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Cervelli in fuga, quanto guadagneranno con i nuovi sconti fiscali? La simulazione

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Stando a quanto previsto dal decreto legislativo in materia di fiscalità internazionale, sembrerebbero in arrivo una serie di sconti fiscali per i cervelli in rientro, ovvero i cervelli in fuga che decidono di rimpatriare. Si parla però di una deduzione fiscale che porterà la percentuale di reddito imponibile al 50%, contro il 70% già previsto dalla legge del 2015.

Prendendo spunto da quanto previsto ad oggi dal decreto legislativo, vorremmo fare una simulazione su quanto potrebbe guadagnare un cervello in rientro con questi nuovi sconti fiscali. C’è da chiedersi se questa misura potrà contribuire ad arginare il problema dei cervelli in fuga, il cui numero da quasi 10 anni è in continuo aumento, secondo le stime dell’ISTAT. Un problema che rende sempre più difficoltoso un altro problema, ancora peggiore: l’occupazione giovanile.

Manovra 2024, sconto fiscale per il rientro dei cervelli

Come riportato dalla delega fiscale approvata dal Consiglio dei Ministri, in esame preliminare, le nuove disposizioni in materia di IRPEF sono volte a rimodulare anche la deduzione fiscale vòlta a far rientrare i cervelli in fuga dall’Italia. Questa però andrà a riguardare solo i redditi relativi al periodo d’imposta 2024, e non per quelli del 2023 o degli anni precedenti. Si tratterebbe comunque del 50% sul reddito imponibile, e potrà valere fino a un tetto reddituale di 600mila euro. I beneficiari di questo sconto saranno solo coloro che hanno mantenuto per 3 anni la residenza fiscale all’estero (anche in caso di paesi UE), e che abbiano intenzione di rimanere in Italia per almeno 5 anni dalla data di rientro.

A differenza di quanto in vigore precedentemente, la misura è dovuta scendere dal 70% al proposto 50%, e ora sarà limitata solo ai lavoratori ad alta qualificazione o specializzazione, purché rientrino nelle seguenti categorie:

  • legislatori,
  • imprenditori,
  • alta dirigenza,
  • professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione,
  • professioni tecniche.

In pratica quelle previste dall’ISTAT secondo la classificazione delle professioni CP 2011. Lo sconto non varrà pertanto per docenti e ricercatori rientrati dall’estero. Per certi versi richiama molto la serie di soluzioni fiscali contro il reshoring che il Governo Meloni ha introdotto in Manovra, ma sembra che non sia così generosa rispetto ad un’altra legge varata quasi 8 anni prima.

Sconti fiscali IRPEF 2024: la simulazione

Supponiamo rientri un ex cervello in fuga, con la possibilità di continuare la sua professione intellettuale in Italia con lo stesso stipendio annuo lordo. Partendo da un reddito di 40.000 euro lordi annui, si avrebbe uno stipendio netto pari a 2.702 euro, contro i 2.272 euro previsti con l’attuale regime fiscale. Questo perché l’imponibile IRPEF sarebbe stato di 1.513 euro, e non di 908 euro come nel caso della tassazione ordinaria. Significa un risparmio di 431 euro da quella ordinaria, ma una spesa extra di 203 euro, visto che l’IRPEF passerebbe da 220 euro della legge 2015 a 423 euro. Nel caso di tredicesima e quattordicesima, lo stipendio andrebbe dai 2.296 euro ai 2.485 euro, contro l’intervallo di reddito in regime ordinario, tra 1.947 euro ai 2.097 euro.

Sarebbe un affare, se però nel 2015 non venne introdotta una misura similare, prevista dall’Articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015. Con il dgs del 2015, il cervello rientrato avrebbe avuto uno stipendio netto pari a 2.964 euro, superiore sia ai 2.272 euro previsti con l’attuale regime fiscale, sia ai 2.702 euro previsti con la nuova misura del Governo Meloni. Questo perché l’imponibile IRPEF sarebbe stato di 908 euro, e non di 3.027 euro come nel caso della tassazione ordinaria, o di 1.513 euro della misura di oggi. Significa un risparmio di 692 euro, visto che l’IRPEF passerebbe da 854 euro a soli 220 euro. Nel caso di tredicesima e quattordicesima, lo stipendio andrebbe dai 2.540 euro ai 2.736 euro, contro l’intervallo di reddito nel nuovo regime proposto tra 2.296 euro e 2.485 euro.

In pratica, con la nuova proposta, invece del 30% del reddito sottoposto a imposizione, si sale molto probabilmente al 50% con un limite a 600mila euro. Si parlerebbe di una riduzione del 20% rispetto a quanto previsto dal decreto del 2015. E con condizioni sostanzialmente equivalenti: un regime agevolato per 5 anni, addirittura in quello del 2015 è previsto un altro quinquennio “[…] per i lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico e a quelli che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti.”.

Una mossa per ridurre l’emigrazione giovanile?

Dalla simulazione si vede che la misura non è il massimo, visto che si andrebbe a perdere almeno 203 euro rispetto al decreto del 2015, e per una platea in cui ricercatori e docenti sono esentati. Non sarà comunque facile per il Governo. L’ISTAT segnala nel suo report sulle migrazioni del 2021 un trend negativo da oltre un decennio: “nel decennio 2012-2021 è espatriato dall’Italia oltre 1 milione di residenti, di cui circa un quarto in possesso della laurea“.

Solo tra 25-34enni, si stimano oltre 120mila con la laurea, contro i 41mila rimpatriati. In pratica un bilancio in negativo di 80mila unità. Va detto però che nel 2021 c’è stata una battuta d’arresto del flusso dei giovani laureati verso l’estero, “dovuto al calo generalizzato degli espatri“. Forte anche del rimpatrio nel 2020 di oltre 7mila unità, la perdita annua del 2021 è stata di solo 7mila. 

E questo a fronte di un’occupazione giovanile che deve scontare un tasso di disoccupazione al 22%, contro il 13,8% dell’Eurozona. A pesare anche in futuro saranno i risultati del taglio del cuneo fiscale e i vari incentivi per i cervelli in fuga previsti in Manovra, nella speranza di smobilitare la popolazione NEET nazionale, stimata a maggio a 5,7 milioni, di cui 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni  che non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione.