plant-based, all’interno del più ampio disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione in Italia di alimenti e mangimi sintetici. Una decisione che potrebbe far cambiare nome alle etichette di hamburger veg, bistecca di soia o di tofu, mortadella vegana o simili.