Economia

Lavoro, giovani in fuga: ecco perché lasciano

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Il 77% di donne e giovani con meno di 27 anni ha lasciato il lavoro in cambio di maggiore libertà. Inoltre, il 43% delle dimissioni ha riguardato giovani sotto i 35 anni. Lo dice una ricerca condotta dall’ateneo online Unicusano. Vediamo i dati e le motivazioni alla base delle dimissioni.

 

Non solo giovani

Il fenomeno delle Grandi Dimissioni colpisce in particolare giovani e donne, ma riguarda i lavoratori italiani in generale. Lo studio di Unicusano infatti certifica che ben 9 italiani su 10 hanno manifestato profonda insofferenza per il proprio lavoro, decidendo nel 43% dei casi di abbandonarlo. Tra loro, il 97% delle persone non prevedeva alcun “piano B”, per cui non stava lasciando con un altro contratto di lavoro già in tasca.

I motivi delle dimissioni

Secondo la ricerca, la principale motivazione dietro le dimissioni è il mancato equilibrio psico-professionale, con uno sbilanciamento troppo marcato per la dimensione lavorativa. Tra i 25 milioni di occupati in Italia, solo l’11% (circa 3 milioni di persone) afferma di aver raggiunto tale equilibrio. Non è un caso che quasi 5 italiani su 10 abbiano sperimentato il burnout, ossia uno stato di esaurimento nervoso a livello fisico, mentale ed emotivo causato da una serie di fattori legati proprio al lavoro. Un problema accentuato in epoca post-Covid, quando molte persone hanno scoperto che c’è una vita oltre l’ufficio e hanno rivendicato spazio e tempo per la vita, le passioni, i talenti, le aspirazioni, gli affetti, la libertà di scelta, l’autorealizzazione.

A cercarli sono soprattutto i giovani, ribattezzati dagli economisti flow generation: giovani  dal futuro incerto, figli della crisi, lontani dal concetto di lavoro a tempo indeterminato, in balìa delle nuove professioni e con un’identità mutevole a seconda delle esigenze e delle sfide del futuro digitalizzato.

Altre motivazioni che spingono a lasciare un lavoro sono l’insoddisfazione personale, la ricerca di migliori condizioni economiche, il desiderio di una maggiore flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro, la rottura dei rapporti interpersonali con i colleghi.

Non solo dimissioni: quiet quitting e job creeping

Oltre alle Grandi Dimissioni, secondo Unicusano nel nostro paese sono esplosi anche altri due fenomeni preoccupanti: quiet quitting e job creeping. Nel quiet quitting, oltre 2 milioni di lavoratori si limitano a fare lo stretto necessario, non sentono valorizzati i propri talenti, non sono coinvolti emotivamente nell’attività lavorativa, non credono nei valori, messaggi, prodotti e servizi dell’azienda. Il job creeping colpisce il 6% delle persone schiacciate dal peso del lavoro a tal punto da fondere insieme le due sfere, lavorativa e privata.