Termometro spread sale, rendimento Btp sui massimi da quasi un anno. Cause e implicazioni
Nelle ultime sedute lo spread Btp-Bund è tornato ad ampliarsi ed è tornato inevitabilmente sotto i riflettori degli investitori. Vediamo nel dettaglio le motivazioni alla base di questo allargamento e le possibili conseguenze. Molto dipenderà anche dalle stime macroeconomiche e in tema di finanza pubblica che il governo indicherà oggi nella Nadef.
Spread in rialzo e rendimento Btp sui massimi da quasi un anno
Ieri il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato decennali di Italia e Germania ha superato i 190 punti base, tornando su livelli toccati l’ultima volta lo scorso maggio. Oggi lo spread si è leggermente ridimensionato, ma il rendimento del Btp si attesta ormai al 4,68%, sui massimi da ottobre 2022.
La Bce spinge i rendimenti verso l’alto
Il rialzo dei rendimenti è figlio soprattutto della politica monetaria restrittiva della Bce, che ha alzato i tassi di 450 punti base complessivi da luglio 2022 a settembre 2023. Nell’ultima riunione l’Eurotower ha indicato che il costo del denaro si trova ora su livelli sufficientemente restrittivi, tali da poter contribuire al ritorno dell’inflazione verso il target del 2% nel medio lungo termine se mantenuti per un lasso di tempo adeguato.
I recenti dati sull’economia dell’eurozona non hanno peraltro aiutato, dipingendo un quadro complessivamente debole con un’attività manifatturiera ancora in contrazione e un comparto terziario in deterioramento.
Le incertezze economiche e la prospettiva di tassi elevati per molto tempo hanno messo sotto pressione l’obbligazionario europeo, portando ad un incremento dei rendimenti.
Possibile rialzo dello spread fino a 200 bp
Lo spread Btp-Bund ha toccato quest’estate i minimi da oltre un anno in area 160 punti base, dopodiché ha ricominciato a salire. Tra le motivazioni si possono citare le previsioni di una crescita più debole e di un deficit fiscale più elevato di quanto precedentemente atteso.
Proprio per questi motivi, non più tardi di due settimane fa, Morgan Stanley ha predetto un ritorno del differenziale al di sopra dei 200 punti base entro fine anno.
Oggi riflettori sulla Nadef
Oggi il governo dovrà diffondere la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef), che dovrebbe rivedere al ribasso la crescita del Pil 2023 da +1% a +0,8% e quella del 2024 da +1,4% a +1%. L’indebitamento per il 2023 dovrebbe salire al 5-6% (4,5% la stima precedente) e il rapporto debito/Pil calare dal 142,1% del 2023 al 140,9% del 2025.
Resta da capire come verrà rivisto il rapporto deficit/PIL 2024, con un possibile incremento al 4,2-4,3% rispetto al 3,7% indicato ad aprile, e come il governo Meloni intende finanziare la prossima manovra, in un contesto che potrebbe vedere anche un possibile aumento dei costi energetici, con eventuali effetti sulla spesa pubblica.
Implicazioni dell’allargamento dello spread
L’aumento dello spread viene solitamente osservato con preoccupazione, poiché implica che per investire nei titoli di Stato italiani sia necessaria una maggior remunerazione, a fronte di un rischio più elevato. Questo può innescare un circolo vizioso per i conti pubblici, soggetti a maggiori oneri finanziari.
Se lo spread si amplia eccessivamente, gli investitori cominceranno anche a percepire l’Italia come un Paese poco sicuro, deteriorando la fiducia nella capacità del Paese di onorare i suoi debiti. Questo può avere conseguenze indirette anche sul credito a famiglie e imprese, poiché le banche avranno più difficoltà a finanziarsi sui mercati e chiederanno condizioni più stringenti sui prestiti.
Inoltre, l’aumento dei tassi comporta una discesa dei prezzi dei Btp, il che può rappresentare un problema per gli istituti italiani che detengono titoli di Stato. Il tutto, in un momento in cui crescono le speculazioni sui un’accelerazione del Quantitative Tightening da parte della Bce, con effetti già negativi sulla domanda di obbligazioni.
Bisogna comunque considerare che un differenziale intorno ai 200 bp sarebbe ancora lontano da livelli ben più preoccupanti raggiunti in passato. Un anno fa lo spread si attestava a oltre 250 bp e nel 2018 superava i 300 bp, mentre nel pieno della crisi del debito sovrano, nel 2012, ha toccato picchi oltre i 500 bp.