L’economia italiana cresce meno del previsto. E così il governo è costretto a tagliare le stime sul Pil della Nadef (Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza), presentata ieri sera in conferenza stampa.
Il nodo Superbonus
Il Superbonus intanto continua a pesare sui conti dello Stato Italiano. Da marzo ad agosto 2023 i crediti legati alle ristrutturazioni agevolate sono saliti da 110 a 146 miliardi, secondo le informazioni fornite dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, alla presidente del Consiglio. Di questi, solo 23 miliardi sono stati già erogati. I restanti 123 miliardi, scontabili in 4 anni, sono in gran parte senza un compratore. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in conferenza stampa ieri sera ha affermato:
“Non diminuisce come auspicato perché il conto da pagare dei bonus edilizi, in particolare il Superbonus, sono i famosi 80 miliardi, ahimé in aumento, in 4 comode rate. Senza questo effetto, il debito sarebbe più basso di un punto percentuale ogni anno”.
Fortunatamente per l’Italia, Eurostat ha fatto sapere che i crediti fiscali relativi al Superbonus di quest’anno saranno classificati “come pagabili nel 2023”. Ciò significa che i bonus attivati nel 2023 avranno un impatto sul deficit di quest’anno. Tuttavia, l’economia italiana è andata peggio del previsto. E questo ha un impatto sulle previsioni della Nadef.
Le previsioni della Nadef
La Nota di aggiornamento al Def (Nadef) viene presentata alle Camere entro il 27 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del Def, alla luce della maggiore disponibilità di dati e informazioni sull’andamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica. Il documento, inoltre, contiene l’aggiornamento degli obiettivi programmatici, che tiene conto anche delle eventuali osservazioni formulate delle istituzioni europee competenti nelle materia relative al coordinamento delle finanze pubbliche degli Stati membri. E’ la base per elaborare la manovra economica, ossia il Def. Concretamente, il Governo prevede nella Nadef:
- Una crescita del Pil dello 0,8% nel 2023 (contro l’1% del Def di aprile), dell’1,2% nel 2024 (1,4% stimato nel Def di aprile), dell’1,4% nel 2025 e dell’1% nel 2026;
- Un indebitamento netto in rapporto al Pil per il 2023 del 5,2% (4,5% la stima precedente), del 3,6% nel 2024, del 3,4% nel 2025, del 3,1% nel 2026;
- Un rapporto debito pubblico / Pil in discesa dal 140,2% del 2023 al 139,6% nel 2026;
- Un tasso di disoccupazione in discesa dal 7,6% del 2023 al 7,3%;
- Un deficit in salita dal 3,7-3,8% al 5,3% nel 2023 e in discesa al 4,3% nel 2024.
Un deficit superiore lascia spazio per 14 miliardi di spesa di in più nella manovra 2024, che saranno destinati “a sostenere i redditi più bassi, tagliare le tasse e aiutare le famiglie”, ha spiegato la premier Giorgia Meloni. Il governo intende varare in particolare il taglio cuneo, misure premiali per la natalità, “stanziamenti significativi per rinnovo del contratto del pubblico impiego”, ha precisato il ministro dell’Economia.
Il pericolo di stagnazione
La presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, ha chiosato:
“Le revisioni al ribasso del Pil che il governo si appresta a inserire nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza confermano i nostri timori: il rallentamento della crescita economica per il 2023 e 2024 si traduce in un pericoloso rischio di stagnazione.
Le nuove stime restringono il perimetro delle risorse finanziarie a disposizione del governo per la prossima legge di bilancio. A nostro avviso, però, questa situazione di emergenza impone al governo di compiere scelte coraggiose, di reperire nuovi fondi intercettando gli sprechi nel bilancio dello Stato e, in parte, facendo ricorso a nuovo deficit“.