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Eataly, ma è davvero un successo? Solo all’estero macina risultati

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Inizialmente pensato come un trionfo garantito, il destino di Eataly sta prendendo una svolta verso un clamoroso insuccesso. La catena di ristorazione e prodotti alimentari fondata da Oscar Farinetti e acquisita nel settembre 2022 per il 52% da Andrea Bonomi è presente in tutto il mondo con 45 punti vendita ma non sta ottenendo i risultati sperati, culminando in una perdita di 25,8 milioni di euro nel 2022. Questa situazione è sorprendente se si riflette sulle immagini del 2007, quando folle di torinesi e turisti da tutta Italia si accalcavano ansiosi fuori dalla storica fabbrica di liquori Carpano, che ospitava il primo Eataly. Lì, potevano acquistare le prelibatezze delle diverse regioni italiane o esplorare la grotta nel piano interrato, dove venivano rivelate le meraviglie dei salumi.

Successivamente, Eataly ha inaugurato pomposi negozi in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone fino al Qatar e all’Arabia Saudita. Senza dimenticare le nuove aperture in Italia. Tuttavia, alla luce degli attuali sviluppi, sembra che, superati i fasti iniziali, Eataly si sia ridotto a essere semplicemente un ristorante-mercato e, purtroppo, uno piuttosto costoso, soprattutto in tempi come questi.

I numeri di Eataly

L’andamento finanziario per l’esercizio 2022 si è concluso quindi con una perdita di 25,8 milioni di euro, peggiorando rispetto al rosso di 22,1 milioni dell’anno precedente. Questo deficit è stato incorporato nei nuovi bilanci, portando le perdite cumulative, finora non sanate, a un totale di 70 milioni, nonostante un patrimonio netto di 58,7 milioni. Anche dal punto di vista dei dati consolidati, la situazione non è positiva: la perdita annuale è scesa da 31,2 a 28,6 milioni, nonostante un aumento dei ricavi del 30% da 462 a 601 milioni e un EBITDA (il margine operativo lordo) di 25,5 milioni. E sembra sfumata anche l’idea di essere quotata a Piazza Affari, un’idea circolata nel 2021 dopo che la famiglia Farinetti aveva cambiato la forma giuridica dell’azienda da società a responsabilità limitata (SRL) a società per azioni (SPA), una mossa spesso vista come un possibile preludio a un’offerta pubblica iniziale (IPO). Tuttavia, sembra che la quotazione in Borsa resterà solo un sogno.

L’idea originale di Oscar Farinetti sembrava geniale sulla carta, ma nella pratica ha incontrato diverse sfide: una di queste potrebbe essere stato l’apertura di punti vendita in luoghi dove il marchio Eataly aveva poco da dire. Come a Bari, aperto nel 2013 con l’obiettivo di rilanciare l’area della Fiera del Levante ma che ha poi chiuso nel 2021. La pandemia ha sicuramente influito su questa chiusura, ma le difficoltà erano presenti già prima del Covid-19. Inoltre, l’espansione internazionale di Eataly in luoghi come gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa potrebbe aver diluito il marchio e reso difficile mantenere la coerenza e la qualità dei prodotti. Fattori che, insieme a una gestione finanziaria complessa, potrebbero aver contribuito ai problemi che l’azienda sta affrontando.

I progetti falliti: da Fico a Green Pea

Altri progetti di Oscar Farinetti, come Fico Eataly World e Green Pea, hanno affrontato delle sfide significative e in larga parte deludenti. Fico, spesso descritto come la “Disneyland del cibo,” era un’ambiziosa iniziativa costruita a Bologna con grandi aspettative per il territorio e il made in Italy. Era, perchè è proprio notizia di ieri che il parco agroalimentare chiuderà a fine 2023, riaprendo con il nome di Grand Tour Italia, una sorta di viaggio tra le regioni italiane. L’ultimo bilancio di Fico del 2022 chiamava perdite da 6,5 milioni e debiti per oltre 18 milioni.

Per non parlare di Green Pea, il primo centro commerciale al mondo dedicato al rispetto per il Pianeta aperto a Torino. Inaugurato nel 2020 ha avuto un inizio promettente ma non senza sfide. Nonostante il fatturato sia cresciuto notevolmente nel secondo anno di attività, rimaneva comunque in perdita, sebbene in miglioramento rispetto all’anno precedente. L’analisi dei conti indicavano che sebbene i ricavi erano in leggera crescita (dai 6,5 milioni del 2021 ai 7 del 2022), l’Ebitda è a -189mila euro, con un risultato operativo (Ebit) di -374.904 euro. La perdita di esercizio per il 2022 è di 330mila euro, in netto contrasto con la perdita dell’anno precedente, che era di soli 11mila euro.

Solo all’estero sta dando soddisfazioni: i numeri

Ma se l’idea di Farinetti ha incontrato difficoltà in Italia, almeno dal punto di vista numerico, sta ottenendo un notevole successo all’estero, soprattutto negli Stati Uniti con i suoi 8 punti vendita. L’ex patron in un’intervista al Corriere della Sera rilasciata a settembre dello scorso anno affermò:

Gli Stati Uniti ormai rappresentano circa il 60% del fatturato: gli americani sono 326 milioni e hanno un’immagine e un desiderio pazzesco del food italiano e dei nostri piatti veri

L’anno scorso ha poi aperto il primo negozio a Londra: oltre 4mila metri quadrati distribuiti su due piani che ospiteranno 5mila prodotti, tantissimi italiani, con un’enoteca record da 2mila vini, la più grande casa di vini italiani a Londra. Ma anche 4 ristoranti, 3 bar, 5 laboratori di produzione, una scuola di cucina e l’area dei prodotti sfusi.

Del resto, Eataly sembra più un progetto per i paesi esteri che per l’Italia: le recenti chiusure dei negozi di Bari e Forlì, e il mezzo flop di Fico a Bologna dimostrano come Eataly faccia fatica dentro le mura dell’Italia, data la sua formula poco originale per un italiano, mentre spopola all’estero, dove il concetto di una boutique col meglio della gastronomia italiana fa furore.